Brillante e commovente documentario di Garrett Bradley
Time, il tempo, è un concetto molto vago e insieme molto preciso per descrivere il senso del documentario di Garrett Bradley. Il tempo sistema tutto, il tempo è relativo, il tempo muta al mutare delle nostre emozioni. Abbiamo milioni di modi di dire e di espressioni che riguardano la percezione soggettiva di questo concetto essenziale. Ma quando il tempo consiste in sessant’anni di prigione, la percezione si trasforma solamente in un’infinita, estenuante ma perseverante attesa.
È così che Time diventa quindi il tempo, quasi vent’anni, trascorso da Sibil Fox Richardson per far ottenere al marito Robert la libertà vigilata. Tutto inizia nel 1997, quando Sibil e Robert, sul lastrico dopo un investimento fallito, commettono una rapina a mano armata in banca. Lei patteggia e ottiene tre anni e mezzo di reclusione, in parte trascorsi ai domiciliari perché incinta. Lui no. Ed è condannato a scontare sei decenni, per una rapina, senza altre imputazioni.
Il sistema carcerario negli USA e la lotta di Fox Rich
Ci si potrebbe fermare già qui, a quello che tematicamente è già il punto focale del film. Come ben sappiamo, il sistema carcerario statunitense non ha niente a che vedere con quello europeo né tanto meno italiano. Teoricamente, dall’Illuminismo in poi, il Vecchio Continente considera le pene e la detenzione dal punto di vista rieducativo. Una condanna a sessant’anni – sessanta anni di vita umana! – per una rapina, dal nostro punto di vista non è sicuramente proporzionata al reato, ma non è nemmeno rieducativa. Il suo unico scopo è quello di falciare alla base la devianza, sradicarla totalmente senza permettere un ritorno nella società. Che è quello che accade negli Stati Uniti. Così facendo gli ex detenuti, se mai riescono a uscire dal carcere, rimangono sempre in debito verso la società, non vi si reinseriscono mai totalmente.
Il problema politico, se vogliamo, è che i numeri parlano chiaro e, sin dall’abolizione della schiavitù, è afroamericana la maggior parte delle persone sbattute in carcere per decenni alla prima infrazione della legge. Lo spiega molto bene (anche molto meglio di questo film) il documentario XIII – XIII emendamento di Ava DuVernay, disponibile su Netflix e sul canale YouTube ufficiale. Time invece si limita a presentarlo come un dato di fatto, andando poi a scavare nella lotta personale di Sibil Fox, detta anche Fox Rich.
Fox Rich è una combattente, una vera e propria guerriera mossa da un’unica potente forza: l’amore per Robert. Lui è l’high school sweetheart, conosciuto a sedici anni e sposato poco dopo, il primo grande e romantico amore. Insieme Fox e Robert compiono lo sbaglio più grande, spinti dalla disperazione e dall’incoscienza. Ma, attenzione, sono pronti a pagare per aver infranto la legge. Quello per cui non sono pronti, quello per cui nessuno potrà mai essere pronto, è l’ostilità del sistema e delle istituzioni, la noncuranza e l’indifferenza in cui cade la loro famiglia per quasi vent’anni. È come la schiavitù, l’uomo bianco decide che devi essere rinchiuso e ti lascia lì finché non cambia idea. Così dice la madre di Fox, riassumendo la lotta ventennale della figlia contro il sistema che le ha sottratto il marito da troppo tempo ormai.
La struttura narrativa di Time in un arco di vent’anni
Garrett Bradley trova, quasi per caso, un modo molto originale per raccontare il tempo della lotta di Fox. Le due donne, regista e protagonista, si incontrano nel 2016, poco prima del rilascio di Robert in libertà vigilata. Bradley decide quindi di seguire la fine tanto attesa di questa storia e di realizzare un cortometraggio in grado di raccontare la lotta di Fox Rich. A riprese terminate, quest’ultima consegna alcuni vecchi video alla regista, oltre cento ore di girato. Si tratta di filmini di famiglia, realizzati da Fox per parlare al marito, raccontargli del tempo che passa mentre lui non c’è, congelare per sempre il volto dei sei bambini che lui non può veder crescere. È un vero e proprio diario, in cui il tempo prende forma e vita attraverso immagini e suoni.
Garrett Bradley decide allora di adattare i due tipi di girato uno all’altro. Trasforma il suo materiale digitale in un bel bianco e nero, che un po’ ricorda Che fare quando il mondo è in fiamme di Minervini. A sua volta digitalizza i filmini in VHS e il risultato lascia senza fiato. È il tempo che comunica con se stesso. Fox Rich che racconta la sua storia come se l’avesse scritta vent’anni fa, per farcela conoscere. È un’operazione estremamente commovente, oltre che molto intelligente. Riesce a trascinare sul piano emotivo una storia che aspirava a essere, forse, più espressamente politica (nella forma di cortometraggio). Non è comunque meno incisiva in questo modo, anzi è forse uno dei film che ricorderemo di più quest’anno.
In Italia Time è stato già presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma (15-25 ottobre 2020), ma è disponibile su Amazon Prime Video dal 17 ottobre. Al momento è uno dei documentari più interessanti in circolazione, tra le nuove uscite, vi consigliamo vivamente di guardarlo.