The Undoing - Le verità non dette, Donald Sutherland e Nicole Kidman. HBO.
The Undoing - Le verità non dette, Donald Sutherland e Nicole Kidman. HBO.

L’8 gennaio sono usciti tutti e sei gli episodi di The Undoing – Le verità non dette, nuova miniserie HBO. Tratta dal thriller psicologico di Jean Hanff Korelitz Una famiglia felice, è stata ideata e sceneggiata da David E. Kelley. Già creatore dell’acclamata Big Little Lies – Piccole grandi bugie, ad affiancarlo è la regista danese Susanne Bier, che dirige tutte le puntate.

Un thriller psicologico che fa incursione nel legal senza veramente riuscire ad imporsi in un panorama televisivo in cui prodotti di questo tipo si accumulano senza sosta; il numero cresce, ma molto spesso è la qualità – artistica, narrativa, rappresentativa – che lascia a desiderare. Il cast d’eccezione non è in grado di supplire ad una desolante prevedibilità e mancanza di originalità.

PERSONAGGI e performance

Quella di Grace (Nicole Kidman), Jonathan (Hugh Grant) e del figlio dodicenne Henry (Noah Jupe) sembra la famiglia perfetta. Bianchi, benestanti e felici (che noia). Sarà la fin da subito misteriosa e intrigante Elena (Matilda De Angelis) a gettare scompiglio nella vita da cartolina dei Fraser. A ‘disfare’ l’eden coniugale sarà l’infido e strisciante tarlo del dubbio.

Il cast è stellare: tra i personaggi secondari troviamo Donald Sutherland (M*A*S*H, Hunger Games) nei panni del protettivo padre di Grace e Lily Rabe (American Horror Story) in quelli di Sylvia, avvocatessa e sua migliore amica. Tuttavia, seppur offrendo delle buone interpretazioni, i loro personaggi non riescono ad essere memorabili, e soffrono di una caratterizzazione abbozzata ad essere generosi. Per non parlare dei personaggi terziari: i due detective sembrano usciti da Hot Fuzz, esasperate controfigure di Simon Pegg e Nick Frost, nella loro caratterizzazione e recitazione caricaturali.

The Undoing – Le verità non dette, Donald Sutherland e Nicole Kidman. HBO.

Purtroppo anche i principali risultano essere dei caratteri appena tratteggiati.  Grace è formalmente la protagonista, ma il ruolo centrale diverrà presto quello di Jonathan. Narrativamente e dal punto di vista della performance, Hugh Grant emerge come cardine indiscusso. La sua interpretazione è quella più efficace, anche se con un uso a mio parere eccessivo di ‘faccette’ e smorfie, nel cercare di dar spessore al personaggio sicuramente più valido, ma che risulta, in fin dei conti, anch’esso insoddisfacente. Nicole Kidman riveste un ruolo pericolosamente simile a quello di Celeste in Big Little Lies, e se lì aveva sorpreso, qui invece stanca.

In generale, si ha la sensazione di psicologie, reazioni e relazioni costruite all’esclusivo servizio della trama; viene meno una verità di sentimenti che una storia così drammatica avrebbe potenzialmente avuto modo di far sua. La piattezza di coloro con i quali dovremmo identificarci, o perlomeno provare empatia, fa da scudo proprio a questo processo, impedendoci di provare un reale trasporto per quello che stiamo guardando.

The Undoing – Le verità non dette, Hugh Grant e Nicole Kidman. HBO.

UNA NARRAZIONE PIENA DI ALTI E BASSI

La regia è pulita, ordinata, senza particolari guizzi, e accompagna una narrazione ormai stantia, che tenta, con meschini colpi di scena astutamente posizionati alla fine di ogni puntata, di risvegliare l’attenzione dello spettatore. Attenzione che viene continuamente meno, persa in un prevedibile schema di sviluppo del sospetto, nel suo sopraggiungere, essere scongiurato, riemergere e sedimentarsi in certezza. Il susseguirsi di eventi che porta alla prima vera svolta narrativa, tra il primo e il secondo episodio, è senza dubbio incalzante. Lo è ancor di più per chi riesca a fruire della miniserie senza essersi informato troppo in precedenza, in quanto suddetta svolta fa di solito parte delle infide tre righe di trama che si trovano ovunque.

Il vero sussulto di interesse – almeno personalmente – arriva con il processo, da sempre mio guilty pleasure in qualsivoglia narrazione. Quando subentra il legal, le possibilità per grandi interpretazioni e coinvolgenti scontri di personalità subisce un’impennata. Tra gli altri, ricordo con particolare amore The Night Of e l’intera seconda stagione di Broadchurch, interamente concentrata sul processo al colpevole dei fatti della prima, rispetto a cui, a mio parere, è anni luce superiore. In The Undoing gli scambi sono molto stereotipati, poco profondi e totalmente prevedibili.

In sostanza, a livello di thriller non ci siamo proprio. Il ritmo è gestito malissimo, risultando in un discontinuo alternarsi di noia e colpi di scena. Ma anche a livello di dramma, persino le emozioni più vere hanno un retrogusto artefatto che guasta l’empatia.

UN ECCESSO DI RAPPRESENTAZIONE

Diversi anni fa, all’incirca all’epoca della sua uscita, andai a vedere Second Chance (Susanne Bier, 2014) al cineforum del mio paese. Nella consueta breve chiacchiera introduttiva prima del film, il relatore provvide a stuzzicare la nostra curiosità dicendoci che quello che avremmo visto di lì a poco era stato definito ‘pornografia della violenza’. Il fatto che la narrazione avesse al suo centro un neonato non faceva che rendere ancora più pericolante il crinale tra lecito realismo e cattivo gusto. Spogliandola da qualsivoglia sfumatura di giudizio, ho ritrovato come valida questa definizione in The Undoing, sempre diretto da Bier.

Esiste un cinema degli eccessi che fa dell’esplicito la sua arma, la sua politica. Ma è palese fin da subito che The Undoing non possa essere ascritto a questa modalità di rappresentazione. Tuttavia, la regista decide di mostrare ciò che in questo genere di thriller – paradossalmente rassicurante e familiare – non viene mai rappresentato: la sferzata mortale del martello sul viso, il proiettile che perfora il cranio, la pelle che si apre sotto la carezza della lama affilata. E ripetutamente. La soggettiva della vittima che chiede una pietà che le viene ogni volta negata, per poi essere brutalmente colpita, si ripresenta con insistenza. Durante tutta la miniserie questa inquadratura torna, ossessiva immagine della mente traballante di Grace, tormentosa quanto lo è la figura evanescente di Elena.

Ho trovato questa resa esplicita della violenza un tratto interessante di un thriller per il resto molto convenzionale, portata senza dubbio dalla marca autoriale – apprezzabile o meno che sia – di Bier.

In conclusione, The Undoing riesce a tenere attaccati allo schermo, grazie ad un sapiente dosaggio dei colpi di scena. Ma a conti fatti non soddisfa, unendosi alla schiera di serie (e film) che usano l’elemento thriller con poca originalità e semplice mestiere. Anche se, aiuto, sento già il clamore attorno a questo prodotto montare incalzante.

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