Uomini veri Philip Kaufman 1983

Uscito il 21 ottobre 1983, Uomini Veri di Philip Kaufman, titolo originale The Right Stuff, è tratto dall’omonimo romanzo di Tom Wolfe uscito nel 1979.

The Right Stuff, che nel contesto del film significa “Quello che serve”, è una rigida narrazione umana sulla corsa allo spazio che avvenne tra gli anni ’50 e ’60.

L’ora degli eroi

Nel 1947, il capitano Chuck Yeager (Sam Shepard) oltrepassa la barriera del suono a bordo del Bell X-1. Dieci anni dopo, intorno alla base dove è avvenuta l’impresa, la Edwards Air Force Base, si radunano i migliori piloti americani. Tutti decisi a togliere a Yaeger il titolo di “uomo più veloce del mondo”. Nel mentre la NASA, giunta ai ferri corti con i russi sul nuovo fronte dell’esplorazione spaziale, sta cercando gli elementi più validi per questa nuova “corsa allo spazio”.

Vengono scelti 7 piloti, che saranno ricordati come i Mercury Seven, dal nome del progetto omonimo. Tra la fine degli anni ‘50 e i primi anni ‘60, saranno gli eroi di quell’America perbenista e isterica, ma dovranno lottare contro un ambiente sociale stressante, una politica folle e un reparto scientifico che non li tratta nemmeno come umani.

Il film orchestra scienza e umanità in maniera accorta, non risultando eccessivamente sciovinista, tecnico o patetico. Gli USA sono in sottofondo che ruggiscono. I nostri occhi però li rivolgiamo ai piloti, alla loro vita privata, alle loro ansie, alle loro ambizioni e alle loro imprese.

Il presidente ha i suoi problemi con la Baia dei Porci. L’immagine degli astronauti non va macchiata. Nessuna delle loro missioni sarà chiamata un fallimento

Ufficiale di collegamento (David Clennon)

La dimensione umana della squadra

Oltre il già citato Yaeger, nel film tra i Mercury Seven spiccano: Gus Grissom (Fred Ward), Gordo Cooper (Dennis Quaid), John Glenn (Ed Harris) e Alan Shepard (Scott Glenn). E non perché si punzecchiano come Tom Cruise e gli altri piloti in Top Gun. Uomini Veri non è un film d’azione. È un film su degli esseri umani che devono confrontarsi con la popolarità e l’eroismo.

Ognuno dei piloti ha un carattere differente dagli altri. John Glenn è improntato alla disciplina ed è il primo a fiutare l’astio che il reparto scientifico nutre per i piloti. Gus e Gordo, amici che erano giunti alla Edwards a sfidare Yaeger, devono misurarsi con le proprie mogli e lo status di celebrità che viene assegnato loro. Alan Shepard, il primo americano a viaggiare nello spazio, è un rude e salace militare che ha molto a cuore il gruppo.

Perché i Mercury Seven si stringono l’uno contro l’altro, costretti a vedersi mandare nello spazio da un Paese infuriato dalla guerra fredda che raggiunge i suoi vertici più catastrofici. Uno per volta vengono mandati su, e gli altri restano giù ad aiutare il pilota solitario che si misura con i vari problemi che vengono alla luce.

Sai, è buffo. Eccomi qua, prendo 25.000 dollari l’anno per un contratto con una rivista. Ho una casa gratis con tutta la mobilia. Ho una corvette. Mangio gratis da un lato all’altro dell’America e ancora non ci sono neanche andato [nello spazio]

Gordon Cooper (Dennis Quaid)

Chuck Yeager, relitto di un’epoca superata

Nonostante per la prima ora di film sembri il protagonista, il laconico pilota collaudatore Chuck Yaeger, è solo un uomo al tramonto dei suoi giorni da eroe delle cronache. Per tutta la vicenda dei Mercury Seven, il nostro uomo resterà in disparte a veder invecchiare il suo mondo. È un eroe imbattuto che vede affermarsi un nuovo tipo di velocità e di eroismo. Niente più aerei, niente più piloti solitari. Ma questa resterà la sua dimensione fino alla fine del film.

Pur ai margini del successo non può che constatare che quei sette uomini sono andati dove lui forse non sarebbe andato. Sono dei veri eroi, non perché i media li dipingono come tali, ma perché affrontano delle situazioni da cui potrebbero non tornare vivi.

Nel suo finale Yaeger fa solo quello che ha sempre fatto: vola.

Sam Shepard, all’epoca già un drammaturgo apprezzato e vincitore del Pulitzer, si guadagnò con questo ruolo una nomination all’Oscar.

Credi che la scimmia sappia di stare su un razzo che potrebbe esplodere? Gli astronauti lo sanno. Vi dirò una cosa. Non tutti si offrirebbero volontari per una missione suicida. Specie se sarà trasmessa in TV

Chuck Yaeger (Sam Shepard)

Una narrazione precisa e coinvolgente

Il film presenta un impianto narrativo vicino a quello standard di un film sportivo, con la squadra divisa tra le singole convinzioni e il dovere comune, i fallimenti che si consumano giorno per giorno in attesa del giorno della vittoria. Yaeger è l’asso escluso dalla squadra, i Russi gli avversari da battere di cui si analizzano le mosse. I vari pezzi grossi del governo, dell’esercito, della ricerca scientifica sono divisi tra il credere o meno nelle loro possibilità, e con quale fine.

Non ci sono patetismi, ma un realismo lento e snervante. Nessun pilota ha il tempo di fare battute pungenti lassù. E a terra i problemi sono anche di più.

William Goldman avrebbe volentieri scaricato a terra Yaeger per concentrarsi solo sul programma Mercury. Forse avrebbe portato maggiori incassi, ma anche minor qualità. Da film che esplora un’idea in una certa epoca storica, sarebbe stato solo un film d’epoca d’azione, di suspense o catastrofico.

Invece Uomini Veri abbraccia il coraggio e l’eroismo umano messo di fronte all’ignoto potenzialmente mortale, e solo dopo alza lo sguardo ai voli spaziali.

Oltre il cielo, tra le stelle

Uomini Veri è un film complicato. Quello che sembra essere il protagonista viene poi accantonato e l’intera opera sembra essere divisa in tre atti ognuno della durata di un’ora. Ma alla fine della visione si resta sorpresi dalla maestria registica e scrittoria di Kaufman, e sembra di non aver mai visto una trasposizione migliore della follia sociale di quegli anni e dell’eroismo umano.

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Classe 1999, e perennemente alla ricerca di storie. Mi muovo dalla musica al cinema, dal fumetto alla pittura, dalla letteratura al teatro. Nessun pregiudizio, nessun genere; le cose o piacciono o non piacciono, ma l’importante è farle. Da che sognavo di fare il regista sono finito invischiato in Lettere Moderne. Appartengo alla stirpe di quelli che scrivono sui taccuini, di quelli che si riempiono di idee in ogni momento e non vedono l’ora di scriverle, di quelli che sono ricettivi ad ogni nome che non conoscono e studiano, cercano, e non smettono di sognare.

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