Il bambino nascosto
Il bambino nascosto , Roberto Andò (2021) - Credits: 01 Distribution

Il bambino nascosto, tratto dal romanzo omonimo, è il nuovo film drammatico diretto da Roberto Andò, uscito nelle sale il 3 novembre.

Una storia di silenzi e sguardi, quelli tra Ciro (Giuseppe Pirozzi), il bambino nascosto, e Gabriele (Silvio Orlando), un uomo adulto, schivo e solitario che insegna pianoforte al conservatorio. A incorniciare l’esplosione emotiva del film e le sue intense interpretazioni c’è Napoli, una città meravigliosa, barocca, viscerale, ma anche contradditoria e problematica, e che sembra rispecchiare perfettamente il pathos dei personaggi.

Trama

La vicenda è incentrata sulle vite dei protagonisti, Ciro e Gabriele, e soprattutto sull’incontro tra i due.

Ciro è un bambino nato da una famiglia di camorristi, vive da sempre in un mondo criminale, scevro da qualsiasi forma di affettività. La sua vita cambia nel momento in cui incontra Gabriele Santoro, docente al Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli. L’interazione tra il bambino ed il “Maestro”, (è così che Gabriele viene soprannominato nel quartiere di Forcella, dove abita), avviene in maniera imprevista.

Una mattina, il postino suona al citofono per consegnare un pacco a Gabriele, lui apre la porta, ma prima di accoglierlo, corre a rinfrescarsi il viso. In quel lasso di tempo, il piccolo Ciro, il figlio dei vicini di casa, si intrufola nell’appartamento del Maestro.

Gabriele, accortosi della presenza del bambino in casa sua, lo interroga sul motivo che l’ha spinto a rifugiarsi da lui. Una volta comprese le motivazioni, decide di accogliere la sua richiesta d’aiuto, assumendosi qualsiasi tipo di responsabilità, accettando di nasconderlo.

Due mondi opposti, rispecchiati nel desiderio di rivalsa

Le vite apparentemente opposte di Ciro e Gabriele sono destinate ad incontrarsi, per poi essere cambiate per sempre.

Il bambino proveniente dalla dura realtà criminale, senza educazione e formazione, in contrapposizione con la borghesia di Gabriele che vive di conoscenza e di arte, come la musica e la letteratura, tanto da citare quotidianamente passi dei grandi poemi classici come l’Eneide o l’Orlando furioso. Sono due persone che in comune non hanno nulla se non la grande voglia di rivalsa nei confronti della vita.

Due esistenze così lontane, ma così simili. Due persone che nonostante provengano da ranghi sociali diversi hanno un potente denominatore comune ovvero l’inconsapevolezza dei sentimenti e la totale impossibilità nel poterli condividere ed esprimere nella parabola poetica della vita.

Il Maestro è solitario, burbero ed abbandonato, senza alcun tipo di legame nemmeno con il fratello magistrato, con il quale non interagisce più da tempo. Ciro, a sua volta, non comunica , non manifesta espressioni di affetto nei confronti di nessuno, tutto ciò che sa fare, non è giocare o sorridere, come ogni bambino dovrebbe essere libero di poter fare, ma è delinquere, perché è l’unica cosa che la famiglia gli ha saputo insegnare.

È proprio questa incapacità di provare affetti e sentimenti che accomuna Gabriele e Ciro e che li unisce fortemente.

Vivendosi, condividendo e studiandosi, entrambi, stravolgeranno la propria esistenza, imparando rispettivamente a provare affetto l’uno per l’altro e a sentir nascere in loro, quella sensazione di protezione, di senso di responsabilità ed educazione affettiva, tipica del rapporto “genitore-figlio”, e che nessuno dei due aveva mai provato prima.

Nel film, nulla è lasciato al caso. 

La fotografia ed i dialoghi sono elementi evocativi della metamorfosi del rapporto tra i protagonisti.

Riescono fedelmente a mutare in base all’evoluzione del legame tra Ciro e Gabriele. Un esempio si nota all’inizio della convivenza tra i due, quando le quattro mura dell’appartamento sono scure, fredde e silenziose, per poi man mano tramutarsi in pareti accese, calde ed amorevoli, proprio come il nuovo legame instauratosi tra il bambino ed il Maestro.

Il bambino nascosto - Roberto Andò, 2021. Credits: 01 Distribution
Il bambino nascosto – Roberto Andò, 2021. Credits: 01 Distribution

La libertà di poter essere ciò che si desidera è questione di fortuna

Ognuno dei due protagonisti rappresenta il precursore del cambiamento nella vita dell’altro, scoprendo di giorno in giorno, dei propri lati caratteriali, che loro stessi non sapevano di avere.

Gabriele diventa un vero e proprio “Pater familias” per Ciro. Riesce a tirare fuori attitudini del giovane ragazzo, che erano sempre rimaste celate a causa delle condizioni di vita inette e precarie, tipiche della realtà camorrista. 

Ciro scopre di essere portato per la musica, impara perfino a suonare il pianoforte, grazie al Maestro, dote che mai sarebbe emersa per mezzo della sua famiglia d’origine.

Come autore, sia del romanzo sia del film, Roberto Andò riesce a spiegare in modo netto, quanto le persone siano il risultato di di ciò che la fortuna permette loro di poter essere. Ciò che molto probabilmente, mai sarebbero state, se fossero nate in un contesto diverso.

Il regista vuole semplicemente dirci che Ciro non è un piccolo delinquente maleducato, è solo un bambino sfortunato, e che troverà la sua rivalsa grazie all’incontro con Gabriele.

Morale o legge scritta? L’Antigone di Sofocle tra le mura dei palazzi di Napoli

Il tema più delicato, che Roberto Andò ha affrontato nel film, è il dissidio tra la morale e la Legge scritta, ed essenziali in questo sono le figure del padre e del fratello di Gabriele. Quest’ultimo si chiama Renato Santoro (Gianfelice Imparato), un magistrato che rappresenta, dall’alto della sua carica, l’integrità e l’irreprensibilità della Legge. Nonostante i due non abbiano più un rapporto da molto tempo, Gabriele decide di mettersi in contatto con lui per poter capire quale sia la scelta più giusta da fare di fronte ad una circostanza molto difficile da gestire.

Gabriele è incline a far prevalere la morale sulla Legge scritta, convinto che sia il modo più giusto per poter ottenere giustizia.

L’affetto quasi paterno, che ormai nutre nei confronti di Ciro, lo porta a pensare che qualsiasi gesto contra legem sia giustificato dal fatto che sia compiuto semplicemente per amore. Proprio come penserebbe e farebbe un qualsiasi genitore nei confronti del proprio figlio e proprio come fece l’Antigone di Sofocle migliaia di anni fa, decidendo di abbracciare convintamente ed a qualsiasi costo, l’amore e non l’odio.

Ma, così come la Legge infonde le condanne, anche la morale richiede un prezzo e sarà proprio quello che Gabriele sarà costretto a dover pagare per avere una giustizia divina.

Alla domanda, se sia più giusta la Legge morale o la Legge scritta, non vi è una risposta. La vita è fatta da troppe zone d’ombra e non è sempre così facile determinare quale siano le condotte sbagliate e da punire.

Questo concetto è espresso e ribadito direttamente dal film, attraverso una battuta di Massimo (Roberto Herlitzka), padre novantenne, anziano e saggio, di Gabriele. Al contrario del figlio Renato, il magistrato, egli è infatti fermamente convinto che, tra la Legge e l’amore, sceglierebbe senz’altro l’amore, proprio come affermò l’Antigone di Sofocle: “Sono nata per condividere l’amore, non l’odio”.

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Annamaria Martinisi
Sono il risultato di un incastro perfetto tra la razionalità della Legge e la creatività del cinema e la letteratura. La mia seconda vita è iniziata dopo aver visto, per la prima volta, “Vertigo” di Hitchcock e dopo aver letto “Le avventure di Tom Sawyer” di Mark Twain. Mi nutro di conoscenza, tramite una costante curiosità verso qualunque cosa ed il miglior modo per condividerla con gli altri è la scrittura, l’unico strumento grazie al quale mi sento sempre nel posto giusto al momento giusto.

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