Il ritorno dell’Uomo Ragno al cinema è sempre un evento, questa volta ancora di più. Non solo perché arriva dopo quasi due anni di pandemia, ma per le premesse e le promesse avanzate dal trailer del nuovo capitolo.
Spider-Man: No Way Home, il terzo film nel Marvel Cinematic Universe dedicato al Peter Parker di Tom Holland, è diretto ancora da Jon Watts. Il nuovo atto della saga apre nel MCU le porte del Multiverso e vede tornare sul grande schermo alcuni personaggi dei vecchi, tanto amati film sul tessiragnatele.
Un’operazione-nostalgia che si coniuga bene con il culmine del percorso intrapreso dall’ultima iterazione del personaggio più popolare del mondo Marvel, che funge da origin story più dei precedenti Homecoming e Far From Home. Una lettera d’amore ai fan di lunga data di Spider-Man, che non può lasciare indifferenti.
La trama è semplice. Dopo che Spider-Man è stato smascherato da Mysterio (Jake Gyllenhal) alla fine di Spider-Man: Far From Home, nel tentativo di ridare una vita normale a MJ (Zendaya), Ned (Jacob Batalon) e zia May (Marisa Tomei), Peter si rivolge a Dr. Strange (Benedict Cumberbatch) per fare in modo che l’intero mondo si dimentichi della sua doppia identità. L’incantesimo va storto e porta nel MCU alcune vecchie conoscenze dei fan dello Spider-Man cinematografico, tra cui Goblin (Willem Dafoe), Dr. Octopus (Alfred Molina) e Electro (Jamie Foxx).
Un film lineare con dei twist importanti
No Way Home è un film che parla di seconde possibilità, del potere di cambiare gli eventi e del prezzo che ciò comporta. Un tema che viene apertamente dichiarato più volte durante il suo svolgimento.
Se all’inizio la storia continua a ruotare attorno al mondo prettamente adolescenziale di Peter e dei suoi amici, a cui ci hanno abituato i precedenti capitoli della nuova trilogia, prima della fine del secondo atto tutto sembra capovolgersi. Basta lo sguardo di uno dei personaggi a suggerire il repentino cambio di tono. Il punto di svolta che anticipa il terzo atto sorprende forse più di quanto si potesse immaginare.
Sebbene le direzioni dell’intreccio siano spesso prevedibili, il pay-off emotivo e l’effetto nostalgia soddisfano ed emozionano chi guarda. Un punto di forza di No Way Home è forse proprio la trama semplice, a tratti quasi banale, non intricata e corale come un Avengers: Infinity War (2018) o un Avengers: Endgame (2019). La sceneggiatura colpisce beat dopo beat in maniera lineare e soddisfacente. Non prova a stupire perché sa di non averne bisogno.
Con ben 150 minuti di film, No Way Home è un cine-comic esaltante che se la cava con maestria e anche con una buona dose di emotività, appoggiandosi alla grandezza di un personaggio che da cinquant’anni popola l’immaginario collettivo di adulti e bambini. Un film equilibrato, dal ritmo frenetico, che non annoia mai.
L’ennesima dimostrazione che il MCU può fare tutto ciò che vuole.
Uno Spider-Man nostalgico, tra il vecchio e il nuovo
No Way Home è il primo film dello Spider-Man di Tom Holland che sembra appartenere propriamente alla mitologia dell’Uomo Ragno più che al Marvel Cinematic Universe. Tuttavia, pur prendendo in prestito dei personaggi dallo Spider-Verse cinematografico, questo non oscura il processo di evoluzione del Peter attuale, né sostituisce la cornice dello Spider-Man del MCU. Chi si aspetta un approfondimento dei temi e dei personaggi provenienti dagli altri film potrebbe rimanere deluso.
In No Way Home, i villain dei vecchi capitoli si adattano in parte alla nuova versione del protagonista, perdendo forse un po’ di smalto (anche se alcune interpretazioni sono eccezionali). A primo impatto, la sensazione è di avere di fronte dei personaggi a tratti diversi da quelli che abbiamo conosciuto in precedenza. Tra battute ironiche e scontri all’ultimo sangue, ci si rende conto che i vari Goblin ed Electro sono uno stratagemma funzionale alla nascita di un nuovo Peter e alla preparazione di una nuova era.
Senza fare spoiler, ci sono tanti riferimenti alle saghe passate, sia dal punto di vista aneddotico che narrativo e visuale. Tra i vari camei, fa piacere risentire la storica colonna sonora di Danny Elfman seppur per un breve momento.
