Prima di The Whale: un ripassino sulla carriera di Brendan Fraser e tre film di fine millennio da riscoprire.

The Whale rilancia la carriera di Brendan Fraser, un attore che da troppo non è protagonista di una storia (e che ci mancava). Il suo ritorno in un lead role è un evento commovente se come me siete cresciuti negli anni ’90. Quel viso ha sempre avuto un qualcosa difficile da dimenticare, una predisposizione sfacciata ad essere convincente.

Il debutto di Fraser risale proprio al 1991 e già l’anno seguente riceve un ruolo da protagonista. In poco tempo colpisce nel segno: l’attore è in grado di passare dal film comedy (Blast from the Past) al dramma (School Ties) con naturalezza, eccellendo anche nel genere action (La mummia) e nel comico demenziale (George of the Jungle). Può convincerci di essere l’eroe impavido di cui innamorarsi ma anche l’ingenuo smemorato da compatire. Dopo una grande quantità di parti però quel successo subisce una battura d’arresto, in seguito ad Inkheart (Iain Softley, 2009) qualcosa va storto, arrivano una serie di critiche negative e parecchi film facilmente dimenticabili che lo spingono sempre di più verso ruoli secondari, che diventano apparizioni.

Vi motivo un’ossessione: perché tutti amano Brendan Fraser

Molti attori celebri in una determinata decade poi “passano di moda”, ci sono i quasi eterni (come Julia Roberts), o quelli che cadono nel dimenticatoio di intrattenimento vintage (come Meg Ryan). Colpa di scelte sbagliate, cambi di immagine e spesso fossilizzazione su generi immutabili. Non per Fraser però, il ragazzo che poteva incarnare al tempo stesso un sex symbol e un comico navigato si eclissa lentamente nonostante la varietà dei lavori a cui partecipa. Quel successo piano piano scompare.

Solo verso la fine degli anni 2000 la parabola discendente comincia a risalire. Un ritorno da “supereroe”, con la serie televisiva DC Titans. Poi due registi importanti, nel 2021 Steven Soderbergh con il film No Sudden Move, nel 2022 Darren Aronofsky con The Whale, il punto a cui volevo arrivare ma solo per capire da dove siamo partiti.

The Whale come effettiva rinascita

La pausa della carriera di Fraser non è causata unicamente da una serie di errori di valutazione, bensì si accompagna a questioni di tipo personale nel caso del divorzio con sua moglie, di problemi fisici per performance action in vari film (con relative operazioni chirurgiche) e all’accusa di aggressione sessuale mossa dall’attore nel 2018 a Philip Berk, l’allora presidente della Hollywood Foreign Press Association (HFPA), l’organizzazione senza scopo di lucro che vota per i Golden Globe.

The Whale segna una rinascita, in tutti i sensi. Dopo essere stato presentato alla 79ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia riceve tre candidature agli Oscar 2023 e una ai Golden Globes (ai quali per coerenza Fraser non si è presentato). Ma non solo: quattro candidature ai British Academy Film Awards, il premio come Miglior attore a Brendan Fraser ai Critics’ Choice Awards e altre due candidature ai Gotham Independent Film Awards.

In un film che può piacere o meno ciò che emerge è lui, finalmente al centro della narrazione, pronto a dimostrare che quel volto non è sbiadito in ruoli cliché datati. Per scoprirlo o riscoprirlo, qui sotto tre film magici usciti tra il 1999 e il 2000. Tre cult di fine millennio in cui Brendan Fraser dà il meglio di sé.

Sbucato dal passato (Blast from the Past), 1999

Una favola retrò con un cast incredibile: Sbucato dal passato è una dolcissima storia d’amore tra un uomo d’altri tempi (Brendan Fraser) e una donna delusa da chi continua a ferirla (Alicia Silverstone). Inizia negli anni ’60, a Los Angeles, qui il fisico nucleare Calvin Webber (Christopher Walken) vive con la moglie incinta Helen (Sissy Spacek).

Durante una cena con degli amici la notizia in televisione della crisi dei missili cubani spaventa il padrone di casa: la coppia caccia gli ospiti e, su volere del paranoico Calvin, scende nel rifugio antiatomico da lui costruito per difendersi dalla possibile esplosione della bomba nucleare. Qualcosa esplode effettivamente sopra le loro teste, ma non si tratta di una bomba, bensì di un caccia monomotore che si schianta sulla solo abitazione. Convinti di essere gli unici superstiti sulla terra i due rimangono trentacinque anni (necessari per sbloccare la serratura) nel rifugio sottoterra, dove nasce e cresce Adam, il loro bambino.

Anno dopo anno Adam impara tutto ciò che c’è da sapere sul mondo grazie ai suoi genitori, ma il mondo a cui fanno riferimento rimane cristallizzato in quel rifugio, mentre fuori, in superficie, la realtà si fa molto diversa. Finalmente l’Adam adulto, interpretato da Brendan Fraser, viene mandato in ricognizione dopo una prima escursione di suo padre, che si spaventa tantissimo scambiando quel quartiere ormai malfamato con uno scenario post apocalittico. Adam incontra Eva, che lo aiuta in cambio di soldi a raccogliere tutto il necessario per i suoi genitori rimasti nel rifugio. Lei è una donna disillusa che non riesce a trovare l’amore, lui sa come conquistarla con il suo charme anni ’60 e, soprattutto, con la sua bravura nel ballare (lo scoprirete).

La famiglia Webber tornerà in superficie pronta a vivere una nuova vita dopo essere stata informata dal figlio dell’equivoco, Adam ed Eva si innamoreranno perdutamente. E un pochino anche voi, di Brendan ovviamente e di quella spontanea gentilezza che lo rende infinitamente romantico.

