Petite Maman, Céline Sciamma, 2021 - Teodora Film/MUBI Italia
Petite Maman, Céline Sciamma, 2021 - Teodora Film/MUBI Italia

Ritorno a Cergy-Pontoise: casa materna

Poco a nord di Parigi, lungo il fiume Oise c’è una cittadina non molto antica che si chiama Cergy-Pontoise. Un agglomerato urbano anonimo per qualcuno, ma non per gli appassionati di letteratura e cinema francese, poiché questa cittadina ha dato i natali non a una sola bensì a due grandi voci della cultura francese contemporanea: Annie Ernaux e Céline Sciamma. «Soeurs de combat», sorelle, compagne di battaglia, sono state definite.

Due donne che con la loro arte sono state (e sono) in grado di portare avanti uno scavo archeologico nel passato e nella propria e altrui infanzia – che è già di per sé un atto intrinsecamente politico con l’intento di demolire un racconto prestabilito della femminilità e dell’esser donne, ragazze e bambine. Basti pensare a libri come Una Donna, L’Evento e Memorie di Ragazza o alla trilogia filmica sull’adolescenza di Sciamma (Naissance des pieuvres, Tomboy, Bande de filles) che indagano più o meno apertamente temi come il lutto, l’aborto, lo stupro o il libero e sregolato sprigionarsi delle passioni. Un percorso parallelo il loro, fatto di parole e immagini portate ad intrecciarsi costantemente, e che ha in questa cittadina, luogo materno, uterino, l’epicentro. 

Giochi di bambine

In Petite Maman, ultimo film di Sciamma, la regista, dopo la magnifica “evasione” in una Francia in costume senza-tempo e senza-luogo di Ritratto della giovane in fiamme, torna a casa per narrare una nuova storia a misura di bambina. Un “piccolo” film, per la giovane età delle sue bravissime protagoniste, per durata, per la troupe ristretta – a causa della pandemia – che si presenta a prima vista come una fiaba “dark”, una fiaba nera, come si suol dire. Il meccanismo della magia apre così uno squarcio nel reale mettendo in dialogo passato e futuro. È così che Nelly, nei giorni che seguono al funerale della nonna, nel bosco nei pressi della casa di campagna dove è cresciuta la mamma Marion, s’imbatte in una bambina quasi identica a lei, intenta a costruire una capanna di legno. Anche lei si chiama Marion e non è altro che sua mamma da piccola…

Petite Maman, Céline Sciamma, 2021 – Teodora Film/MUBI Italia

Un immaginario eclettico, tra fantasy, fantascienza e non solo…

Il cinema degli anni Ottanta e Novanta ci ha abituato a simili salti temporali e viaggi nel futuro, ad incontri tragi-comici con i genitori ringiovaniti e molto altro, basti pensare al classico dei classici, Ritorno al futuro. Si tratta inoltre di un’opera, Petite Maman, che affonda profondamente nelle radici autobiografiche della stessa Sciamma e che attinge pertanto ad un ricco archivio filmico e televisivo fantasy e fantascientifico “nerdy”, come ammesso in più occasioni dalla stessa autrice. L’immaginario di cui si nutre il film, tuttavia, non si ferma qui, come scrive Ilaria Feole. È composto da un ancor più ricco e variegato «impasto eclettico di riferimenti e ispirazioni letterarie e cinematografiche».

Non si può certo prescindere dall’ispirazione offerta dal mondo dell’animazione nipponica, in particolare l’universo straordinario messo insieme dallo Studio Ghibli e dal maestro Miyazaki, in grado di mantenere l’originario potere apotropaico delle storie per bambini, conciliando fantasia e realtà, magia e dolore. 

Una piccola “rivoluzione”

Ma a considerare quest’opera come l’ulteriore e necessario tassello di un percorso strutturato che ha al suo centro la costante ricerca di una rivendicazione identitaria, la fluidità senza etichette e confini dei desideri e dei sentimenti, che è il cuore pulsante attorno cui si articola in cinema di Sciamma, verrebbe da pensare che in questo realismo magico messo in campo sia proprio l’eco di quello della letteratura d’Oltreoceano, con tutto il portato di magia ancestrale legata alla Natura, alla Madre Terra (anche qui  molto presente, dal bosco all’acqua – liquido amniotico per eccellenza).

Ed ecco forse che la casa «infestata» dalla piccola madre «ritornante», fantasma del passato, riecheggia La Casa degli Spiriti di Isabel Allende, che aveva cantato di generazioni di donne a confronto, ma anche le «donne abitate» di Gioconda Belli, madri e figlie, pronte a mettersi in discussione ed a lottare. 

Come le autrici citate, Sciamma in tutte le sue opere, Petite Maman compresa, ha voluto edificare «una minuziosa e composita architettura di affetti e desideri», ponendo l’accento su un atto di ribellione, su di un’urgenza più attuale che mai, ovvero, prendendo in prestito le parole Elisa Cuter, quella di «ripartire dal desiderio». 

In Petite Maman ci riesce maneggiando con la consueta intelligenza un genere come quello della storia di formazione, del coming of age a lei congeniale, che da Alice nel paese delle meraviglie in poi insegna alle bambine a sfuggire alle norme ed alle convenzioni, facendo di questo film una piccola rivoluzione. D’altronde come scrivevano Deleuze e Guattari, «di grande, di rivoluzionario non c’è che il minore».

Petite Maman era in concorso alla scorsa Berlinale e adesso arriva alla Festa del Cinema di Roma grazie ad Alice nella città. Sarà nelle sale italiane con Teodora Film, dal 21 ottobre e dal 2022 in streaming su MUBI Italia.

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