ANTIPOP, Mubi
ANTIPOP, Mubi

ANTIPOP è racconto ed espressione, musica, vita, incertezza, passione, tutto combinato insieme, in un documentario così bello da farvi perdere la testa per COSMO e la sua vita, sia che lo conosciate da tempo sia che non abbiate mai sentito il suo nome.

Profondamente grunge e underground, il docufilm di Jacopo Farina, disponibile in streaming su MUBI dal primo marzo, è una rivelazione ramificata di ispirazioni e suggestioni; psichedelico, spirituale e sospeso, eppure accurato nel racconto pulsante del vivere a cavallo dei nostri tempi, così stretti, così condizionanti, attraverso l’opera di un cantautore che ha iniziato per gioco, negli anni ’90 con l’indie rock, e che ora è in procinto di lanciare il suo nuovo album, Sulle ali del cavallo bianco, il 15 marzo 2024 per Columbia Records – Sony Music Italy/42Records.

ANTIPOP è un manifesto che racconta l’ambizione di un ragazzo di provincia, con la sua famiglia, il sogno di farcela, le difficoltà e i ripensamenti, e la devastante, superba e poetica bellezza della musica.

Incipit: gli anni ’90 e la provincia

Video sfocati, ragazzi capelloni, piante di marijuana e chitarre: Ivrea come Seattle, quello che vediamo potrebbe essere benissimo un documentario su Kurt Cobain, ma poi emergono le torri rosse e riconosciamo la provincia piemontese. Un luogo tranquillo, popolato da strani personaggi, personalità peculiari, con la voglia di uscire dalla monotonia.

ANTIPOP inizia dai tape in cui COSMO (Marco Jacopo Bianchi) è adolescente con i suoi amici, in un flusso caotico e colmo di ricordi, autobus e case dove provare con il suo primo gruppo, i Mélange (come la spezia di Dune). Qui la musica diventa il collante e il passatempo per riempire i pomeriggi, ma anche un mezzo di evasione per sentirsi speciali. Passa poi ai genitori del musicista; un padre stravagante, prima molto di destra e poi molto di sinistra, una madre ex body builder che ha sempre creduto in lui, i nonni partiti per lo Sri Lanka prima che nascesse dopo essersi licenziati all’Olivetti. Ognuno restituisce un pezzettino di una biografia, ognuno ci riporta in quella provincia dove desideri tumultuosi si infiammavano dietro all’uniformità, mentre la voice over di COSMO guida il viaggio percettivo e visivo.

I tape del passato dialogano con il presente, in cui quei ragazzi, ormai adulti, ricordano un momento in cui non esisteva il concetto di sopravvivenza, ma solo quello di esistenza, per reagire al resto. Instaurando una romantica continuità tra il sogno di un adolescente e il successo di un cantautore, il film conduce in un labirinto di testimonianze in cui tutti i personaggi, stravaganti, veri, sono collegati tra loro tramite COSMO, e il concetto di indie si libera verso orizzonti più ampi, mostrando un modo di essere che sfida la quieta e comune vita a Ivrea negli anni ’90. E il terrore di fallire è lo spettro che assilla il cantautore, la grotta buia in cui rivalutare le proprie scelte, fino al successo enorme ed inaspettato.

Ipnosi visiva

Rinasco, mi sento libero, torno bambino. E mi sembra che la vita e il tempo si fermino. Si rimane lì sospesi. In qualche modo pensi che non morirai.

Cosmo

Con il suo flusso inarrestabile, ANTIPOP riesce ad ipnotizzare, liberando la percezione da qualsiasi altro stimolo esterno, come un pezzo che ascolteresti in loop per ore, come una festa a cui partecipare, e non l’ultima, come prevedeva L’ultima festa (2016), l’album solista con cui Cosmo voleva abbandonare la musica in preda alla frustrazione di non riuscire a portare a casa uno stipendio, come se facesse l’operaio, ma con le canzoni.

Il montaggio definisce il ritmo, e la continuità tra passato e presente, il gioco di luci sul pubblico e sul palco durante le esibizioni comunica il misticismo di una celebrazione del corpo e della musica vissuta all’unisono, rigorosamente guidata dalla voce del protagonista, che si rivela in tutte le sue sfaccettature, senza nascondersi dietro ad una costruzione di facciata, che non gli compete e non ha mai fatto parte del suo messaggio.

La spirale di suoni, parole, memoria, ci abbraccia con calore, ci fa entrare in una vita che potrebbe essere quella di chiunque altro, con i suoi alti e bassi, con le sconfitte, i successi, con persone che scompaiono lungo il cammino provocando un grande vuoto, con la soddisfazione di comunicare il proprio io, unico, alle persone che sanno ascoltare. Per questo ANTIPOP è un film da non perdere.

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Silvia Pezzopane
Ho una passione smodata per i film in grado di cambiare la mia prospettiva, oltre ad una laurea al DAMS e un’intermittente frequentazione dei set in veste di costumista. Mi piace stare nel mezzo perché la teoria non esclude la pratica, e il cinema nella sua interezza merita un’occasione per emozionarci. Per questo credo fermamente che non abbia senso dividersi tra Il Settimo Sigillo e Dirty Dancing: tutto è danza, tutto è movimento. Amo le commedie romantiche anni ’90, il filone Queer, la poetica della cinematografia tedesca negli anni del muro. Sono attratta dalle dinamiche di genere nella narrazione, dal conflitto interiore che diventa scontro per immagini, dalle nuove frontiere scientifiche applicate all'intrattenimento. È fondamentale mostrare, e scriverne, ogni giorno come fosse una battaglia.

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