Una piccola isola, una famiglia troppo ricca e privilegiata, una futura sposa che viene da un mondo totalmente diverso e uno sconvolgente omicidio: sono queste le premesse di The Perfect Couple. E sembrano funzionare, considerando che la miniserie Netflix in sei episodi, diretti da Susanne Bier, uscita sulla piattaforma il 5 settembre, è subito arrivata nelle prime posizioni della Top 10 globale.
La trama di The Perfect Couple
La coppia perfetta a cui si riferisce il titolo, in particolare, è quella formata da Nicole Kidman e Liev Schreiber. Rispettivamente interpretano Greer e Tag Winbury. Lei una scrittrice di gialli di grande successo, ma donna, moglie e madre gelida e opprimente; lui suo marito adorante e al tempo stesso rapito da numerose altre avventure.
La coppia ospita nella villa di Nantucket, un’isola nel Massachusetts, tutti i festeggiamenti del matrimonio tra uno dei loro tre figli, Benji (Billy Howle) e Amelia Sacks (Eve Hewson), una zoologa nata e cresciuta molto lontano dal lusso della famiglia Winbury.
Proprio il giorno prima del matrimonio, dopo una festa, il ritrovamento di un cadavere sulla spiaggia di fronte la casa dei Winbury sospende le nozze e trasforma tutti i presenti in potenziali assassini. Inizia così il whodunit (Who has done it? Chi è stato?), il giallo deduttivo classico, portato avanti dalla polizia locale e dalla detective Nikki Henry.
Perché guardare The Perfect Couple
Se amate i gialli “in trappola”, dove cioè è certo che l’assassino faccia parte di un gruppo chiuso di sospettati, The Perfect Couple è la miniserie perfetta. Tutto ciò che chiede è un po’ di concentrazione per ricordare tutti i nomi dei (molti) sospettati e ogni possibile movente. Sei ore circa, una a episodio, da divorare in una giornata o da distribuire nel tempo, per assaporare con calma ogni colpo di scena.
Un valore aggiunto, se così si può chiamare, è la leggera critica sociale a un mondo troppo ricco, così privilegiato “da poter uccidere una persona e farla comunque franca”. Non è l’obiettivo della serie, eppure non può essere ignorato quel suo tono a tratti giudicante, a tratti polemico, incarnato soprattutto dalla protagonista Amelia. La rappresentazione di tutta questa ricchezza tipicamente statunitense è esagerata di proposito, portata all’estremo per evidenziarne l’inutilità, la frivolezza e il senso del ridicolo e quello del tragico.
L’unico vero difetto è la corsa sul finale che, pur essendo coerente, è costruito con meno accuratezza rispetto alle false piste e a tutto il resto. L’effetto sorpresa, almeno, è garantito.