Per chi almeno una volta l’anno ha bisogno di immergersi nel magico mondo di Harry Potter. Per chi sente nostalgia di un luogo vissuto intensamente tra le pagine dei libri e gli otto film della saga. E per chi semplicemente crede che Hogwarts sia un posto dove il cuore ritorna sempre: questa è la serie di articoli che dedichiamo all’universo potteriano. Hogwarts is my home.
Dopo i tragici eventi che hanno sconvolto Hogwarts, dopo la morte dell’unico mago ancora in grado di tenere testa all’Oscuro Signore, il mondo magico non sembra più il posto incantato e rassicurante che era un tempo. Anzi, ora sembra solo una realtà pericolosa e incerta, dove la morte e la paura hanno il sopravvento. Non ci si può più fidare di nessuno, dietro un volto amico può celarsi un nemico in grado di ucciderti senza alcun rimorso. Perché in tempi bui l’unica cosa che conta davvero è la sopravvivenza. E quando l’istinto di conservazione ha la meglio, non si esita neppure a colpire una persona cara, se si frappone fra te e la tua salvezza.
Harry Potter ormai non è più un bambino: Sirius è morto, così come Silente. I suoi punti di riferimento, quelle che lui riteneva figure genitoriali ora non ci sono più. Persino i Dursley, ultimo baluardo della sua infanzia, per quanto infelice, sono andati via. E così Harry si ritrova di nuovo solo, più solo che mai. L’ultimo legame che aveva con ciò che era, con quel timido ragazzino dagli occhi grandi e gli occhiali un po’ storti, è svanito per sempre: anche Edvige, la sua amata civetta bianca, è stata uccisa.
E il nostro ragazzo si ritrova sulle spalle un immenso fardello da portare a compimento, la missione assegnatagli da Silente: trovare e distruggere gli Horcrux. E come se questo non bastasse, molte, troppe persone si dichiarano pronte a morire per la sua salvezza, dal momento che, si sa, Harry è l’unica speranza per poter sconfiggere Voldemort. Ma come si fa a vivere sapendo che tante persone rischiano la vita e muoiono per te? È un peso enorme da sopportare, soprattutto per un ragazzo di diciassette anni.
Non solo Harry Potter: gli amici di sempre non lo abbandonano mai
Ron e Hermione sono ancora lì, pronti a sostenere l’amico e ad affiancarlo in quella che sembra essere una ricerca impossibile. Silente è morto senza lasciare indicazioni. I ragazzi sanno solo quali sono i possibili Horcrux, ma non hanno idea né di dove siano, né di come distruggerli. E l’esasperazione di una ricerca che si fa sempre più vana colpisce Ron più duramente di tutti. Dopo anni passati a vivere nell’ombra dell’amico ricco e famoso, tutte le paure del ragazzo vengono sviscerate: quando Harry e Ron sono in procinto di distruggere il medaglione di Salazar Serpeverde, l’anima di Voldemort si rivela e parla direttamente al ragazzo, colpendolo nei suoi punti deboli.
Ma qui Ron dà una prova di forza straordinaria: non cede alle insinuazioni dell’Oscuro Signore e, armatosi di tutto il coraggio necessario, distrugge l’Horcrux, il primo di una lunga serie. Questa scena suscita tuttavia alcune perplessità: forse le paure di Ron sono rivelate in maniera fin troppo esplicita e francamente non necessaria. I complessi di inferiorità che prova nei confronti di Harry e l’amore per Hermione erano evidenti fin da prima, quindi la sequenza, così com’è strutturata, assume l’aria di uno “spiegone” non necessario. La bellezza dei personaggi di Harry Potter, d’altronde, è proprio il fatto che non abbiano bisogno di spiegazioni. Hanno una psicologia chiara e definita e ormai li conosciamo così bene da poterli quasi considerare nostri amici.
Ma a parte la perplessità suscitata da questa scena e un cambio di rotta di Ron forse un po’ troppo repentino, è molto bello rivedere i nostri tre amati ragazzi e osservare in silenzio il solido legame che li unisce. In particolare, tocca nel profondo la scena in cui Harry e Hermione ballano insieme. Nonostante la loro vita stia andando a rotoli, malgrado siano soli e abbandonati, riescono comunque a ritagliarsi un momento privato. Un piccolo momento di felicità in cui abbracciarsi e consolarsi, riscaldati dal calore di una sincera e profonda amicizia.
