NOSFERATU, a Focus Features release. Credit: Aidan Monaghan / © 2024 FOCUS FEATURES LLC
NOSFERATU, a Focus Features release. Credit: Aidan Monaghan / © 2024 FOCUS FEATURES LLC

Calarsi nell’incubo per Robert Eggers diventa un ammaliante esercizio di stile, che pone in stato di trance lo spettatore, dirigendone timori, emozioni, interrogativi contemporanei che si estendono oltre la Germania del 1800: fortemente desiderato, il suo Nosferatu, al cinema dal 1° gennaio 2025 con Universal, attrae così per una forma soggiogante, alchemica, che però rivela anche componenti narrative comodamente allusive, lontane dall’onirismo sfrenato di The Lighthouse o dalla poetica laconica di The Witch.

Il quarto lungometraggio di Robert Eggers si muove coscientemente in due direzioni: quella della rilettura raffinata, che riporta gli stilemi visivi dell’espressionismo, citando apertamente Murnau, e la riprovevole creatura priva di sentimenti e nutrita di sangue e istinti primordiali di Herzog, e la rappresentazione di uomini, donne e mostri ottocenteschi, imprigionati nelle loro imposizioni sociali.

Per l’esperienza visiva che offre, non si dica che non consiglierei un film sul vampiro più famoso del mondo; Nosferatu è un esempio di grande regia messa al servizio del terrore e della (ricercata e voluta) repulsione. Ma nella costruzione di un prodotto perfetto, sembra che Eggers si sia dimenticato di problematizzare (veramente) i suoi personaggi.

I pro

La direzione registica di incubi fatti di pelle e denti

Ciò che è più riuscito nel Nosferatu di Eggers è proprio la regia: la capacità di direzionare non solo lo sguardo, ma il corpo stesso, manovrando il pubblico come marionette pronte a lasciarsi guidare. Così dai primi secondi, specchio di un sogno oscuro, il regista ci invita in una narrazione gotica in cui la prospettiva dinamica segue le insite e morbose spinte inconsce dei personaggi, sollevandoli come corpi vuoti da notti insonni, soffocandoli in inquadrature asfissianti, riuscendo a essere ancora più efficace nei momenti in cui il mostro viene solo percepito, e non mostrato.

Thomas Hutter (Nicholas Hoult), incaricato dal suo capo, il signor Knock (Simon McBurney), si reca nella zona più remota dei Carpazi per far firmare un contratto immobiliare allo stravagante e solitario Conte Orlok (Bill Skarsgård). Sebbene la moglie Ellen (Lily-Rose Depp) avesse provato a dissuaderlo con quelle che all’uomo suonavano unicamente come fantasie inconfessabili, Thomas parte alla volta di un viaggio pericoloso e rivelatore. Per arrivare al castello è costretto ad attraversare quella che è un’esperienza tra macabra fantasia e polverosa realtà, iniziando a provare i sintomi di una malattia allucinatoria, che peggiorerà con il fatidico incontro.

Eggers mostra tutta la sua bravura (confermandola ovviamente anche nel resto del film) aderendo alla pelle e al sudore di Thomas e facendoci quasi sentire il suo respiro fuori dallo schermo, allo stesso modo riesce ad introdurre Orlok come un laido demone ghermitore, molto più spaventoso nelle scene in cui non viene mostrato direttamente che in quelle in cui si manifesta.

Nella sua interezza Nosferatu si configura come un horror orchestrato come una coreografia di vita e morte, contrapposte, complementari, che si esprimono attraverso le coreografie dei personaggi, dirette senza sbavature, perfette come quadri in cui si nasconde il ricordo di un fantasma.

NOSFERATU, a Focus Features release. Credit: Aidan Monaghan / © 2024 FOCUS FEATURES LLC. Credit: Aidan Monaghan / © 2023 FOCUS FEATURES LLC

La sorpresa: Lily-Rose Depp

In un cast in cui anche i non protagonisti brillano per grandi interpretazioni, come Aaron Taylor-Johnson nel ruolo di Friedrich Harding ed Emma Corrin in quello di sua moglie Anna, a costituire la vera, sensazionale, sorpresa del film, è Lily-Rose Depp.

Messa alla prova con il personaggio più complesso e terrificante, molto di più dello stesso Orlok, l’attrice sottopone il suo corpo a una totale perdita controllo, personificando la turpe possessione attraverso una danza morbosa, di assenza di coscienza e desiderio dilagante. L’attrice ha raccontato di come si sia allenata nel giapponese butoh (qui), un insieme di tecniche di danza contemporanea che contorce i corpi, li rallenta, realizzando una spiazzante metamorfosi del fisico.

