
Dalla Finlandia con furore, l’ex HIM Ville Valo torna in Italia per il tour di lancio del primo album solista, Neon Noir.
C’è vita oltre la morte delle band? Per Ville Valo sì. Il 2 marzo all’Alcatraz di Milano è stato il battesimo del fuoco, la riuscita tappa italiana di un tour difficile, il primo dopo la fine degli HIM.
Per certi versi telefonato, lo scioglimento del 2016 è arrivato al compimento di una stagione infelice: un ultimo album, Tears on Tape, debole e sbiadito, che non lasciava spazio ad un futuro diverso, un tour d’addio da tutto esaurito, ma offuscato da un velo di tensione e stanchezza difficile da ignorare. Qualche bizzarro e discutibile esperimento folk più tardi, Ville “VV” è tornato, coppola e converse nere in spalla, tentando la via del progetto solista.
Neon Noir
Se qualcuno avesse ancora dubbi a riguardo, Neon Noir ha scolpito su pietra tombale una certezza: gli HIM erano Ville Valo. È però evidente che non valga il contrario, per fortuna.
Qualche brano meno memorabile c’è, ma il peso complessivo è quello di un album che suona come gli HIM, ma di fatto non lo è. Si rinuncia alle schitarrate distorte, in favore di un maggiore sostegno del basso e batterie vagamente anni ’80. L’impasto vocale è meno d’impatto del solito, colpa di un mixaggio con poca profondità e un’amalgama compatta, che suona quantomeno diversa all’orecchio del fan.
Il punto forte è tutto ciò che succede prima dello studio: la scrittura musicale raffinata ma infarcita di ritornelli e hook orecchiabili e profondamente melodici, le liriche che attingono dallo stesso immaginario gotico di sempre. Ville Valo gioca con le parole di una lingua che non è la sua, le guarda da lontano e ne coglie il fascino musicale, incastrandole nel flusso poetico.
Lunga vita al Love Metal
Il disco, come prevedibile, divide e lo show dell’Alcatraz non riesce a ripetere gli stessi numeri del 2017. Ma gli scetticismi della fila, partita prima delle sei del mattino del 2 marzo, si sciolgono molto presto, schiacciati da un live che lascia poco spazio alle critiche sterili.
In uno sciame nero-borchiato marchiato a fuoco da heartagram su cosce, polpacci, avambracci e collanine, rimbalzano aspettative tutto sommato frenate dall’incognita della nuova formazione. Non ci vuole però molto a fugare i dubbi e riportare in platea una scarica elettrica che sotto ai palchi degli HIM non si vedeva da anni, forse decenni.
I nuovi musicisti di spalla sono giovani, bravi e contenti di essere dove stanno, cosa affatto scontata. I pezzi nuovi suonano meglio che in studio e quella che pareva un’eresia per i fan, è reale: pure quelli degli HIM, di cui la scaletta è piena, sono migliori.
Alla fine dell’intro, sui primi accordi di Echolocate your love, Ville Valo dal ciel disceso, emerge in una nuvola di ghiaccio secco ed effetto larsen. Qualcuno è già in lacrime. Mai a suo agio dal vivo, Ville per tutta la vita si è nascosto dietro a bottiglie di vino, sigarette, cappelli e aste dei microfoni di turno, chiuso in una contemplazione tutta sua, impenetrabile e sofferente. Il cambiamento spiazza: sotto l’aplomb scandinavo, si intravedono grandi sorrisi, sorprendenti interazioni col pubblico e un’energia che pareva persa. Il principe del love metal è vivo e vegeto, e la sua musica con lui.