La forza di questo film sta proprio in questi piccoli momenti: quasi un’oasi di serenità in un mondo precipitato nel caos e nell’oscurità. Perché, come dice Silente: “La felicità si può trovare anche nei momenti più bui. Basta solo ricordarsi di accendere la luce”.
Il potere di Voldemort
Nonostante si veda in poche sequenze, Voldemort è ormai un personaggio decisamente ben delineato e un villain molto forte. Dopo aver visto i primi due film della saga di Animali Fantastici sorge spontaneo il confronto con un altro, gigantesco cattivo del mondo di Harry Potter: Grindelwald. Ma per quanto quest’ultimo sia un personaggio dotato di un fascino magnetico, circondato da un’aura di potenza innegabile, Voldemort riesce a essere più spaventoso.
Grindelwald agisce nell’interesse del mondo (per quanto le sue idee siano discutibili), mentre Voldemort agisce solo ed esclusivamente per sé stesso. Poco gli importa dei suoi seguaci e non si cura minimamente delle loro necessità. Solo ogni tanto dispensa pochi, miseri premi a coloro che ritiene più fedeli. Non dimentichiamo, ad esempio, che ha sì donato una mano artificiale a Codaliscia, ma solo dopo che lui è arrivato a tagliarsela per sacrificarla alla resurrezione del suo Padrone.
Grindelwald è, malgrado il suo delirio di onnipotenza, un essere razionale. La sua è una crudeltà fredda e la sua logica calcolatrice è asservita al raggiungimento di uno scopo più grande. Voldemort, invece, sotto la patina di gelo, è una creatura istintiva, aggressiva, animata da una rabbia crudele e spietata. Lui non sa cosa sia l’amore. Non lo ha mai conosciuto e mai lo proverà. Per questo è così pericoloso: agisce con la forza di colui che non ha nulla da perdere, ma tutto da guadagnare. La sua fame di potere, che lo alimenta costantemente, è l’unica cosa che lo fa sentire veramente vivo. Cos’altro potrebbe farlo, altrimenti? Non sapendo cosa sia l’amore, non può conoscere neppure il dolore, o la paura, se non quella per sé stesso.
In questo film ciò che è davvero Voldemort emerge in tutta la sua forza, specialmente nella sequenza iniziale. L’Oscuro Signore siede a capotavola, a Villa Malfoy, circondato dai suoi seguaci. Nessuno, eccetto Bellatrix, ha il coraggio di parlare, soprattutto se non viene interpellato. La tensione di Lucius e di Draco, poi, è palpabile. Quando Voldemort si accosta a Lucius per chiedergli la sua bacchetta, l’uomo gliela consegna, seppur esitante e la sua mano trema visibilmente. Il volto, invece, è pietrificato in una smorfia di terrore puro.
L’impressione che Voldemort dà è quella di una ventata di gelo improvviso e letale. E qui si comprende un’altra cosa molto importante: nessuno dei Mangiamorte è tranquillo e nessuno sembra animato da una sincera devozione. La leva che li spinge a seguire il loro Padrone è il fanatismo o la paura. Nient’altro. E se questo può essere da una parte il punto di forza del villain, dall’altro può essere la sua debolezza, perché non ha delle motivazioni sufficientemente solide per poter fare da collante.
È dunque questo l’altro grande punto di forza del film, che per il resto, per quanto sia avvincente e visivamente di impatto, risulta inevitabilmente incompleto, essendo parte di un unico finale, che vuole chiudere degnamente una splendida saga che ci ha fatti sognare per anni. La grandezza di Harry Potter sta nel fatto che, dopo averci mostrato un mondo meraviglioso e fatato, ci sussurra all’orecchio che anche qui non tutto è perfetto. E che la bellezza della vita non risiede nel luogo dove vivi, ma nelle persone di cui ti circondi e nel modo in cui affronti le avversità.