Sbucato dal passato. Medusa Film Distribuzione.

La mummia (The Mummy), 1999

Entrato di diritto nella programmazione televisiva dell’estate La mummia è un lungometraggio d’avventura a cui in pochi riescono a negare un rewatch (e io non sono tra quelli). Rispettoso di tutte le consuetudini cinematografiche legate al mistero del culto dei morti nell’antico Egitto (e dell’originale del 1932 di cui è il remake), il film, ambientato nel 1923, racconta di una maledizione spezzata per opera di incauti cercatori di ricchezze durante anni celebri per saccheggi sconsiderati e morti misteriose legate agli scavi.

Brendan Fraser è il coraggioso avventuriero Rick O’Connell, tirato fuori da una prigione per aiutare la bibliotecaria ed egittologa Evelyn Carnahan (Rachel Weisz) e suo fratello a trovare la città di Hamunaptra. Non sono i soli a cercarla, si incontrano/scontrano infatti con un gruppo di statunitensi guidati da un legionario francese doppiogiochista. La spedizione si farà sempre più pericolosa, questo perché Evelyn verrà coinvolta in un ritorno in grande stile di Anck-su-Namun, amante del Faraone ma innamorata in segreto del sacerdote Imhotep. Nel 1279 a.C i due organizzarono un complotto per uccidere il sovrano, scoperto però il loro inganno morirono entrambi: lei suicida e Imhotep sepolto vivo, l’uomo però promise alla sua amata un ritorno nel mondo dei vivi. Ciò avviene proprio per colpa dell’avventatezza della bibliotecaria e dell’avidità degli statunitensi.

Tra effetti speciali memorabili di fine millennio, basti pensare al volto del temibile sacerdote deformato dall’urlo di rabbia, e una storia d’amore dai tratti retrò in cui l’audace avventuriero si innamora della bellissima e intelligente studiosa per metà inglese e per metà egiziana, Brendan Fraser è l’eroe per eccellenza. Autoironico e pronto a tutto, coraggioso e leale. Non solo salva la damigella in pericolo, ma la aiuta a trovare una forza che le permetterà di combattere per sé stessa. Togliendo i sequel e i prequel (tranquillamente evitabili), questo film è un cult indiscusso e il merito è soprattutto di Fraser.

La mummia. Universal Pictures, Alphaville Films

Indiavolato (Bedazzled), 2000

Sembra difficile da credere che a un anno di distanza da La mummia ci sia Bedazzled (Indiavolato). Questo perché l’eroe super virile Rick O’Connell lascia spazio al timido e insicuro Elliot Richards. Anche questo un remake (de Il mio amico il diavolo del 1967 di Stanley Donen) e un film che riconosciamo istantaneamente come permeato di un modo di rappresentazione puramente 90s che oggi, probabilmente, non avrebbe lo stesso effetto. Qui Fraser si sdoppia, si triplica, si quantuplica: tutto ha inizio quando lo sfigato Elliot, senza amici e preso in giro dai colleghi, pronuncia tra sé e sé il suo più grande desiderio, che la collega Alison Gardner si accorgesse di lui e se ne innamorasse. Avrebbe dato anche l’anima al diavolo perché succedesse.

Caso vuole che in quel momento il diavolo in persona (interpretato da una favolosa Elizabeth Hurley) ascolti la sua preghiera. Contratto alla mano, ha sette desideri pronti per lui da esaudire in cambio della sua anima. Con un subdolo gioco di illusioni e schermi che mostrano la vita ideale (in stile Matrix con un pizzico di Sabrina vita da strega) l’uomo si convince a firmare.

Nessun desiderio si rivela soddisfacente, questo perché in ogni realtà alternativa architettata dal diavolo lui è una proiezione parzialmente deludente di sé stesso e Alison costantemente scontenta di tali “imprecisioni”. Fraser si ritrova, in ordine, nei panni di un narcotrafficante colombiano, un giovane ipersensibile che non fa che blaterare di sentimenti e tramonti commoventi, un giocatore dell’NBA senza cervello (e non solo), uno scrittore di successo venerato da tutti ma gay e sposato con un altro uomo, infine del presidente Abraham Lincoln. Queste avventure dai pessimi riscontri fanno però acquistare ad Elliot una nuova sicurezza, rendendolo più fermo e deciso, anche a provare il tutto per tutto con Alison senza timore di un rifiuto.

In una commedia semplicemente esilarante, l’attore ci conquista con le trasformazioni divertenti e le caratterizzazioni surreali. E con una performance in spagnolo irresistibile che è forse la parte più bella del film.

Indiavolato. Harold Ramis.

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Silvia Pezzopane
Ho una passione smodata per i film in grado di cambiare la mia prospettiva, oltre ad una laurea al DAMS e un’intermittente frequentazione dei set in veste di costumista. Mi piace stare nel mezzo perché la teoria non esclude la pratica, e il cinema nella sua interezza merita un’occasione per emozionarci. Per questo credo fermamente che non abbia senso dividersi tra Il Settimo Sigillo e Dirty Dancing: tutto è danza, tutto è movimento. Amo le commedie romantiche anni ’90, il filone Queer, la poetica della cinematografia tedesca negli anni del muro. Sono attratta dalle dinamiche di genere nella narrazione, dal conflitto interiore che diventa scontro per immagini, dalle nuove frontiere scientifiche applicate all'intrattenimento. È fondamentale mostrare, e scriverne, ogni giorno come fosse una battaglia.

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