«Libera l’anima mia dalla spada e il mio amore dal potere del cane»
In uno dei suoi quarantanove racconti, forse il più bello ed enigmatico della raccolta, quello che si presenta come manifesto del principio dell’iceberg, tutto costruito attorno a non-detti sotterranei, Ernest Hemingway mette in scena uno scambio di battute tra i due protagonisti destinato ad essere tra i più studiati dalla critica letteraria: siamo nella valle dell’Ebro, non lontano da Barcellona, un uomo e una donna più giovane di lui, seduti a un tavolo conversano; la ragazza nota che le aride colline circostanti ricordano degli «elefanti bianchi»; l’uomo che è con lei non capisce, non riesce a vedere. La frattura tra i due è irreversibile. Siamo all’apice dell’incomunicabilità.
L’animalità del paesaggio
Similmente, in un altro grande romanzo americano, The Power of the Dog, firmato dalla penna di Thomas Savage, che (ispirato alla sua stessa biografia) ci porta nel cuore della wilderness americana, ecco che nuovamente il paesaggio fatto di cieli, praterie e pascoli sconfinati, si presenta a pochi arguti di spirito sotto forma di animale, questa volta di «cane». È evidente, come nel primo caso, che questo zoomorfismo della natura non è affatto il casuale frutto d’un semplice miraggio, bensì metafora, il simbolo di un’appartenenza: saper individuare il cane tra le sinuose colline equivale al superamento di una sorta d’iniziazione, la conferma di poter dominare i «sentieri selvaggi», di essere uomo. I cani dominano il romanzo, pronti all’inseguimento, per raggiungere la preda.
Dal romanzo al film
Fortemente attratta da questo testo violento, sensuale (e sessuale) racconto di un «maschilismo tossico», Jane Campion, regista Palma d’Oro per Lezioni di Piano, torna a realizzare un film a dodici anni da Bright Star. Presentato in Concorso alla 78° Mostra del Cinema di Venezia prima di approdare su Netflix, The Power of the Dog stravolge i canoni del western. Così la frontiera, il mito dei miti, linea dell’orizzonte intrisa di significati, trasfigurata dagli occhi della regista si spalanca a nuove interpretazioni.
Una carnalità che travalica lo schermo
Narrato in cinque capitoli numerati, con elegantissimi campi-lunghi che si perdono tra le nuvole alternandosi a claustrofobiche riprese negli interni del ranch, dove il ritmo si fa serrato e si tinge di thriller (Campion ci aveva già dimostrato quest’inclinazione nella serie Top of The Lake), il film è la storia di due fratelli allevatori nel Montana d’inizio secolo. Phil (Benedict Cumberbatch nei panni di uno sporco super villain) e George Burbank (in un’ottima interpretazione di Jesse Plemons), dalle opposte inclinazioni. Uno è un cowboy brutale e virile, ma anche colto e brillante, l’altro remissivo e bonario, una specie di inetto.
A complicare questo rapporto conflittuale, il matrimonio di George con la vedova Rose (Kirsten Dunst) che si trasferisce a vivere nel ranch assieme al figlio, il sensibile Peter (Kodi Smit-McPhee). L’aggiunta di quest’ultimo elemento rompe l’equilibrio, innescando un dramma erotico sotterraneo, una carnalità inaspettata e latente che travalica lo schermo a cui è difficile sottrarsi.
Un nuovo mito della Frontiera
In questa inedita Campion dalle parti di Brokeback Mountain ma anche, per certi versi, di La notte brava del soldato Jonathan e del Cimino de I Cancelli del cielo, non c’è più spazio per l’amore eternamente giovane di Keats e Fanny, o per la grandiosità di Lezioni di Piano. Thanatos qui ha la meglio su Eros: tutto è marcescente, appassito, vizioso, attraversato da un soffio saturnino e abitato di fantasmi, ma proprio per questo irresistibilmente attraente. Questo luogo chiuso, terreno, intriso di animalità e violenza (ed erotismo selvaggio), diventa il teatro di uno svelamento: il mito machista del cowboy vi s’infrange, frantumato dagli sguardi di un esile ragazzo che squarcia conigli e crea bouquet di carta.
Sta proprio qui la grandezza della regista neozelandese, che, non senza inciampi, si mostra capace di un film che gioca con il canone cinematografico, dando prova di esserne insieme debitrice e traditrice, abilissima nel creare tensioni e atmosfere e lasciare libere le redini ai desideri.
Il film sarà nelle sale a novembre prima di arrivare su Netflix il 1° dicembre.
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