Folle e dissacrante, due aggettivi che si addicono perfettamente alla figura di Lakeith Stanfield e al nuovo film di Jeymes Samuel che lo vede protagonista: Il vangelo secondo Clarence (The Book of Clarence).
Girato a Matera, proprio come Il Vangelo secondo Matteo di Pasolini, il secondo film di Samuel (dopo The Harder They Fall) è al tempo stesso una parodia del cinema religioso e una riscrittura, una reinterpretazione in cui tutti gli abitanti di Gerusalemme sono ovviamente neri, tranne i romani di Ponzio Pilato (James McAvoy) e un certo Benjamin (Benedict Cumberbatch), che ha un ruolo chiave esilarante nel finale del film.
La fede di Clarence è la conoscenza
Clarence è il fratello gemello di Tommaso, quello del se non vedo non credo. Ed è Lakeith Stanfiled a interpretare entrambi con una profondità – al di là della parodia – che porta questa sua doppia interpretazione al livello di quella in Judas and the Black Messiah, se non oltre.
Proprio come Tommaso prima della conversione, Clarence non crede in Dio. La sua unica fede è nella conoscenza diretta del mondo. Anche per questo è un hustler, un uomo che sopravvive con poco, attraverso piccole truffe, piccoli furti e la vendita di una strana erba che riesce a far fluttuare in aria chiunque la fumi. Riferimento chiaro alla marijuana, solo con un po’ più di fantasia.
Quando Clarence scopre l’enorme seguito di Gesù di Nazareth si convince di poter imparare i suoi trucchi, quelli che i credenti chiamano miracoli, per ottenere fama e denaro. Il suo piano in parte funziona, ma più Clarence si avvicina ai cuori e alle speranze della gente che inganna, più sente di aver commesso un errore, soprattutto quando i Romani, per colpirlo, iniziano a minacciare la vita delle persone accanto a lui. Tra queste anche Omar Sy, RJ Cyler e Caleb McLaughlin.
Perché non è solo una parodia
Così come ogni scherzo ha un fondo di verità, anche questa assurda parodia a cui nemmeno i Monty Python avrebbero osato arrivare, cela un senso molto più profondo. Racconta una fede diversa, una cristianità diversa che non si riconosce nel Gesù biondo con gli occhi azzurri, ma che è radicata da tempo soprattutto nella cultura di popolazioni che hanno subito la colonizzazione europea o la schiavitù.
È un cristianesimo vissuto come libertà dell’anima, oltre il corpo. E al tempo stesso vissuto come puro amore per la vita, così come riesce a trasmettere in poche battute il Gesù di Nicholas Pinnock, fino a commuovere in un improvviso cambio di tono nel finale che rivela il vero volto del Vangelo secondo Clarence. Un film che si può guardare galleggiando sulla superficie del grottesco. O che si può prendere sul serio, nonostante tutte le sue bizzarrie.