Romeo e Giulietta, Zeffirelli (1968)
Romeo e Giulietta, Zeffirelli (1968)

Celebre è il racconto degli innamorati Montecchi e Capuleti, osteggiati dalle famiglie legate a vecchi rancori e violenze accese. Zeffirelli, scenografo, regista, esteta, ritrova il dramma degli amanti, Romeo e Giulietta, gli resta fedele, lo riaccende nel 1968 raccontando di giovani molto diversi e lontani dal suo presente. Eppure armati della stessa estrema voglia di credere l’uno nell’altra.

Il colore in movimento, il colore dei tessuti: si fanno spazio nella nebbia su cui i titoli di testa suggeriscono l’inizio di una storia che ci illudiamo di conoscere. Lo stesso colore violento e geometrico indirizza l’azione, inizialmente uno scherno che diventerà una guerra civile. Gli equilibri del potere a Verona sono incerti, e l’amore di due giovani, Romeo e Giulietta, arriverà per spezzarli.

Fasi dell’amore (e adesione al testo)

Franco Zeffirelli racconta una tragedia ascoltata così tante volte da credere di conoscerla. Eppure è come se per la prima volta godessimo dell’amore di Romeo e Giulietta e fossimo quasi sorpresi della loro morte prematura e violenta, sul finale. Gli attori, giovanissimi, sono la scelta più giusta, e crescono visibilmente dalla prima scena vissuta insieme all’ultima, poiché il loro amore attraversa fasi obbligate da un conflitto che si insanguina nelle strade della loro città, combattuto dai loro amici, cugini, padri. Il rapporto tra i due ne spezza la composizione dettata in precedenza, e distrugge ogni patetica certezza.

Un evento cambia repentinamente i due giovani: la morte irreversibile che si impolvera in battaglia prima di tacere per sempre. Il duello tra Mercuzio e Tebaldo, in cui Romeo entrerà per vendicarsi.

Dirigere una danza – Analisi di una scena

La rottura avviene nel momento in cui il gioco si trasforma in realtà. La sfida di Tebaldo (cugino di Giulietta) a Romeo non viene accolta da lui bensì dall’amico Mercuzio, che recita una divertente farsa senza rendersi conto di giocare con la propria vita. I due si fronteggiano in uno scontro caotico che Zeffirelli riprende come danza maldestra, tra ragazzi per strada.

La regia è dinamica e multidimensionale, e trascina in un vortice che riflette gli animi dei due: giocatori disordinati finché la lama non ne attraverserà la carne, e allora la vista si farà sfocata e vedremo ciò che scorge Mercuzio, prima di morire. È l’inizio della guerra, in cui Romeo abbandona i giochi per uccidere a sua volta. Il cinema intriso di teatro di Zeffirelli racconta questa storia come nessuno prima di lui, e tale sequenza sancisce un fermento emotivo che assale lo sguardo e il corpo durante la visione.

E solo Zeffirelli ne è stato capace, conferendo consistenze tangibili ai volumi e ai corpi, riversati nella narrazione ripresa con l’eleganza dell’amore e con la brutale confusione della morte.

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Silvia Pezzopane
Ho una passione smodata per i film in grado di cambiare la mia prospettiva, oltre ad una laurea al DAMS e un’intermittente frequentazione dei set in veste di costumista. Mi piace stare nel mezzo perché la teoria non esclude la pratica, e il cinema nella sua interezza merita un’occasione per emozionarci. Per questo credo fermamente che non abbia senso dividersi tra Il Settimo Sigillo e Dirty Dancing: tutto è danza, tutto è movimento. Amo le commedie romantiche anni ’90, il filone Queer, la poetica della cinematografia tedesca negli anni del muro. Sono attratta dalle dinamiche di genere nella narrazione, dal conflitto interiore che diventa scontro per immagini, dalle nuove frontiere scientifiche applicate all'intrattenimento. È fondamentale mostrare, e scriverne, ogni giorno come fosse una battaglia.

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