Se dovessi scegliere un film italiano capace di riflettere alla perfezione il senso di romantica disillusione di cui spesso è difficile delineare i tratti, sarei in difficoltà, per districarmi tra Un sacco bello, Compagni di scuola e Viaggi di nozze. Sono tre film firmati dallo stesso regista: Carlo Verdone, il romantico disilluso per eccellenza.
Ogni anno, quando è il compleanno di Carlo Verdone, mi ritrovo in quella classica situazione dove mi pare di avere uno zio che compie gli anni, e per la cronaca è pure il mio zio preferito. Forse per l’infanzia di una bambina romana i film di Verdone sono più un’istituzione che intrattenimento, se ne parlava con i “compagni di scuola”, per l’appunto, si citavano le battute a memoria in quarta elementare allo stesso modo in cui le citiamo durante le cene, adesso, per condividerne ancora quella formidabile malinconia.
Ciò che ho sempre amato nei suoi film, specialmente quelli storici, incastonati tra il 1980 e il 1996, è la profonda e immancabile nostalgia di fondo, che avvolge ogni vicenda o azione, anche le più comiche. Per questo vorrei guidarvi attraverso le cinque scene più memorabili dei film di Carlo Verdone, sperando di non lasciar fuori la vostra preferita.
Un sacco bello – “Svoltare” il Ferragosto
È il 1980 quando Verdone debutta alla regia con Un sacco bello, un esordio autoriale di tutto rispetto che cela dietro alle caratterizzazioni comiche la crisi delle generazione post ’70, annientata dalla perdita degli ideali. Basta l’inizio per capire che le apparenze sono solo un’illusione per rimanere a galla, incarnate subito da Enzo (uno dei vari personaggi interpretati dal regista).
La “vestizione” di Enzo serve a mascherare la solitudine: le collane, la camicia aperta e l’ovatta nelle mutande sono espedienti comici che ci presentano il personaggio. Ma il trentenne non ha amici e il suo “svoltare” il Ferragosto consiste nel portarsi un tipo (del quale sa poco o niente) a rimorchiare in Polonia, sulla sua decappottabile, simbolo di potere e mascolinità. L’entusiasmo dei primi minuti si annienta nel finale, in cui Enzo finisce per partire con un totale sconosciuto, trovato attraverso un giro di telefonate disperato. Facendo finta di nulla, si affaccia sulla nuova decade, dove credere non serve più a nulla.
Bianco, rosso e Verdone – L’era dei buoni
Tra manifesti con simboli politici e ricordi di partiti che ora si vedono solo nei film, Mimmo accompagna sua nonna a votare. Durante un fine settimana elettorale i vari personaggi del film si spostano per mettere una X dove meglio credono. Carlo Verdone nel suo secondo lungometraggio riprende il personaggio di Leo (Un sacco bello) e lo trasforma in Mimmo: ragazzo stralunato, ingenuo e infantile, e molto legato alla nonna. Ad interpretare la donna Elena Fabrizi, più conosciuta come la Sora Lella, sorella dell’attore Aldo Fabrizi e portavoce di una romanità andata. Durante tutto il viaggio i due saranno in conflitto, ma il finale drammatico dimostrerà quanto amore il nipote nutrisse per la petulante e schietta nonna. Emblematica è la scena delle medicine e del buono, che Mimmo riceve in farmacia. Il buono che riceve appare come un risarcimento e una promessa, quando in realtà non è che l’ennesima presa in giro.
Borotalco – Le scarpe a via Veneto
Il terzo film del regista è Borotalco, drammatica favola contemporanea sulla vita sognata e quella “rimediata”. Sergio è un timido venditore porta a porta, fidanzato da quattro anni con Rossella, finché conosce Nadia (Eleonora Giorgi) rimanendone affascinato. Finge con lei di essere un altro: un tipo sicuro di sé, un uomo di mondo e amico del suo più grande idolo, Lucio Dalla. Nella colonna sonora le canzoni del cantautore sono il coronamento ideale dell’epopea di chi vorrebbe essere qualcun altro. A riportare alla realtà Sergio (unico personaggio interpretato da Verdone) è il quasi suocero Mario Brega, nel suo assalto verbale al povero ragazzo, attirato con olive e prosciutto e stordito dall’aggressività di un uomo medio innamorato di sua figlia, ma ancor di più del potersi permettere di comprarle un paio di scarpe nella via più importante della città.
Compagni di scuola – La fotografia dell’ultimo anno
Compagni di scuola è uno dei film più drammatici del regista, e i momenti comici fanno riprendere il fiato da una carrellata di personaggi falliti e frustrati, durante una cena di classe dopo 15 anni dal diploma. Il film è del 1988 e nasce da un’esperienza personale di Verdone. Anche qui la delusione delle aspettative dilaga in una collezione di brutti momenti (e brutte persone), dove le bugie salvano dalla derisione, ma non dalla viscerale sconfitta di non aver realizzato i sogni adolescenziali. In particolare è l’incipit tra Fabris e Finocchiaro, che non erano amici neanche tra i banchi, a rimanere stampato nei ricordi. Il primo saluta il secondo, che non lo riconosce, entrano in casa e vedono la foto dell’ultimo anno di liceo. La battuta è epica, ma anche lo sguardo di Fabris nel rendersi conto che le persone non cambiano, semmai peggiorano.
Viaggi di nozze – Che dovessimo da fà pe’ risultà
È come se Enzo, il trentenne solo e “acchittato” di Un sacco bello fosse cresciuto e si fosse sposato. 15 anni dopo il suo esordio Verdone torna a dipingere le sconfitte di una generazione, stavolta nel mezzo degli anni ’90, a un passo dal nuovo millennio, perennemente persa nella sensazione di non appartenere alla società che la rigetta.
Quella malinconia profondamente romantica e disillusa è incarnata da Ivano e Jessica, neo sposi in viaggio di nozze. Alternativi, rock, trasgressivi, ma fondamentalmente stanchi, di una continua ricerca di abiti ed emozioni forti solo per apparire, e sentirsi vivi (e speciali). In uno scambio in macchina con i loro amici di sempre, si ritrovano a parlare dopo una brutta serata in un locale, guardando le stelle cadenti e chiedendosi cosa ancora dovrebbero tentare per “risultare”. In uno scenario surreale da dramma introspettivo i quattro perdono lo sguardo nel vuoto, e noi ci dimentichiamo del loro aspetto coatto, per compatirne il futuro, incerto e triste, e l’insofferenza di Jessica, che non ha più nulla da desiderare.
E questa è la sintesi di un grande amore in cinque scene per onorare Carlo Verdone e ridere, anche di ciò che ci fa male.