Giuseppe Tornatore al Pesaro Film Festival. Foto di Luigi Angelucci
Giuseppe Tornatore al Pesaro Film Festival. Foto di Luigi Angelucci

Nella 59esima edizione della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, il regista Giuseppe Tornatore è stato ospite di un evento speciale a lui dedicato, con una retrospettiva dei suoi film per il cinema e una monografia che ne ripercorre la carriera, Giuseppe Tornatore. Il cinema e i film, edito da Marsilio e a cura di Pedro Armocida e Emiliano Morreale.

Partendo proprio dalla sezione del volume intitolata I FILM DELLA MIA VITA, il regista si racconta attraverso la sua più grande passione: il cinema, vissuto da dietro la cinepresa ma soprattutto in sala, come spettatore.

Tra questi compare Quarto potere di Orson Welles, Tempi moderni di Chaplin e Salvatore Giuliano di Francesco Rosi, che Tornatore ricorda come una visione di forte impatto, prima in televisione e poi per una seconda volta al cinema, “Mi colpì innanzitutto il tono realistico: trovavo nel film suoni, immagini, situazioni che avevo visto solo nella vita reale“. Il mondo di riferimenti, luoghi e generi diversi che ne ha contraddistinto le opere parte proprio da qui, dall’amore per i film prima di qualsiasi altra cosa.

Il filo rosso

Io mi sono sempre illuso di aver zigzagato, di aver fatto film diversi, che non avessero un filo rosso, che quasi non avessero coerenza” dice il regista, “Però poi quando ascolto questi interventi così interessanti, da parte di studiosi, accademici, mi sorprendo, perché mi fanno vedere il mio stesso lavoro da una prospettiva che forse non avevo voluto vedere, qualche volta la gente mi ferma e mi dice delle cose, a farmi capire che non è stato uno zigzagare ma in fondo un andare dritto, anche se io mi illudevo di andare da una parte e dall’altra perché mi piaceva“.

Pur avendo attraversato generi diversi e personaggi apparentemente distanti, il cinema di Giuseppe Tornatore è permeato da forti linee narrative interne che riescono ad unificare tutti i racconti portati in sala, da Il camorrista (1986), suo primo lungometraggio, in poi.

Seguendo quello che l’autore definisce il “complesso dell’opera prima” (cioè affrontare un tema nuovo come se stesse facendo il primo film ogni volta), riesce comunque ad unificare film molto personali (come Nuovo Cinema Paradiso), o documentari (il recente Ennio) sotto il medesimo sguardo, che è il prodotto di una formazione da artigiano della pellicola, con il passato da proiezionista, dell’amore per la sua terra natia, che considera, citando Sciascia, “la regione più cinematografica che esista al mondo”, e di un’ossessione cinefila viva da quando era molto giovane.

Ennio e un nuovo progetto

Dopo il successo della sua opera più recente, appunto il documentario dedicato a Ennio Morricone, Tornatore racconta di come riprendere il reale gli abbia dato sempre più libertà: “Mi sono lasciato prendere dall’istinto, dalla mia amicizia con Ennio, cercando di raccontarlo per quello che era al di là di ogni schema prestabilito. Al cinema questo non lo puoi fare: la sceneggiatura è decisiva, ci vuole. Sì, forse un giorno sei sul set, ti viene un’idea e cambi qualcosa, ma il film è quello, mentre il documentario è pura libertà“.

Risponde anche a qualche domanda sui suoi prossimi progetti, “Non posso dire niente perché in tutti questi anni ho scoperto sulla mia pelle che parlare prima di un film porta veramente male“, scherza Tornatore, ma afferma di averne due in programma, “la scrittura del primo è già pronta da tempo, sto cominciando la pre-preproduzione, e sto anche sviluppando un altro progetto, si sono accavallati a causa del Covid“.

Non resta che aspettare di saperne di più, e nel frattempo scoprire l’antologia di saggi dedicati al regista.

Continuate a seguire su FRAMED per ulteriori novità sulla Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro. Siamo anche su InstagramFacebook e Telegram!

Silvia Pezzopane
Ho una passione smodata per i film in grado di cambiare la mia prospettiva, oltre ad una laurea al DAMS e un’intermittente frequentazione dei set in veste di costumista. Mi piace stare nel mezzo perché la teoria non esclude la pratica, e il cinema nella sua interezza merita un’occasione per emozionarci. Per questo credo fermamente che non abbia senso dividersi tra Il Settimo Sigillo e Dirty Dancing: tutto è danza, tutto è movimento. Amo le commedie romantiche anni ’90, il filone Queer, la poetica della cinematografia tedesca negli anni del muro. Sono attratta dalle dinamiche di genere nella narrazione, dal conflitto interiore che diventa scontro per immagini, dalle nuove frontiere scientifiche applicate all'intrattenimento. È fondamentale mostrare, e scriverne, ogni giorno come fosse una battaglia.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui