Inside Bo Burnham

Domenica 30 maggio è uscito su Netflix Inside, il nuovo speciale comico di Bo Burnham dopo cinque anni di distanza dal palco. L’ultimo spettacolo si chiudeva con un monologo-fiume in Auto-Tune che iniziava con l’impossibilità di infilare la mano dentro un tubo di Pringles e finiva con l’ambivalenza nei confronti del pubblico, che ingabbiava Burnham in un panico invalidante. Nel frattempo c’è stata la regia di Eighth Grade e la prova d’attore di Promising young woman. Chi amava la stand-up spettacolare e atipica dell’Altissimo si stava già consolando così della fine di Burnham per come lo si conosceva.

Poi è arrivata la pandemia: chiuso in casa, Burnham è tornato indietro al suo passato di YouTuber con una tastiera e una stanza troppo piccola, ma riveduto e corretto alla luce dei suoi anni di esperienza come performer e cineasta. Il risultato di un anno di lavoro è uno speciale che integra il meglio delle esibizioni live con un montaggio e una costruzione visiva dei personaggi che trascendono creativamente il distanziamento sociale.

L’esordio su YouTube

La carriera di Burnham comedian inizia nel 2006, quando apre un canale su YouTube dove suona e canta dei pezzi comici originali, scorretti e inventivi. I temi sono pienamente adolescenziali, ma la delivery comica è già al massimo della complessità che l’allestimento permette. Il suo canale ha raggiunto trecento milioni di visualizzazioni, e YouTube continua a inserire tra i consigliati i suoi video di dieci anni fa. A 18 anni è la persona più giovane ad aver registrato uno speciale su Comedy Central, con cui firma un contratto per quattro album comici.

Il personaggio comico di Burnham agli inizi era un ragazzino arrogante con una capacità sopra la media di giocare con le parole e metterle in musica. L’enorme successo che ha ottenuto con questo personaggio ha avuto conseguenze ben visibili sul Burnham successivo, sempre più a disagio nei panni del comico tradizionale.

È possibile ridere in tempi bui?

La riflessione sul passaggio da individuo a personaggio pubblico è già presente nel finale di What?. In Make Happy a questa si aggiunge anche l’acuta percezione dell’irrilevanza della propria comicità in un mondo devastato da problemi sociali, economici e ambientali. In Inside questa consapevolezza esplode e ricade a pioggia su tutti gli sketch, a volte come richiamo esplicito (Comedy, How the world works), più spesso come allusione di fondo.

screenshot da Inside di Bo Burnham
Bo Burnham, Inside (Netflix 2021)

Inside è uno speciale composito ed eterogeneo: ci sono numeri musicali compiuti, ritornelli orfani, segmenti metanarrativi, inserti documentari da diario di bordo sulla lavorazione. È un grande frullatore pandemico dove la discontinuità del materiale riflette la frammentarietà della nostra fruizione di contenuti, disseminata su molteplici piattaforme. Ma non è un lavoro tirato via, anzi: Burnham esorcizza l’ininfluenza dei suoi sforzi con una messa in scena perfetta. Intendiamoci, “perfetta” non è sinonimo di fluida o senza cesure, qui perfetta significa all’altezza del compito che si prefigge.

Nonostante l’intento manifesto del suo creatore fosse evitare di spararsi un colpo in testa durante il lockdown, il sospetto è che ci sia dell’altro. E siccome qui sintetizziamo e schematizziamo, quest’altro lo analizzeremo insieme in una conveniente struttura tripartita. Ti consigliamo di non leggere solo se non vuoi spoiler.

Daddy made you some content

L’observational comedy di Inside si rivolge ad Internet e a come la sua presenza pervasiva abbia modificato le nostre vite socialmente, economicamente ed emotivamente. Il social brand consultant, Jeff Bezos, lo stagista non retribuito, l’Instagram di una donna bianca sono personaggi che abbiamo imparato a conoscere con la frequentazione quotidiana di social network e marketplace assortiti (no, solo uno). Burnham li interpreta con un’aderenza ideologica ipertrofica che li fa implodere in una bolla di insensatezza.

screenshot da Inside di Bo Burnham
Bo Burnham, Inside (Netflix 2021)

Vince il premio Autoreferenzialità Ricorsiva il video di reazione a Unpaid Intern, dove Burnham commenta sé stesso che commenta sé stesso che commenta la canzone. La menzione come Miglior YouTuber Psicotico va invece a quel tipo sorridente che ci punta un coltello in faccia con sottofondo di ukulele, ringraziandoci di guardare i suoi content.

Welcome to the internet

Burnham vorrebbe uscire dalla stanza, ma non ci riesce mai. È costretto a stare dentro sia dalla pandemia che dal lavoro. Ha interiorizzato un pubblico vampiro con canini algoritmici e gli dà in pasto sia il frutto dei suoi sforzi creativi sia la miseria esistenziale che accompagna la produzione dello speciale.

screenshot da Inside di Bo Burnham
Bo Burnham, Inside (Netflix 2021)

La depressione galoppa, e uno dei momenti più divertenti di questo segmento è la finta diretta gameplay di Inside, un videogame dove il protagonista (è lui che è troppo grande o è la stanza che è troppo piccola?) deve passare la giornata con un numero limitato di azioni a disposizione: suonare, stare in piedi, sedersi, piangere, tentare di uscire dalla stanza.

L’altro momento fondamentale della seconda parte di Inside è Welcome to the Internet. Un Burnham imbonitore da circo (come un Barnum con la H) elenca le attrazioni che il web ci offre pur di suscitare una nostra reazione. Di fronte alla promessa di un sicuro sovraccarico emotivo, l’unica salvezza rimasta è il totale disengagement.

That funny feeling

Più il tempo passa e più lo speciale transita da una forma spettacolare coerente (e divertente, anche se amarissima) a una narrazione dilatata dove incertezza, stanchezza e paura invadono progressivamente lo spazio della performance. I brani musicali della seconda parte di Inside danno l’idea di essere un’ottima colonna sonora dell’Apocalisse, ipnotici e lontani da ogni affanno emotivo perché già totalmente assorbiti dallo spazio siderale del distacco dal mondo reale.

screenshot da Inside di Bo Burnham
Bo Burnham, Inside (Netflix 2021)

Il malessere di Burnham è palpabile, ma non perché si filma piangere in preda alla frustrazione. È il motore principale della sua creazione, il disagio fondante che gli impone di rielaborare il trauma dell’essere vivi sotto forma di performance comica. Da questo punto di vista il suo percorso non è dissimile da quello di Hannah Gadsby o di Maria Bamford, comiche che sulla scena e fuori non fanno mistero del proprio malessere esistenziale e anzi lo integrano nel proprio lavoro.

Burnham è un performer che ti fa venire voglia di vedere tutto quello che produce, ma ti fa preoccupare in egual misura per il suo benessere psicofisico. Io, ad esempio, vorrei vedere tantissimo una sua rock opera, ma mi accontento di saperlo vivo e di aspettare la prossima occasione in cui deciderà di eccedere le mie aspettative.

Inside è disponibile su Netflix.

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