Il poster italiano di Emilia Pérez
Il poster italiano di Emilia Pérez

«Al cinema ho visto di tutto, ma non avevo mai visto quel che è successo alla proiezione di Cannes», afferma Karla Sofía Gascón – protagonista di Emilia Pérez – all’evento/anteprima di Roma del 25 novembre. «Le lacrime della platea, tutta quella gente emozionata».

Insieme a Zoe Saldaña, Selena Gomez e Adriana Paz, lo scorso maggio sulla Croisette ha vinto il premio alla miglior interpretazione femminile, che ha ritirato lei per tutte, con una splendida e commovente dedica alla comunità trans, e alla visibilità trans nei media e nel cinema, importante quanto nella vita reale.

«Se non avessi incontrato Karla probabilmente starei ancora cercando la protagonista del mio film», ha aggiunto Jacques Audiard, con lei a Roma. Proprio però per il suo percorso di transizione, il regista avrebbe voluto farle interpretare solo la seconda parte del film, quella in cui è appunto solo Emilia. «No amico caro, io voglio fare tutto», ha detto di aver risposto Gascón, trascorrendo però diversi mesi a cercare di convincere Audiard di essere perfetta per l’intera parte, indipendentemente dalla sua storia personale. Il regista si è poi convinto solo al primo primo incontro di Karla Sofía Gascón con Selena Gomez, che nel film interpreta sua moglie Jessi Del Monte.

Di cosa parla Emilia Pérez

Emilia Pérez è un dramma musicale che Jacques Audiard aveva iniziato a scrivere come un libretto d’opera in quattro atti, sullo stile di L’opera da tre soldi di Bertold Brecht, tratto dal romanzo Écoute di Boris Razon (2018). Interamente girato in studio a Parigi, pur essendo ambientato a Città del Messico, il film mantiene i quattro atti, trasformandosi nel racconto (anche attraverso gli splendidi brani scritti dallo stesso Audiard insieme Camille Dalmais e Clément Ducol) di una storia di vita complessa che intreccia il destino di quattro donne.

Tutto inizia quando il capo del cartello più potente di Città del Messico, Juan Manitas del Monte (Gascón), assume l’avvocata Rita Mora Casto (Saldaña) per trovare un chirurgo straniero e ultimare la sua riassegnazione biologica del sesso, desiderata da tutta la vita, ma all’insaputa della moglie Jessi (Gomez). Da qui comincia un turbinio di storie, emozioni, persino generi cinematografici. Un film straordinario, che merita un approfondimento a parte, soprattutto perché in Italia uscirà nel periodo pre-Oscar, il 9 gennaio 2025.

L’importanza di Emilia Pérez

«Non so rispondere al perché Emilia Pérez stia diventando così importante per il pubblico, forse è anzi più giusto che sia il pubblico a spiegarlo», ha proseguito il regista a proposito del grande impatto che il suo film sta avendo. Bisogna ricordare, infatti, che in Francia è uscito ad agosto al cinema ma che negli Stati Uniti è già disponibile su Netflix, raggiungendo una platea molto più vasta e generalista, che forse non si aspetta affatto un film così denso e particolare sulla piattaforma.

Il poster italiano di Emilia Pérez
Il poster italiano di Emilia Pérez. Courtesy of Lucky Red

«Di solito sono il primo spettatore di me stesso e sono uno spettatore esigente, cinefilo. Quindi in questo sì, cerco di fare al meglio nei miei film ciò che prima di tutto potrebbe piacere a me ed emozionarmi. Se funziona e arriva anche al cuore degli altri non posso saperlo, non prima», ha proseguito Audiard, subito seguito da Gascón. «È semplicemente il film migliore della storia del cinema», ha scherzato l’attrice, che in pochi minuti di incontro con il pubblico ha mostrato il suo lato più giocoso, con un umorismo sempre puntuale e irresistibile, che sa tornare presto anche alle cose serie.

«La verità, però, è che questo film non si può definire», ha continuato infatti Gascón. «La gente che l’ha già visto, anche i giornalisti, provano a chiuderlo in una definizione, tra i narcos e il film musicale. Emilia Pérez però è come l’amore, non si può definire. È un’esperienza, una montagna russa, è un’avventura immersiva, per un pubblico davvero intelligente».

La forma di Emilia Pérez

La forma iniziale, teatrale, di Emilia Pérez resta in parte nella scelta di girare quasi tutto in studio, aspetto che Jacques Audiard ci tiene a rimarcare. Aggiungendo: «Con l’idea di farne un’opera, sono andato in Messico almeno tre volte per radicare la storia nella realtà, per ricercare dettagli. Lì mi sono accorto però che la realtà messicana era un po’ troppo per me, mi schiacciava, così abbiamo riportato il film a casa, in Francia, cercando di renderlo più verosimile che vero». Da questo punto di vista c’è stato infatti il grandissimo lavoro dei costumi di Virginie Montel e della scenografia di Emmanuelle Duplay.

Sulla scelta del genere musicale, invece, sempre il regista ha specificato di averla ritenuta la formula più adatta per arrivare direttamente al cuore del pubblico, senza filtri, parlando di argomenti molto diversi e tutti emotivamente complessi, dall’identità di genere ai desaparecidos, fondamentali nella seconda metà del film. Tema che mette poi in luce le contraddizioni della protagonista Emilia e il suo passato violento e criminale, da cui cerca di redimersi.

«Emilia non pensa di poter cancellare il male che ha fatto» ha spiegato Audiard. «Crede però di poter aiutare le persone che ha fatto soffrire. Fin dall’inizio sapevo di voler usare una forma leggera, semplice (o almeno percepita come tale, ndr) quella del musical, all’interno della quale doveva esserci qualcosa di pesante, qualcosa di grave, di importante. Quello che è un po’ il mio stile. La cosa che mi sono chiesto sempre, fin dalla scrittura è stata: qual è il punto di eccesso? È forse troppo volgare? Troppo semplice? Troppo di tutto? Invece alla fine ho capito che serviva tutto e che il film doveva essere così. Eccessivo. E anche difficile da catalogare o difficile da descrivere con una sola parola».

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