The Miseducation of Lauryn Hill - Credits: web

The Miseducation of Lauryn Hill è il primo (e unico) album solista in studio di Lauryn Hill, già nota componente dei Fugees e interprete di Sister Act 2 nel 1993. Un meraviglioso esperimento di hip hop, neo soul, R&B e reggae che ha consacrato immediatamente l’artista fra i grandi della Storia della musica. Ai Grammy Awards del 1999, The Miseducation of Lauryn Hill ottiene dieci candidature e cinque premi. Record assoluto per una donna in una sola Notte dei Grammy. Non di meno, il grande successo commerciale dell’album infrange anche vecchi stereotipi nel genere hip hop, in cui le donne da sempre fanno più fatica a sfondare.

La maternità, la femminilità e il cambiamento di Ms. Lauryn Hill

In un contesto musicale prettamente maschile negli anni Novanta, c’è invece molto di femminile nel mondo raccontato da Lauryn Hill, a partire dal modo in cui nasce questo album. Durante un tour con i Fugees, infatti, Hill conosce Rohan Marley (figlio di Bob) da cui avrà cinque figli, il primo proprio poco tempo dopo il loro incontro. Zion, questo il nome del bambino, oltre a essere l’ispirazione diretta per un brano stupendo all’interno dell’album, è il motivo per cui Lauryn Hill decide di provare la carriera da solista.

Hill non ha mai nascosto che durante questa prima gravidanza si sia sentita più ispirata che mai. In un’intervista del 1999 disse che in quel periodo aveva una consapevolezza maggiore e più profonda delle sue emozioni. Così a ogni delusione, a ogni ferita, a ogni lezione imparata semplicemente scriveva un’altra canzone.  

Il brano dedicato al primogenito, naturalmente, è quello che porta il suo nome: To Zion. È una lullaby, una ninna nanna in cui Lauryn Hill in realtà si scaglia contro chi, al contrario, avrebbe voluto che lei abortisse. Il suo entourage era infatti contro la gravidanza arrivata a 23 anni, in un momento essenziale della sua carriera.

È una dolce dichiarazione d’amore, ma anche una forte dichiarazione di scelte personali, in cui non ha permesso a nessun altro di intromettersi. A renderla ancora più bella ed emozionante è la chitarra di Carlos Santana, che impreziosisce i versi con un riff indimenticabile.

I knew his life deserved a chance
But everybody told me to be smart
Look at your career they said
Lauryn, baby use your head
But instead I chose to use my heart.

Now the joy of my world is in Zion

To ZIon, Lauryn Hill

Una curiosità: il nome Zion è un chiaro omaggio al nonno, Bob Marley, e al brano Zion Train. Zion (o Sion) nella teologia rastafariana è infatti un concetto fondamentale, è la patria sicura, il rifugio e la Terra Promessa degli schiavi afroamericani dopo la cattività.

Doo-Wop (That Thing): il primo singolo

Il 7 luglio 1998, circa un mese prima del rilascio dell’album, Lauryn Hill pubblica il lead single, il biglietto da visita di tutto il suo lavoro: Doo-Wop (That Thing). Una scelta semplicemente perfetta in ogni dettaglio, dalle sonorità al video musicale. Doo Wop (That Thing) ha debuttato direttamente al primo posto della Billboard Hot 100, uno dei pochissimi casi (il decimo, al tempo) della prestigiosa classifica statunitense. La prima volta per una rapper donna.

Il senso del testo è una sorta di wake up call, una sveglia per uomini e donne black che continuano a torturarsi a vicenda. Hill afferma, cioè, che in una società che già di per sé penalizza gli afroamericani, non ha senso la battaglia dei sessi, è necessario fare fronte comune.

In termini di valore musicale, Doo-Wop (That Thing) è un vero e proprio gioiello. Ha dei forti prestiti dal soul e dallo stesso genere doo-wop, che era uno stile di canto degli anni Cinquanta. Consiste nel rinforzare il canto solista con armonie vocali sincopate e cori che imitano il timbro degli strumenti musicali. Lo si trova tanto nel rhythm and blues quanto nel rock dei ’50s.

Contemporaneamente ha forti incursioni dell’hip hop e del canto rap. Anche la struttura della scrittura segue l’impostazione in verses del rap. Questa commistione è l’anima stessa del nuovo genere di cui Lauryn Hill è l’incarnazione: il neo soul. E lo dimostra nel videoclip, uno dei più premiati del 1999.

Nel video Lauryn Hill è raddoppiata sullo split screen. A sinistra è il 1967, a destra è il 1998, il contesto è sempre una festa di quartiere a Manhattan. Da un lato è vestita in pieno stile anni Sessanta, in omaggio alla componente soul del brano. Dall’altro lato è la quintessenza dell’hip hop anni Novanta. Le due metà si fondono e si completano a vicenda, definendo il neo soul stesso.

Ex Factor, il secondo singolo

L’8 dicembre 1998 Lauryn Hill rilascia Ex-Factor, ancora una volta brano a metà fra l’hip hop e il soul. Contiene però un riferimento diretto, un vero e proprio sample, a Can It Be All So Simple del gruppo Wu-Tang Clan. L’elemento musicale principale in Ex-Factor, ciò che lo fa entrare sotto pelle, sono le progressioni armoniche. Anche il testo, però, fa la sua grande parte. Parla di una relazione ormai spezzata, un amore a cui non si sa rinunciare, da entrambe la parti, e per questo ancor più doloroso da superare.

It could all be so simple

But you’d rather make it hard

Loving you is like a battle

And we both end up with scars

Ex-Factor, Lauryn Hill

Curiosità. Anche in questo brano (come in To Zion) un assolo di chitarra spezza le vocalizzazioni l’hip hop e sorprende proprio alla fine. Anziché chiudere questo sfogo d’amore, lo apre ancora di più, squarcia lo spazio intorno e, invece di interrompersi bruscamente, sfuma e si allontana, lasciando quasi tutto in sospeso. Ugualmente Hill canta proprio quella stessa impossibilità di chiudere tutto e uscire dal limbo contraddittorio delle sue emozioni.

Everything is Everything, ultimo singolo

Come ultimo singolo, rilasciato nel maggio 1999 a quasi un anno dall’uscita dell’album, Lauryn Hill decide di puntare su un brano meno personale e più politico. Hill scrisse Everything is Everything, infatti, con l’intento di portare l’attenzione sulle giovani generazioni afroamericane delle metropoli. Più generalmente noti come i ragazzi dei ghetti, del hood. È un messaggio di speranza e resistenza, esplicitamente impegnato rispetto ai singoli precedenti e differente anche nello stile musicale. Prevale in questo brano la componente hip hop, ma non solo. Si tratta anche del primo ingaggio musicale di John Legend, allora pianista diciannovenne, accreditato ancora con il suo vero nome, John Stephens.

Un frame dal video di Everything is Everything – Credits: Vevo

Al di là dei singoli, The Miseducation of Lauryn Hill è ancora uno di quegli album che raccontano una storia, da ascoltare in ordine dalla prima all’ultima traccia. È la storia appunto di una miseducation, di un percorso di formazione forse deviato, forse rovesciato ma comunque in atto. Un mutamento e una crescita. Fatevi un favore, ascoltatelo adesso su Spotify.

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