Peter Parker fa finalmente i conti con sé stesso
Se la nuova saga ha saltato l’episodio fondamentale nella mitologia di Spider-Man, la morte dello zio Ben, No Way Home tenta di far espiare a Peter il suo “peccato originale” attraverso il ritorno dei citati villain. E se il peccato iniziale del Peter di Tobey Maguire era un immaturo egoismo e il peccato del Peter di Andrew Garfield la distrazione, quello del Peter di Holland sono l’incoscienza e il buon cuore. Come aveva detto Mysterio alla fine di Far from Home, la debolezza di Peter Parker è il suo essere “una brava persona”, a cui si aggiunge l’infantile illusione di poter avere tutto ciò che vuole.
La decisione di saltare lo step dello zio Ben nel MCU, sebbene abbia dato spazio ad altre tematiche legate al personaggio, ha sempre reso il Peter di Holland uno Spider-Man un po’ atipico, meno consapevole del proprio potere e meno fautore del proprio destino. Non è un caso che nei primi due film della saga ci sia la forte presenza di Tony Stark, Iron Man, a riempire gli spazi vuoti. Benché la morte di Stark in Endgame corrisponda alla morte dell’unica vera figura paterna di Peter Parker, non ha lo stesso impatto narrativo che ha la morte dello zio Ben nella storia originale.
In No Way Home, Peter si ritrova smascherato ed è costretto a fare i conti con le proprie responsabilità, ma anche con le proprie fragilità. Sia come eroe che come adolescente che entra nell’età adulta. Deve capire cosa tenere e cosa cambiare di sé stesso. Deve imparare come trasformare la propria debolezza in un punto di forza e ad accettare il sacrificio come esperienza intrinseca del vero eroe.
Una risposta alle critiche sul Peter del Marvel Cinematic Universe
Per i fan di lunga data di Peter Parker, i film del MCU sono stati a volte esaltanti, a volte frustranti. Dalla sua comparsa in Captain America: Civil War (2015), Spider-Man è stato sotto l’ala di Tony Stark, tanto che persino i suoi antagonisti sono sempre stati legati in qualche modo a Iron Man. Un legame che ha lasciato tanti momenti memorabili e emozionanti ai fan del MCU, ma anche un’eredità a volte ingombrante.
No Way Home risponde, in maniera più e meno ingegnosa, a tutto quello che è stato detto del nuovo Peter Parker. Immaturo, non autonomo, troppo infantile, disancorato dal vibrante universo dell’Uomo Ragno più vicino al fumetto. Partendo dal presupposto che il Peter del MCU è ancora un ragazzo ed è un qualcosa di diverso rispetto alle sue versioni passate, No Way Home in parte accetta e in parte respinge le critiche, portandole sempre a suo favore.
Holland offre una bella interpretazione, matura e intensa. Il suo Peter Parker è allo stesso tempo dolce e determinato, spaventato e coraggioso, allegro e tormentato. Forse il primo che rappresenta appieno quello che può essere un ragazzo di diciassette anni che si ritrova in situazioni più grandi di lui. Un Peter quasi frustrante per quanti errori commette con infantilità e ingenuità. Un Peter che porta sul tavolo caratteristiche spesso ignorate da altri cine-comic: empatia e sensibilità, anche e soprattutto nei confronti dei nemici.
Il trionfo dell’Uomo Ragno
Dietro il personaggio dell’Uomo Ragno c’è una semplicità disarmante. Un ragazzino morso da un ragno radioattivo che decide di prendersi le responsabilità che derivano dai propri poteri, cucendosi un costume e mettendosi a disposizione del prossimo con coraggio e spontaneità.
Eppure, è proprio l’essere un supereroe “umano” a rendere Spider-Man il personaggio più popolare di sempre nel mondo Marvel. Un eroe per tutti, che affronta difficoltà quotidiane unite a sfide sovrumane. Con l’attenzione sempre sul ragazzo dietro la maschera. Colui che si spinge oltre i suoi limiti per aiutare gli altri, che siano buoni o cattivi. Anche se questo significa sacrificare sé stesso, la propria gioventù e le proprie relazioni. L’etica del vero supereroe.
No Way Home è un tentativo ben accetto di ricordare allo Spider-Man di Tom Holland la sua identità e di riconnetterlo al suo universo di origine, il suo vero e proprio ingresso nell’universo Marvel senza più grucce. La fine dell’età adolescenziale, in attesa del prossimo capitolo della saga.
P.S.
È doveroso infine menzionare Spider-Man: Un nuovo universo (2018) per aver affrontato, in versione animata, il tema del Multiverso Marvel con un protagonista eccezionale, Miles Morales. Un film da recuperare assolutamente, non perché sia utile a capire No Way Home, ma per amor proprio, dell’Uomo Ragno e del cinema di animazione.
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