Esce oggi in sala Ghostbusters: Legacy (di cui potete leggere qui la nostra recensione): un tentativo di eredità “completa”, che cambia ambientazione ma riporta la storia dei quattro di Manhattan, celebrità negli anni ’80 e oggi dimenticati. Il film vede tutto l’impegno e la partecipazione di Jason Reitman, che ne firma la sceneggiatura e la regia, e che è il figlio di Ivan Reitman, regista di Ghostbusters e il suo sequel Ghostbusters II (1989).
Tra i primi due e l’ultimo in sala c’è stato anche il capitolo che in molti vorrebbero dimenticare (non me), il reboot al femminile Ghostbusters, diretto da Paul Feig.
Peccato che nessuno di questi tentativi riesca a ritrovare la potenza del successo del 1984, che ancora oggi si costituisce come un indimenticabile cult. Neanche quello che vanta nel titolo il termine legacy. Magari parlare dei nipoti di un vero acchiappafantasmi può dare l’illusione di un’eredità, eppure il confine tra un sequel riuscito e un mosaico di gag, battute e personaggi ripresi nel 2021 è labile (e rischioso).
L’eredità dei ghostbusters
Preparatevi perché sarà un approfondimento ricco di spoiler, quindi se non volete rovinarvi la sorpresa smettete di leggere, andate al cinema, e ci rivediamo dopo la proiezione. In caso contrario, eccomi a sottolineare quanto al nuovo film dedicato agli acchiappafantasmi, e al loro ricordo, perde senza ombra di dubbio un’occasione.
L’azione si sposta in un paesino dimenticato dell’Oklahoma, dalla Manhattan rumorosa che ricordiamo popolata da spiriti prima dello scontro sul tetto del grattacielo. La mamma single Callie Spengler è costretta a traslocare nella decadente fattoria del padre, morto da poco, per ristrettezze economiche. Parte con i suoi due figli, il quasi adolescente Trevor (Finn Wolfhard di Stranger Things) e Phoebe (Mckenna Grace, che nonostante il suo personaggio stereotipato, risulta la vera star del film).
La piccola è appassionata di scienze ed esperimenti, proprio come il nonno che non ha mai conosciuto, il dott. Egon Spengler, che nel 1984 era interpretato da Harold Ramis (scomparso nel 2014). Dopo la fine degli anni ’80, allontanandosi dai suoi amici e dalla famiglia, lo scienziato si era ritirato per andare avanti con i suoi studi, tentando di proteggere tutti quelli che lo circondavano.
La famosa eredità di cui si parla è Phoebe, unico personaggio che viene realmente approfondito, la quale proseguirà il lavoro di suo nonno entrando in sintonia con lui sebbene solo attraverso il suo spirito. Vorrei che questo fosse un buon motivo per salvare la storia, ma il vero motivo per cui sono felice di averlo visto è la comparsata del dott. Peter Venkman (Bill Murray), il dott. Raymond “Ray” Stantz (Dan Aykroyd) e Winston Zeddemore (Ernie Hudson).
L’errore di voler commuovere con il passato
Contro cosa devono scontrarsi? Anche in questo caso “l’eredità” non è un grande esercizio di fantasia. L’entità malvagia è Gozer, la divinità sumera del 6000 a.C. che tormentava gli acchiappafantasmi originali con il Guardia di Porta e il Mastro di Chiavi, esseri bestiali e violenti come cani da guardia.
Presentandosi come un prodotto sulla scia di Stranger Things (con uno degli attori di punta e Paul Rudd nel ruolo dell’insegnante appassionato Gary Grooberson), Ghostbusters: Legacy riprende gli elementi fondamentali del film originale e lo riporta alla dimensione di un pubblico di ragazze e ragazzi. Assembla una squadra di quattro elementi, ma elevandone solo uno, Phoebe. Il fratello Trevor e la ragazza che gli piace, Lucky, e il suo amico Podcast, non sono che bidimensionali personaggi di contorno: è lei la vera protagonista.
Tornando a Gozer e veicolando quel gusto vintage per i gadget (pienamente contemporaneo), il film non fa che sminuire appunto un cult. E quindi mi chiedo, cosa si sono inventati?
Scende indubbiamente qualche lacrima vedendo riunita la squadra fondatrice (mi dichiaro colpevole), ma sorge un senso di malinconia notando che non c’è stata la bravura nel formarne un’altra, altrettanto iconica.
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