Museo del Tessuto di Prato - Mostra TURANDOT

TURANDOT E L’ORIENTE FANTASTICO DI PUCCINI, CHINI E CARAMBA
22 maggio – 21 novembre 2021 – Museo del Tessuto (Prato)

Il 22 maggio apre al Museo del Tessuto di Prato un’interessante esposizione dal titolo Turandot e l’Oriente fantastico di Puccini, Chini e Caramba. La genesi di questa mostra sembra la trama di un film di avventura: un prezioso ritrovamento nel fondo di un vecchio baule.

Nel 2018 il Museo del Tessuto di Prato acquista un baule proveniente dal guardaroba della soprano Iva Pacetti. Tra il materiale contenuto si trovano dei gioielli e due vecchi costumi. Nonostante la patina del tempo, di fronte alla preziosità della manifattura, i curatori del museo capiscono che non si tratta di costumi qualunque. E infatti, dopo una serie di ricerche si scopre che si tratta dei costumi di Turandot, realizzati da Luigi Sapelli (noto come Caramba) per la prima assoluta dell’opera di Giacomo Puccini, al Teatro alla Scala nel 1926.

Un’emozione per i curatori del museo che subito hanno pensato di sviluppare un percorso narrativo (il termine mostra è riduttivo!) per raccontare la storia di questi costumi ritrovati.

Luigi Sapelli (in arte Caramba) - Costume di Turandot [atto II]
Prato, Museo del Tessuto - inv. n. 18.03.38

Luigi Sapelli (in arte Caramba) – Costume di Turandot [atto II]
Prato, Museo del Tessuto – inv. n. 18.03.38

La genesi della prima assoluta di Turandot attraverso i costumi

A loro volta questi manufatti raccontano una storia che non è solo quella della principessa dal cuore di ghiaccio: ci parlano della genesi della prima assoluta di Turandot, del sodalizio artistico tra Puccini, Galileo Chini (che firma le scene) e Caramba. Ma fanno anche luce sull’interesse nato a cavallo tra ‘800 e ‘900 verso il mondo orientale, che permea l’arte di quel periodo (dalla lirica, alla grafica, a un certo gusto esotico anche nell’arredamento).

Un racconto ben curato in cui il materiale ritrovato si completa con altri 30 costumi realizzati sempre per la stessa edizione dell’opera, provenienti dall’archivio sartoria Devalle di Torino.

Esposizioni come queste sono l’occasione per far conoscere a tutti la bellezza dei costumi teatrali che altrimenti rimarrebbero pressoché sconosciuti ai più, relegati in musei specifici (pochi) o chiusi e dimenticati nei magazzini dei teatri. Sono un invito rivolto a tutti (pubblico e istituzioni) ad iniziare a considerare i manufatti teatrali come un patrimonio artistico da salvaguardare e studiare.

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Roberto Boldini
Sono un ragazzo di campagna con la testa tra le nuvole immerso tra mille progetti, se fossi una canzone sarei Confessioni di un malandrino di Branduardi. Dopo la laurea in Scenografia a Brera ho intrapreso un corso di specializzazione presso i laboratori della Scala. Quello che più mi piace è raccontare punti di vista: lo faccio disegnando, scrivendo, progettando. Più che le storie mi attraggono le persone, la loro psicologia, come vengono resi sullo schermo o su un palco il loro dramma interiore e la loro personalità (fantasticando su come le renderei io).