Bruce Lee (Mike Moh), C'era una volta a...Hollywood - Credits: Sony Pictures

Un’analisi del personaggio di Bruce Lee ai fini della trama di C’era una volta a…Hollywood

A circa 40 minuti dall’inizio di C’era una volta a… Hollywood, Cliff Booth/Brad Pitt si trova a dover fare uno dei tanti lavoretti di manovalanza cui la vita con Rick Dalton/Leonardo di Caprio lo ha ormai abituato. Ed ecco che mentre ripensa all’ennesima mancata opportunità lavorativa, lo spettatore viene travolto da un flashback esplicativo del perché, anche in questo nuovo film, si trovi impossibilitato a far mostra delle sue doti di controfigura.

Lasciamo quindi Cliff sul tetto della casa di Rick, intento a riparare la sua antenna, per tornare indietro di qualche anno e raggiungere il set della serie Il calabrone verde. Quale sarà mai la causa del suo essere diventato una sorta di paria cinematografico?

Galeotto fu Il calabrone verde

Randy/Kurt Russell, e ancora di più la moglie Janet/Zoë Bell, non hanno una particolare ammirazione per Cliff, volendo usare un eufemismo. D’altronde ha ucciso la moglie. Tuttavia, l’amico Rick lo difende strenuamente, adducendo come giustificazione il fatto che sia un eroe di guerra. E allora Randy dal cuore tenero dà a Cliff la possibilità di lavorare, con la promessa di stare alla larga dalla moglie Janet, evidentemente meno propensa di lui alla comprensione degli impulsi umani.

La transizione è netta. Uno stacco di montaggio ci porta al primo piano di Bruce Lee/Mike Moh. Tutti lo riconosciamo, anche se non viene subito presentato. D’altra parte, sappiamo su quale set ci troviamo, è la storia televisiva stessa a metterci in guardia. Ma, facendo un passo indietro, è addirittura il trailer del film che ci aveva spoilerato la presenza dell’artista marziale all’interno del nono film di Quentin Tarantino.

E, come se non bastasse, a fare ulteriore pubblicità a questo cameo sono state le accuse mosse dalla figlia di Lee, Shannon. La rappresentazione del padre è stata da lei ritenuta erronea, fuorviante. Sembra la messa in scena del modo in cui la ‘white Hollywood’ vedeva e trattava Lee quando era in vita. Presuntuoso e gradasso, noi lo vediamo parlare compiaciuto ad una platea di astanti in quieta adorazione.

Analisi della sequenza: Cliff vs Bruce Lee

Dal primo piano iniziale la macchina da presa indietreggia, allargando il nostro campo di visione e situando la scena all’interno del set, e al contempo seguendo l’uomo nei suoi movimenti. Vediamo molti uomini attorno Lee, mentre lui cammina continuando a parlare delle virtù del puro combattimento, contrapposte allo sport e all’atletismo della lotta competitiva. Ma poi tra i presenti vediamo il volto familiare di Cliff, e già cominciamo a ‘temere’ i probabili risvolti comici e irriverenti che lo sviluppo della situazione può offrire.

Significativamente, la macchina da presa abbandona Lee nel suo andirivieni gongolante per concentrarsi sul nostro Cliff. Questo progressivo avvicinamento si ferma in un mezzo primo piano proprio quando Cliff non riesce a trattenere un verso derisorio nei confronti dell’ennesima azzardata affermazione di Lee. Ed è qui che il combattimento inizia. Lee lo interpella, cercando di capire chi è che si permette di prendersi gioco di lui.

Mike Moh (Bruce Lee) in C'era una volta a...Hollywood - credits: IMDB.com
Mike Moh (Bruce Lee) in C’era una volta a…Hollywood – credits: IMDB.com

Una carrellata all’indietro ci porta al di là delle spalle di Lee. Tuttavia, quando Cliff decide di attaccare direttamente il maestro, con parole sprezzanti, la macchina da presa ruota ad inquadrare Lee, per poi rimbalzare alternativamente, con brevi panoramiche a schiaffo dall’ uno all’altro, in un botta e risposta che da meramente verbale diventa anche visivo. La sfida vera e propria ha inizio, con un alternarsi di campi lunghi, carrellate in avanti e rapide panoramiche. Dopo i primi due match, portati a termine con velocità e con un pareggio, il terzo si fa più dinamico, e con lui le inquadrature. Non sapremo mai chi avrebbe vinto la sfida, in quanto giunge Janet a interrompere il divertimento (per noi spettatori).

