The New Pope

The New Pope è la seconda serie di Paolo Sorrentino uscita per la prima volta il 10 gennaio 2020 e disponibile tutt’ora su Sky.

Sono passati esattamente due anni dalla messa in onda della prima puntata. E nonostante ne sia trascorso di tempo, non appena si sente la canzone che fa da colonna sonora, Good Time Girl, la prima cosa che viene in mente, per chi ha già visto la serie, è il neon a forma di crocifisso fuxia e le suore che ballano la lap dance. È difficile poter dimenticare un prodotto di Paolo Sorrentino, specialmente se gli elementi sono quelli di questa serie ipnotica ed incantata: un amplesso tra il metafisico, misticismo, mistificazione e fede.

Una serie che può essere tanto amata quanto criticata, ma che senz’altro scava nell’interiorità dell’uomo e che porta alla sacra riflessione anche da parte di chi è molto distante dal mondo cattolico.

Non è una storia di Papi. È una storia d’amore attraverso la via media

Non è una storia di successione di Papi, ma è una storia di salvezza di fronte a un sistema molto complesso e articolato. L’intreccio tra Chiesa e politica è arcaico e pedissequo, ma con la mente di Sorrentino il risultato è innovativo e rivelatore.

Il rimedio, alle cadute della Chiesa di fronte al suo forte momento di crisi, è la via media. L’unica via perseguibile.

La via media è l’incarnazione del messaggio principale della serie. Un tema che sembra essere eterno. Le due vie davanti alle quali l’essere umano è costantemente chiamato a compiere le diverse scelte della vita.

Quella più rilevante in assoluto è sempre la stessa per chiunque: bene o male? Cedere alle tentazioni o resistere all’amore aberrante.

Senza mai rinunciare all’ironia, tra suore nane fumatrici e domande, rivolte a Pio XIII, su un nuovo scudetto del Napoli, Paolo Sorrentino incalza tra lo squallore della corruzione e l’incanto dell’amore umano e quotidiano.

Quell’amore perfettamente manifestato dall’uomo dietro le quinte, ma che in realtà tesse in prima persona, la trama dell’intera narrazione: il Cardinal Voiello (Silvio Orlando), che a mio avviso, è l’unico vero Papa di entrambe le serie di Paolo Sorrentino.

La compassione e la totale dedizione che Voiello nutre nei confronti di Girolamo (ragazzo disabile gravemente malato) è l’emblema del vero amore. Girolamo è la parte del mondo che soffre, pura, che veicola il bene, e che riesce a far diventare perfino una persona grottesca e machiavellica come Voiello, una persona buona. Quell’amore in grado di essere considerato linfa vitale, respiro per i polmoni, in mezzo al degrado di un sistema malato ed oscuro, del quale lo stesso Cardinale fa parte.

“Girolamo è tutto quello che noi non siamo” afferma il Cardinal Voiello.

John Malkovich, Silvio Orlando e Jude Law

Potere e fragilità

The New Pope non racconta di potere, racconta di umanità, di inadeguatezza nello stare al mondo e di fragilità. Quella fragilità assoluta che è in grado di colpire tutti. Il clero, i politici, i fedeli, gli uomini nella loro totalità. 

La decadenza della Chiesa è palesata nel non riuscire a stare al passo con il mondo circostante e nella fatica a dare risposte concrete. Una Sharon Stone, magnetica, che con il suo accavallamento di gamba, rivolgendosi al Papa, pone domande in merito alle unioni civili. La posizione delle suore in quanto donne, messe in secondo piano, rispetto alla figura dei preti. L’Islam e la sua presenza minacciosa nei confronti del cattolicesimo. Tutte fragilità che la Chiesa è chiamata a fronteggiare e che fa con estrema difficoltà.

Nella serie si percepisce tutto il senso di smarrimento e di vuoto degli uomini che la compongono. Quella costante sensazione che attanaglia l’anima, nel non sentirsi adatti a questo mondo, e al ruolo errato che la società sceglie per noi, e che noi stessi, imbambolati, gliene diamo il consenso.

