Pedro Armocida, Direttore della giuria di Orvieto Cinema Fest. Foto di Enrico Lunetti.
Pedro Armocida, Direttore della giuria di Orvieto Cinema Fest. Foto di Enrico Lunetti.

Si è conclusa sabato scorso la sesta edizione di Orvieto Cinema Fest, il festival internazionale di cortometraggi umbro. Prima della premiazione abbiamo avuto il piacere di intervistare Pedro Armocida, qui in veste di Presidente della Giuria composta anche da Francesca Mazzoleni e Valentina Lodovini.

Pedro Armocida è saggista, giornalista professionista, critico cinematografico e docente universitario a contratto alla Sapienza di Roma. Collabora con Il Giornale, Film Tv, CinecittàNews, Box Office, , MyMovies. È direttore artistico della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, vicepresidente del Sindacato Critici Cinematografici Italiani (SNCCI) e dell’Associazione Festival Italiani di Cinema (AFIC). È componente, in qualità di “Esperto” su nomina del Ministro della Cultura, delle sottocommissioni presso la Direzione Generale Cinema e Audiovisivo per la selezione dei progetti e per la concessione di contributi selettivi al settore cinematografico e audiovisivo previsti dalla legge 220/2016. Fa parte della commissione di selezione ristretta dei documentari del Premio David di Donatello dove è anche membro della giuria dell’Accademia del Cinema Italiano.

Proprio con Pedro Armocida abbiamo fatto il punto di una manifestazione arrivata al suo sesto anno, ricca di visioni provenienti da tutto il mondo, a proposito delle nuove proposte e dell’importanza del cortometraggio come forma finita di racconto audiovisivo.

L’intervista

Non ci vediamo da Pesaro e ci incontriamo di nuovo ad Orvieto: tu già conoscevi Orvieto Cinema Fest?

Sì, già lo conoscevo perché fa parte dell’Associazione Festival Italiani di Cinema, di cui sono vicepresidente, in cui cerchiamo di far rientrare festival di una certa qualità e livello, anche se non avevo mai partecipato di persona ed è anche da molto che non tornavo ad Orvieto.

Ogni anno, nei cortometraggi proposti e selezionati, riscontriamo sempre una serie di tematiche comuni a prescindere dalla categoria (internazionali, nazionali o d’animazione): hai avuto modo di riscontrarlo anche nella selezione 2023?

Sì, alcune tematiche vengono toccate, dei fili rossi, temi legati alla contemporaneità, ad esempio nella selezione c’è un bel corto canadese, A Shore Away (L’Autre Rive, che ha ricevuto una menzione speciale), su un centro per persone senza casa. C’è un altro tema che ritorna, legato alla presenza femminile nel mondo del lavoro, e un fil rouge legato alle origini, come per il cortometraggio che abbiamo premiato, Mångata di Maja Costa, che vede protagonista un’astronauta afroamericana (interpretata dall’attrice nigeriana Stefany Frizzetti), e che elabora un discorso sui legami e l’appartenenza.

Questi temi sono presenti in parecchi corti documentari ma anche in quelli d’animazione, che si potrebbe pensare come sezione un po’ più libera e slegata da tutto (a parte ovviamente alcuni casi), ma in molti si riscontra una lettura della società e una forte aderenza alla realtà. Ad esempio Spring Roll Dream di Mai Vu, che oltre al racconto ha anche una tecnica stupenda in stop motion (e che abbiamo scelto come vincitore della categoria BEST ANIMATION).

Attualmente, secondo te, che tipo di valenza artistica ha il cortometraggio?

Ne parlavo anche con i ragazzi e le ragazze dell’organizzazione: a me piace partecipare a questi festival perché mi aiutano ad aggiornarmi. Non li frequento molto, per vari motivi di lavoro mi dedico più ai documentari e ai lungometraggi, internazionali e non, quindi è sempre un momento di confronto. Quello che vedo è che comunque alcuni cortometraggi, forse maggiormente quelli internazionali (nella totalità gli italiani sono meno e quindi fanno un po’ fatica a reggere il confronto), nel minutaggio sui venti minuti, danno l’idea di essere proprio dei film.

È interessante partecipare anche perché i cortometraggi hanno poi una serie di problemi legati alla distribuzione, quindi queste sono occasioni non uniche, perché per fortuna ci sono molti eventi dedicati ai corti, ma sicuramente importanti.

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Silvia Pezzopane
Ho una passione smodata per i film in grado di cambiare la mia prospettiva, oltre ad una laurea al DAMS e un’intermittente frequentazione dei set in veste di costumista. Mi piace stare nel mezzo perché la teoria non esclude la pratica, e il cinema nella sua interezza merita un’occasione per emozionarci. Per questo credo fermamente che non abbia senso dividersi tra Il Settimo Sigillo e Dirty Dancing: tutto è danza, tutto è movimento. Amo le commedie romantiche anni ’90, il filone Queer, la poetica della cinematografia tedesca negli anni del muro. Sono attratta dalle dinamiche di genere nella narrazione, dal conflitto interiore che diventa scontro per immagini, dalle nuove frontiere scientifiche applicate all'intrattenimento. È fondamentale mostrare, e scriverne, ogni giorno come fosse una battaglia.

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