La sala per l’anteprima evento di The Sparks Brothers (Edgar Wright, 2021) è come me l’aspetto, minuscola e spopolata. Le poche persone in gruppo si raccontano come sono venute a conoscenza dei fratelli Mael: soprattutto attraverso le musiche (e la sceneggiatura) per Annette di Leos Carax. Ci sono altri tre spettatori spaiati, me compresa. Non so con che stato d’animo loro si stiano avvicinando al film, ma a naso direi che sono fortemente motivati, o almeno incuriositi. Questo perché è nella natura degli Sparks attirare solo chi presta abbastanza attenzione da distinguerne la peculiarità – a livello visivo, musicale, testuale. Da parte mia quando ho saputo del documentario è stato come vivere nella GIF tratta da The Universe di Tim and Eric, quella che fa

L’unica reazione sensata alla notizia dell’uscita di The Sparks Brothers.(The Universe I, II & III – Tim and Eric)

Perché, così come dice di sé il regista Edgar Wright, anch’io sono una fangirl.

Arcigno baffuto e belloccio svagato

Se mi si chiedesse come ho conosciuto gli Sparks tornerei indietro all’ottobre del 1994, quando Videomusic passava come video della settimana When do I get to sing “My Way”?. È una storia di gelosie e tentativi di riscatto falliti, fotografata e raccontata come un film anni ’40. Il singolo successivo, (When I kiss you) I hear Charlie Parker playing, girava in TV con un video collegato al precedente. Ron, l’arcigno baffuto, si contende la batterista Christi Haidon con Russell, il belloccio svagato. A tredici anni non sapevo chi fosse Charlie Parker ma una cosa degli Sparks mi arrivava chiaramente: erano dei tipi assurdi e mi solleticavano il recettore della stramberia. Decenni dopo me li ricordo ancora e li cerco su YouTube: ascolto Kimono My House. La GIF a commento è sempre la stessa.

Un memorabile enigma

Il paragrafetto nostalgico serve ad introdurre la memorabilità istantanea che raccontano tutti gli ospiti del documentario al primo approccio con gli Sparks. Memorabilità istantanea che ti pianta un seme nel cervello e si ripresenta a distanza di anni, per raccogliere quello che è venuto su nel frattempo. Wright li vede nel video di Beat The Clock quando ha cinque anni; li ritrova in TV quindici anni dopo, nel già citato video di When do I get to sing “My Way”?, sorprendendosi che siano ancora in circolazione. Flea dei Red Hot Chili Peppers ne osserva per anni una foto appesa a casa di un amico prima di riuscire finalmente ad ascoltarli. C’è chi ha sentito un pezzo di This Town Ain’t Big Enough For The Both Of Us alla radio rimanendone estasiato, senza sapere chi fossero e continuando a ignorarlo per parecchio tempo.

Russell e Ron Mael (Sparks)
Russell e Ron Mael (© 2021 Universal Pictures. ALL RIGHTS RESERVED.)

Il film

The Sparks Brothers ripercorre la carriera dei fratelli Mael attraverso i loro 25 album. Il materiale visivo è composto da filmati di repertorio, interviste a collaboratori e fan celebri, aneddoti raccontati da loro stessi su sequenze di animazione. Wright gli ritaglia addosso un film giocoso e incalzante che brilla per inventiva soprattutto nella prima parte, dove il materiale di archivio è più esiguo. Il racconto degli esordi e i primi due album (Halfnelson e A Woofer in Tweeter’s Clothing) è quasi interamente affidato a un montaggio di polverosi provini a contatto fotografici, che documentano concerti e sessioni di registrazione in studio. Difficilmente immagini in movimento avrebbero potute essere più evocative.

La seconda parte del film tende ad essere meno dinamica: album, progetti e collaborazioni sono troppi per stare tutti all’interno di un film da 140 minuti, senza sorvolare su quelli meno riusciti o glissare sui periodi di inattività. Ma d’altra parte è un documentario fatto da fan per fan (attuali o potenziali), e il puntiglio con cui affronta il materiale disponibile è quello di chi vuole rendere accessibile la storia di una band che ha vissuto e prosperato nell’ombra per cinquant’anni.

Gli Sparks e il cinema

L’estate del 2021 ha finalmente consacrato la presenza degli Sparks al cinema: ci sono voluti solo cinque decenni di fallimenti e progetti sfumati.

Il rapporto interrotto dei Mael col cinema risale ad inizio anni ’70, quando si parla di una collaborazione con Jacques Tati per Confusion, ultimo film della serie di Monsieur Hulot. Sarebbero due impresari americani chiamati a rimodernare una stazione televisiva della Francia rurale, ma i problemi economici e di salute di Tati mandano a monte il film. Nel 1977 partecipano in un cameo non accreditato a Rollercoaster, film catastrofico ambientato in un parco di divertimenti. Chiosa Ron: “catastrofico era soprattutto lo scarso afflusso di pubblico in sala”.

Il terzo e più doloroso tentativo è quello legato a Mai The Psychic Girl, un progetto di musical tratto dall’omonimo manga di Kazuya Kudo e Ryoichi Ikegami. Ron e Russell ci lavorano da metà anni ’80 fino al 1991, quando viene coinvolto Tim Burton come regista. Di lì a poco Burton uscirà dal progetto per realizzare Nightmare Before Christmas ed Ed Wood. Questo succede in un periodo critico per gli Sparks: gli ultimi due album in studio Music That You Can Dance To (1986) e Interior Design (1988) vanno male, e Gratuitous Sax & Senseless Violins arriverà a risollevare le sorti della band solo a metà anni ’90.

Does humor belong in music?

Lo humor fa parte della musica? La risposta dipende dall’industria di elezione. Per i comedian che integrano la musica nelle loro esibizioni: benissimo, sì, ottimo lavoro (Bo Burnham, Adam Sandler, Tim Minchin). Per i musicisti che fanno comedy music: da voi non ce lo saremmo mai aspettato (Sparks, Frank Zappa, Weird Al Yankovic). L’industria musicale vive con profondo sgomento la presenza dell’ironia nella musica pop, e trasmette efficacemente il suo pregiudizio agli ascoltatori.

Succede così che parecchi spettatori del film abbiano pensato che The Sparks Brothers, per il suo piglio, fosse un mockumentary su una band mai esistita.

Ricerche su Google su "The Sparks Brothers"
L’inconscio collettivo è largamente inconsapevole dell’esistenza degli Sparks al di fuori del documentario di Edgar Wright.

In realtà è un mockumentary su una band esistente, e non c’è nessuna contraddizione in questo. Almeno non finché ricordiamo che i Mael adorano diffondere informazioni fasulle sul proprio conto (essere i figli di Doris Day, aver fatto i modelli di mano).

In breve

The Sparks Brothers è un film forse imperfetto ma irrinunciabile, a certe condizioni. Se ti piacciono gli enigmi, i giochi di parole, le band misconosciute, i pazzoidi, le coppie artistiche di fratelli, il cinema noir, il pop orchestrale con testi demenziali, il vaudeville elettrificato con una punta di psichedelia.

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