Presentata all’81ª Mostra del Cinema di Venezia nella sua interezza, M. Il figlio del secolo è nuova serie Sky Original tratta dall’omonimo romanzo di Antonio Scurati (vincitore del Premio Strega nel 2019 e bestseller internazionale, edito da Bompiani). Con la regia di Joe Wright, e con protagonista Luca Marinelli nel ruolo di Benito Mussolini, è il progetto più coraggioso di Venezia 81, e probabilmente dello scenario televisivo del prossimo anno.
Questo lo capiamo dai primi istanti, perché con le parole di Scurati in testa e la situazione politica che viviamo, l’unica cosa a cui pensiamo è come la censura potrebbe agire già dal primo episodio: M. Il figlio del secolo racconta le origini del fascismo e, passo per passo, la potenza che riscontrò l’invenzione di Benito Mussolini.
Non ci vuole molto a capire quale tono sia stato scelto per portare il fascismo nella serialità: i primi secondi mostrano diapositive e riprese dell’epoca, ma la voce narrante del Duce ci guida come quella di un incantatore in ciò che fu, affamato della voglia di essere amato da tutti, indignato per la fine che fece, un cadavere preso a calci. Ditemi, a cosa è servito? Siamo ancora tra voi, è il monito di Mussolini/Marinelli, e un brivido di terrore ci percorre la schiena. Perché è allo spettatore che lo stesso Mussolini si rivolge costantemente, chiamandolo in causa, illudendolo, ingannandolo.
Lasciarsi sedurre dalla politica della paura
Gli otto episodi di M. Il figlio del secolo ripercorrono le origini del fascismo, l’ascesa politica di Mussolini e la strenua lotta per arrivare al vertice del governo. La serie inizia dalla fondazione dei Fasci di Combattimento. Ogni episodio indica la data in cui ci troviamo, e il ripasso è doloroso, se si pensa quanto poco venga affrontata questa parte di Storia (meno che mai in un formato come una serie televisiva).
Ma la forma non limita quello che è cinema a tutti gli effetti, concede solo al regista la possibilità di scandagliare con più dedizione i desideri e le ossessioni dei suoi personaggi, e al cinema si ispira l’estetica, per la quale il regista britannico Joe Wright ha ricercato un mash up visivo che passa da Dziga Vertov a Howard Hawks, un collage in cui il dinamismo è al centro di tutto.
Sulla sceneggiatura di Stefano Bises e Davide Serino, Wright costruisce una ritmata riflessione sugli albori di un pensiero, suscitando una perseverante riflessione sulle parole, sui discorsi che hanno infiammato le prime pagine dei giornali e poi le strade, le città. La serie è un crescendo di seduzione e paura, porta al limite il suo spettatore, lo bastona (figurativamente) con la dolente realtà dei fatti, lo strema conducendolo a una repulsione che dà la nausea.
Pop, elettronica e futurista
Contemporaneità e passato riescono a danzare in una sconcertante messa in scena che non evita di mettere in campo anche i riverberi del presente, come eco degli errori del passato (specialmente nelle sequenze più violente). La colonna sonora, affidata a Tom Rowlands (del duo dei The Chemical Brothers) è un’elettronica incalzante e una rilettura compositiva dell’anima futurista, spezza volutamente la coerenza delle scenografie e dei costumi, instaurando un cortocircuito continuo destinato a confondere, a scioccare, decretando una cadenza sincopata che rende ancora più contemporaneo il racconto, dissacrandolo.
Il linguaggio di M. Il figlio del secolo è caratterizzato da eccesso artistico e ritmo pop: le inquadrature di Wright si inclinano, spezzano l’equilibrio, riflettono l’instabilità di una conquista politica gestita a tentoni. Mussolini guarda in camera, sfonda la quarta parete, trasgredisce alle regole, e si rivolge al suo pubblico, riferendo di come un confine superato non sia più un confine.
Le riprese storiche si sovrappongono e dialogano con le ricostruzioni attuali, e la modernità incede mentre ogni limite si sgretola, portando alla consacrazione del Duce.
Chi è Mussolini in M. Il figlio del secolo
Il Duce di M. Il figlio del secolo è prevalentemente un uomo in crisi: ridicolo nelle sue insicurezze, manipolatorio, ma anche violento, inetto, bugiardo e stupratore. Ma quello di Wright non è uno sguardo inquisitorio, poiché il tono pop che ha scelto funziona narrativamente in due direzioni: umanizza il protagonista in apparenza e accresce la depravazione delle sue scelte. Ciò che Mussolini confessa è la grande recita messa in atto per conquistare il potere, il far credere di essere pronti a tutto, il passaggio da addestratore di cani rabbiosi a stratega in ambito politico.
Dove la rappresentazione dei suoi seguaci è quella di una marmaglia violenta e grottesca colma di inni vuoti, mascolinità e manganelli, la descrizione delle donne nella sua vita è ancor più drammatica. Dalla moglie Rachele (Benedetta Cimatti), all’amante Margherita (Barbara Chichiarelli), passando per le varie avventure, o stupri, dettati dall’esibizione del potere e della forza anche nel sesso.
Marinelli accettando il ruolo si assume una grande responsabilità, e ne esce vittorioso. Il suo Mussolini prende forma dallo studio delle parole di Scurati, ma inizia a vivere di vita propria sullo schermo, dove si mostra in tutta la sua fallace umanità. La violenza e il sangue non sono pulp, bensì sporchi e rumorosi, e incorniciano a 360 gradi una personalità controversa e poco raccontata.
Perché guardare M. Il figlio del secolo? Perché non troverete da un’altra parte un’opera così sfacciatamente completa, ricca di eccessi, senza il timore di ridicolizzare il male, dandone un’immagine ancora più tagliente.
M. Il figlio del secolo è prodotta da Sky Studios e da Lorenzo Mieli per The Apartment, società del gruppo Fremantle, in co-produzione con Pathé, in associazione con Small Forward Productions, in collaborazione con Fremantle, CINECITTÀ S.p.A.. La serie vanta i costumi di Massimo Cantini Parrini e le scenografie di Mauro Vanzati, e arriverà nel 2025 in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW.
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