Dove in Nosferatu ogni personaggio è certo delle proprie convinzioni, e rimane saldo al tangibile, Ellen/Lily-Rose Depp si lascia andare a una progressiva vulnerabilità, perdendo l’aderenza al suolo, innalzandosi verso un mondo sconosciuto e occulto, è al tempo stesso rapita e volontaria, e riflette come in un ballo sfrenato quello che chiede a un certo punto nel film al Professor Albin Eberhart Von Franz (Willem Dafoe), se il male provenga da noi o al di là di noi.

NOSFERATU, a Focus Features release. Credit: Courtesy of Focus Features / © 2024 FOCUS FEATURES LLC

I contro

Sesso e melancolia (e qualche semplificazione di troppo)

Il desiderio di Ellen è qualcosa che porta la giovane donna a sentirsi immonda, sbagliata, da quando è piccola. Se nella logica ottocentesca le sue convulsioni, gli attacchi epilettici e il sonnambulismo siano degni di valutazioni mediche fatte da uomini e quindi incontrastabili, nell’ottica della narrazione horror (in cui il primo contro è l’abbondanza stancante di jump scares) sono tutti segnali della sua possessione.

A risvegliare il demone Nosferatu è stata proprio la ragazza, tempo prima, ricordandola come un’esperienza prima beatificante e poi terribile. Nella migliore tradizione delle relazioni tossiche, Eggers va a sottolineare come quella torbida e sessuale tra Ellen e il Conte rilevi una sordida eco del presente. Proprio Orlok impone la colpa del suo risveglio all’oggetto della sua ossessione, rendendola responsabile di ogni evento drammatico che sta accadendo alle persone che la circondano, nonché alla sua insaziabile voglia di possederla. Sebbene Ellen tenga testa al demone, che personifica tutto ciò che di proibito ci può essere per una donna dell’Ottocento che arde di desiderio per il suo sposo senza essere effettivamente appagata, finisce per essere il designato sacrificio, come da copione, riportando la luce nelle tenebre grazie al suo coraggio.

Senza la voglia o il coraggio di farsene carico, il film improvvisa una novità sul tema, ritrattando quasi immediatamente. La problematizzazione della sfera sessuale femminile, e della liberazione che ne consegue, è solo un pretesto per destarci con una storia di abusi, abbozzandone però i contorni. Se l’intento era quello di rendere contemporanea la dinamica tra bella e bestia, il risultato è parecchio superficiale, se non fastidiosamente ingannevole.

Con la stessa carente intensità si presenta Orlok, che solo nel finale riesce a configurarsi come un personaggio tridimensionale, e non un fantoccio dall’accento strano che dorme in una bara. Se non ci facesse sobbalzare ogni 20 minuti quel mostro centenario non ci farebbe così tanta paura, anzi, proveremmo pena per lui.

In breve

Sarebbe un sacrilegio non guardare al cinema Nosferatu di Robert Eggers, perché ha una regia precisa e destabilizzante, un cast eccezionale e una protagonista, Lily-Rose Depp, che vive il suo corpo come un paesaggio di orrori e pulsioni. Dove il regista ha voluto rendere più contemporanee le dinamiche di controllo e soggezione ha probabilmente fallito, nella ricerca visiva ed estetica però rientra sicuramente di diritto nelle migliori trasposizioni dedicate al principe delle tenebre.

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Silvia Pezzopane
Ho una passione smodata per i film in grado di cambiare la mia prospettiva, oltre ad una laurea al DAMS e un’intermittente frequentazione dei set in veste di costumista. Mi piace stare nel mezzo perché la teoria non esclude la pratica, e il cinema nella sua interezza merita un’occasione per emozionarci. Per questo credo fermamente che non abbia senso dividersi tra Il Settimo Sigillo e Dirty Dancing: tutto è danza, tutto è movimento. Amo le commedie romantiche anni ’90, il filone Queer, la poetica della cinematografia tedesca negli anni del muro. Sono attratta dalle dinamiche di genere nella narrazione, dal conflitto interiore che diventa scontro per immagini, dalle nuove frontiere scientifiche applicate all'intrattenimento. È fondamentale mostrare, e scriverne, ogni giorno come fosse una battaglia.