Il punto di vista tarantiniano

Quello che sconvolge i più è la semplicità con cui il nostro stunt double riesce a, letteralmente, prendere e sbattere Bruce Lee contro un’auto. Il tutto con una facilità e un aplomb veramente sorprendenti. I versi e i gesti del lottatore, che chiunque ha imparato a conoscere, vengono ripresi e sbeffeggiati da Cliff, portati al livello di inutili moine. Come possiamo credere che una semplice controfigura riesca a mettere al tappeto con tanta facilità il mito delle arti marziali?  E come possiamo tollerare che venga presentato in una veste così antipatica, così lontana dalla vera natura dell’uomo (almeno a detta della figlia)?

Da non conoscitrice e, soprattutto, non fan di Bruce Lee, non ho né la propensione nostalgica, né gli strumenti emotivi necessari per valutare con il giusto afflato sentimentale il cameo del suo personaggio. Posso sicuramente comprendere le accuse rivolte contro il regista, in quanto toccare personaggi che sono state vere e proprie leggende è sempre un affare delicato. Tarantino si è ‘difeso’ dicendo di non essersi inventato nulla, affermando che tutti gli atteggiamenti che ha dato al suo personaggio trovano corrispondenza nella realtà.

La scena del combattimento in C'era una volta...a Hollywood - credits: IMDB.com
La scena del combattimento in C’era una volta…a Hollywood – credits: Sony Pictures/IMDB.com

Si è difeso dicendo un’ovvietà, ovvero che Cliff Booth non esiste, è un personaggio di fantasia. Non è Brad Pitt ad atterrare Bruce Lee, è Cliff Booth, un veterano di guerra, un guerriero, forse, nel senso più puro inteso proprio da Lee nel suo discorso iniziale. Il loro è uno scontro di fantasia che, proprio grazie al suo statuto ontologico, è del tutto lecito.

Bruce/Kato

Vorrei portare l’attenzione su alcuni elementi a mio parere interessanti. Cliff Booth apostrofa Bruce Lee chiamandolo Kato, ovvero con il nome del suo personaggio ne Il calabrone verde. La nota sbeffeggiante contenuta in questa scelta è evidente e innegabile. Tuttavia, porta il personaggio Bruce Lee su un’ulteriore e più profondo piano di fiction: il combattimento è tra due personaggi entrambi di finzione, il Cliff Booth di Tarantino e il Kato de Il calabrone verde. Questo perlomeno nella visione di Cliff, che non mostra mai di riconoscere chi ha davanti come il grande Bruce Lee.

È però Bruce a venire messo in guardia sull’effettiva pericolosità dell’uomo che ha davanti. Un membro della troupe, mentre Bruce si prepara al combattimento, lo avvisa del passato omicidio dell’uomo, suscitando in lui un’incredulità che ha vita breve.

Una sequenza- chiave per comprendere il ruolo di Cliff/Pitt

Tutto nella sequenza concorre, fin da subito, a farci temere per l’incolumità di Bruce più che per quella di Cliff. Il personaggio finzionale Bruce/Kato è evidentemente e del tutto fallibile, mentre il personaggio Cliff viene presentato da Tarantino come possibile macchina mortale. Ed è anche per questo che, nella scena del massacro finale, noi siamo relativamente tranquilli sull’esito finale. Perché tanto c’è Cliff.  

Il confronto tra i due personaggi risulta funzionale al disvelamento del lato più insolente e goliardico di Cliff.

Se non prova soggezione nemmeno per Bruce Lee, gigante nel suo ambito professionale, da chi mai potrà essere intimorito? Capiamo che Cliff è un uomo in fondo buono, ma senza freni né scrupoli. E non dimentichiamoci che questo flashback porta ad una delle battute che, perlomeno in me, ha suscitato quel riso irrefrenabile che più cerchi di fermare, più continua. A commento di tutto ciò che abbiamo appena visto, un sornione Brad Pitt, ancora sul tetto a riparare l’antenna, non può che uscirsene con un ‘fair enough’(è giusto così), dando una degna conclusione a questo flashback tanto criticato.

Oggi Bruce Lee avrebbe compiuto 80 anni, ed è inutile sottolineare come la sua carriera sia stata troncata troppo presto. Questo film ha fatto un uso molto strumentale del suo personaggio, ma non dimentichiamo che non stiamo parlando di un documentario, bensì di un film. E di un film di Tarantino, per di più. 

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