FRAMED intervista Giulia Spagnulo in arte Zuzu
FRAMED intervista Giulia Spagnulo in arte Zuzu

Qualche mese fa vi parlavo di Giorni Felici, l’ultimo libro di Giulia Spagnulo, in arte ZUZU. Un’opera piena di colore che ridefinisce il mondo biografico dell’autrice, scavalcando il riquadro e focalizzandosi sui dettagli che spesso escono dal disegno stesso. Se volete saperne di più trovate qui la recensione completa. Qui sotto invece c’è l’intervista che ho avuto il piacere di fare a ZUZU, a proposito della vita che sta vivendo il suo Giorni Felici, ma anche dei suoi progetti per il futuro.

© 2022 Denise Caravano

L’intervista

È passato qualche mese dall’uscita di GIORNI FELICI, come è cambiata la percezione della tua opera dall’esordio in libreria ad oggi?

Scrivere e disegnare lo si può fare anche per semplice piacere, ma creare una storia lo si fa per necessità. Per me è un bisogno, che somiglia a quello di fare la pipì. Se devo farla, non penso ad altro. Diventa la mia ossessione e priorità assoluta. Quando la faccio provo un senso di liberazione. E una volta fatta non ci penso più.

Ci sono chiaramente anche delle differenze, fra una storia e una pipì. Per esempio, a una storia ci tengo. Voglio che venga bene. Sono legata a questo fumetto soprattutto per il bene e per il male che mi ha fatto mentre lo scrivevo. Ora è giusto che me ne allontani un po’, lasciando che sia di chi lo legge.

Come riesci a conciliare le tue esperienze biografiche alla narrazione?

Non credo che la mia vita e la narrazione abbiano bisogno di uno sforzo per conciliarsi. Sono l’opposto di estranee. Mi capita di usare la narrazione per provare a comprendere, celebrare, cancellare, o riavvolgere esperienze di vita. Se passassi la mia esistenza incubata in una vasca di deprivazione sensoriale probabilmente il mio cervello si atrofizzerebbe, e non avrei più nulla da dire. 

Ci raccontiamo tutti la nostra vita, nel modo che ci riesce. La vera difficoltà sta nel separarmi dalla mia personale esperienza, ad esempio quando devo domandarmi come parlerebbe o come agirebbe un personaggio. Anche in quel caso, però, è proprio la mia vita a venirmi in aiuto. 

Le conversazioni che ho ascoltato, le persone che ho conosciuto, i luoghi che ho visitato, le cose che avrei voluto saper fare o saper dire… Sono tutte cose che mi permettono di scrivere. 

Quando ragioni sulla storia da raccontare, che tipo di pubblico ideale ti viene in mente? Il tuo obiettivo è rivolgerti alla tua generazione o fare in modo che sia diretto a varie fasce d’età?

Succede che mi venga commissionata una storia per un pubblico specifico, come ad esempio nel caso di “Fumetti nei Musei”, progetto istituzionale rivolto specialmente ai più giovani. Ma quando scrivo una storia da zero, una storia che voglio raccontare di mia iniziativa, allora il mio obiettivo è solo vederla su carta. 

Fa paura parlare davanti a una platea di persone, e per paura di non essere capiti si rischia di impoverire il discorso e restare in superficie. Preferisco le conversazioni fatte con pochi, se non addirittura tête-à-tête. Mi permette di andare in profondità. E solo andando in profondità si possono toccare corde che risuonano nel cuore di altri. Quando scrivo esistiamo solo io, la carta, e la persona a cui il libro è dedicato. Lascio che a domandarsi quale sia il mio target siano altri. 

Quanto è importante per te raccontare una determinata storia con una tecnica artistica precisa?

Per me è una scelta molto importante, quella della tecnica. Serve a raccontare la storia nel miglior modo possibile, e non può stancarmi dopo le prime dieci tavole. Nel caso di Giorni Felici avevo bisogno che gli alberi fossero sempre verdi e il cielo sempre azzurro.

Avevo bisogno di creare un universo dai tratti semplici e gentili, che non mi facesse paura e mi riportasse all’infanzia. La storia era già abbastanza dura da sola, volevo alleggerirla con lo sguardo di Claudia, pieno e luminoso, e in questo i pastelli mi sono venuti in aiuto. 

La “trasformazione” del corpo è sia una reazione agli eventi che una scappatoia da essi: quanto è significativa per l’esito della tua storia?

Credo che le trasformazioni del corpo di Claudia siano l’espediente che rende questa storia una storia a fumetti. Solo il fumetto ti permette di creare un dialogo visivo tra chi disegna e chi legge, consentendo loro di condividere un segreto che è anche un simbolo, un’immagine che racconta l’interiorità del personaggio. Fare la stessa identica operazione con un romanzo o un film sarebbe stato impossibile. Le ali di Claudia sono molto più utili a noi, che proviamo a capirla, invece che a lei, per volare. 

Che progetti hai per il futuro?

Il mio progetto attuale è sopravvivere a questa terribile fase in cui detesto quasi tutto quello che faccio. Ho bisogno di tempo, e ho bisogno di una storia. Ahimè, pare non ci sia soluzione diversa dalla pazienza.

Qui potete acquistare il libro e saperne di più e questo è il profilo Instagram ufficiale di ZUZU. Continuate a seguire FRAMED e la nostra rubrica Letture! Siamo anche su Instagram e Facebook!

Silvia Pezzopane
Ho una passione smodata per i film in grado di cambiare la mia prospettiva, oltre ad una laurea al DAMS e un’intermittente frequentazione dei set in veste di costumista. Mi piace stare nel mezzo perché la teoria non esclude la pratica, e il cinema nella sua interezza merita un’occasione per emozionarci. Per questo credo fermamente che non abbia senso dividersi tra Il Settimo Sigillo e Dirty Dancing: tutto è danza, tutto è movimento. Amo le commedie romantiche anni ’90, il filone Queer, la poetica della cinematografia tedesca negli anni del muro. Sono attratta dalle dinamiche di genere nella narrazione, dal conflitto interiore che diventa scontro per immagini, dalle nuove frontiere scientifiche applicate all'intrattenimento. È fondamentale mostrare, e scriverne, ogni giorno come fosse una battaglia.