Sir Brannox, interpretato da John Malkovich, è il nuovo Papa, protagonista della serie. Diventa capo della Chiesa Cattolica non per sua vocazione, ma per il volere altrui. Un ruolo che lui stesso considera, per sé, inadatto, ma che per la società e soprattutto per il clero è ritenuto perfetto.

È la persona di cui la Chiesa ha bisogno. Elegante, nobile, pacato ed estremamente fragile e raggirabile. Un Papa nella forma, ma non nella sostanza, che possa essere plasmato, che obbedisca, e che si abbassi ai giochi di potere. Ciò che la Chiesa e la politica chiedono, è l’uomo debole. E Papa Giovanni Paolo III (Sir Brannox) è l’uomo perfetto.

Sir Brannox resisterà molto poco al teatro della menzogna, ricoperto di oro e di abiti talari. Ognuno diventa sempre ciò che è. Egli comprende che le sue fragilità, in realtà, non sono altro che il suo punto di forza, la sua autenticità ed unicità. Lui non vuole essere potente, come Pio XIII, lui vuole essere uomo, vuole essere fragile e vuole essere libero di potersi perdere negli occhi di una donna in una baita in montagna. Vuole impuntare i piedi sulla sua sofferenza, provocata dal continuo senso di colpa che nutre a causa della morte del fratello e dalle immense voragini d’infanzia, (come il totale abbandono e la non accettazione da parte dei suoi genitori) e farne, di tutto questo, il suo potere.

The New Pope è un percorso spirituale

È difficile spiegare un percorso spirituale. Non lo si può raccontare, lo si vive.

Proprio come si guarda e si “vive” The New Pope. Ogni puntata è un passo verso la risoluzione alle mille domande irrisolte dei fedeli, un cammino verso la redenzione. Si arriva quasi alla fine e, nonostante i nove episodi, e una serie precedente, ci si chiede ancora, chi sia Papa Pio XIII, il nostro Lenny Belardo: è Dio? È la salvezza? È l’anticristo? Un giorno la Chiesa riuscirà a dare risposte ai propri seguaci? Riuscirà a salvare il mondo dal male e dalle minacce che incombono sull’umanità? 

Scavando nelle allegorie della narrazione, credo che a queste domande, non ci sia risposta, e mai ci sarà data. D’altronde il Mistero della Fede è senza tempo. 

L’unica cosa evidente, che emerge in modo lampante dalla serie, è che l’uomo sia miserabile, e non importa da quale parte, luogo, ceto, egli provenga, l’essere umano avrà sempre bisogno di qualcosa o qualcuno per potersi salvare. Che sia l’amore, la bellezza, la fede, che sia Dio, o un uomo o una donna. L’uomo, per potersi salvare, ha bisogno di aggrapparsi.

Il Cardinal Voiello ha bisogno di Girolamo, Sir Brannox ha bisogno della sua fragilità e degli occhi di Sofia Dubois, Pio XIII necessita del suo ego spropositato per colmare le lacune dell’amore genitoriale mai ricevuto, Esther ha bisogno di Attanasio per redimersi ed essere considerata Santa e non una prostituta.

Come sosteneva Nietzsche solo il Super Uomo (l’Übermensch) è pronto a spogliarsi di tutto, e vivere senza doversi aggrappare a qualcosa. Solo lui è in grado di affermare che Dio è morto. 

Il resto del genere umano non ci riesce. È troppo debole e per questo ha bisogno di appoggiarsi, ad una persona, ad una cosa, ad un’idea. 

E con la costante instabilità ed incertezza della Chiesa e del mondo politico, all’Umanità intera, non resta che “andare in pace”, con l’assoluzione di Paolo Sorrentino e con la stessa leggiadria del ballo del Cardinal Assente, sulle note di L’orchestrina di Paolo Conte.

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Annamaria Martinisi
Sono il risultato di un incastro perfetto tra la razionalità della Legge e la creatività del cinema e la letteratura. La mia seconda vita è iniziata dopo aver visto, per la prima volta, “Vertigo” di Hitchcock e dopo aver letto “Le avventure di Tom Sawyer” di Mark Twain. Mi nutro di conoscenza, tramite una costante curiosità verso qualunque cosa ed il miglior modo per condividerla con gli altri è la scrittura, l’unico strumento grazie al quale mi sento sempre nel posto giusto al momento giusto.