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Batman Returns - Warner Bros

Batman Returns è un film su Batman, ma non solo. Basta guardare l’incipit per riconoscere lo sguardo dietro alla macchina da presa: è il secondo lungometraggio sull’uomo pipistrello diretto da Tim Burton dopo Batman (1989), ma il primo in cui il regista mette tutto se stesso.

E fonde le sue tenebre con quelle del protagonista.

Il film che reinventò Batman

Il ritorno di Batman, nel 1992, libera Tim Burton dalle regole imposte per raccontare al grande pubblico la drammatica storia dell’uomo pipistrello. Se nel primo film la presenza del regista si nota appena, e perlopiù si muove elegantemente citando scenari della storia del cinema e atmosfere fumose per una Gotham solennemente gotica, nel secondo libera tutta la sua prorompente voglia di comunicare il suo mondo di incubi e creature incomprese.

E quale migliore occasione di un soggetto che prevede non solo un miliardario con seri problemi di personalità che la notte protegge la città vestito da pipistrello gigante, ma anche una donna gatto e un uomo rifiutato dalla società per il suo aspetto deforme?

È evidente come in Batman Returns la poetica del regista avvolga totalmente il personaggio creato da Bill Finger e Bob Kane. Burton rilegge Batman e gli impulsi che lo portano a compiere determinate azioni, scavando nel passato di un eroe/antieroe perfetto per liberare l’oscurità da sempre presente nei film e nell’arte del regista. È come se Tim Burton dichiarasse Batman come una sua creatura, al pari di Jack Skeletron ed Edward, e lo prendesse sotto la sua ala, sistemandogli il mantello, rendendolo profondamente malinconico, cucendo per lui un’anima fatta di chiaroscuri.

Tre protagonisti

Batman Returns ha tre protagonisti iconici che intrecciano i loro destini. Bruce Wayne/Batman già lo conosciamo e l’evento traumatico della sua infanzia l’ha portato a costruirsi uno spaventoso alter-ego fatto di pelle nera e paure ancestrali. Gli altri due sono Selina Kyle/Catwoman (Michelle Pfeiffer) e Oswald Cobblepot/Pinguino (Danny DeVito). Due cattivi? Apparentemente sì, ogni cosa ci porta a pensarlo, eppure hanno qualcosa in più dei semplici villain, e lo si deve alla loro caratterizzazione profonda.

La loro inadeguatezza li porta a compiere azioni estreme, ma attraverso la lente di Tim Burton lo spettatore non riesce a condannare la loro condotta discutibile come malvagia. Il vero cattivo è l’uomo al potere che giova del suo aspetto e degli inganni perpetrati dietro ad una facciata di accattivante presentabilità.

La psiche è più importante dell’azione

L’analisi delle personalità tormentate è al centro della narrazione e per questo risultano tutti protagonisti di una storia destinata a finire male. L’attrazione verso il diverso sostituisce l’accanimento di distruggere chi è contro la legge. E Batman prova pena per Pinguino, e si innamora di Selina, perché in fondo si assomigliano tutti, al di là delle proprie origini.

Proprio durante uno scontro, Pinguino accusa Batman di volerlo distruggere perché è invidioso del suo essere un mostro a 360 gradi, forse hai ragione, risponde l’uomo. Ed è così che Tim Burton rivoluziona un classico.

Pinguino, illustrazione di Cristiano Baricelli.

Batman Returns venne considerato da alcuni troppo “dark” e non a caso venne seguito nel 1995 da Batman Forever, diretto da Joel Schumacher. La poetica del diverso venne abbandonata per un nuovo tipo di rappresentazione, che, col senno di poi, risulta dichiaratamente kitsch. I tempi cambiano, soprattutto per Batman, ma non l’impatto di questo film per il suo personaggio eterno.

Se volete approfondire la cinematografia di Tim Burton ve la raccontiamo qui.

L’illustrazione originale è di Cristiano Baricelli, che ringraziamo. Qui il suo sito ufficiale.

Silvia Pezzopane
Ho una passione smodata per i film in grado di cambiare la mia prospettiva, oltre ad una laurea al DAMS e un’intermittente frequentazione dei set in veste di costumista. Mi piace stare nel mezzo perché la teoria non esclude la pratica, e il cinema nella sua interezza merita un’occasione per emozionarci. Per questo credo fermamente che non abbia senso dividersi tra Il Settimo Sigillo e Dirty Dancing: tutto è danza, tutto è movimento. Amo le commedie romantiche anni ’90, il filone Queer, la poetica della cinematografia tedesca negli anni del muro. Sono attratta dalle dinamiche di genere nella narrazione, dal conflitto interiore che diventa scontro per immagini, dalle nuove frontiere scientifiche applicate all'intrattenimento. È fondamentale mostrare, e scriverne, ogni giorno come fosse una battaglia.

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