Annette, Leos Carax, 2021 - Cannes Film Festival - Credits: I Wonder Pictures

Buio, sullo schermo nero una voce incorporea ordina di fare silenzio, trattenere il respiro e godere dello spettacolo: non poteva iniziare meglio di così, il Festival di Cannes 2021, aperto proprio da Annette. Dopo l’anno di blocco forzato, infatti, la Croisette torna a risplendere e sceglie di inaugurare l’edizione con un film platealmente metatestuale.

Annette e la mise en abyme: l’arte che parla di sé

Annette è il primo film in lingua inglese di Leos Carax, già insignito del Prix de la Jeunesse a Cannes nel 2012 per Holy Motors. È un musical rock, immaginifico e metaforico, che opera su più livelli e che proprio per questo può apparire inizialmente delirante, deviando di continuo dai percorsi che crea. Si compone di numerosi atti, divisi da transizioni nette, tranciate, che spesso lasciano molto nel non detto, chiedendo allo spettatore di elaborare i dettagli che man mano si aggiungono alla trama.

L’esperienza che racconta – totalmente maschile, nonostante il titolo – non è facile da metabolizzare o accettare senza un certo disagio. Sensazione che Leos Carax sembra propriamente inseguire, destabilizzando il pubblico, lasciandolo sempre scomodo sulla poltrona, con la chiara percezione della finzione sullo schermo.

Illuminante, in quest’ultimo senso, è proprio la sequenza iniziale, nonché primo numero musicale, in cui vediamo subito il regista davanti alla macchina da presa, rivolto verso il suo pubblico. Una rottura radicale della quarta parete che prosegue in maniera ancor più sorprendente, coinvolgendo gli Sparks (Ron e Russell Mael, co-autori del soggetto e della colonna sonora) e gli interpreti in una performance fuori dal tempo filmico. Prologo ed epilogo, infatti, incorniciano l’opera inserendola immediatamente in un regime di irrealtà in cui tutto è lecito e/o possibile. E allo stesso tempo ne esplicitano anche la dichiarazione di intenti.

In Annette, infatti, cinema, arte e musica dialogano continuamente e insieme parlano soprattutto di se stessi. Persino il tema principale, l’amore tossico, legato a doppio filo alla morte, nel classico connubio Eros e Thanatos, è affrontato su un piano di opposizione che si basa sulla performance. I due protagonisti Henry (Adam Driver) e Ann (Marion Cotillard) sono cioè rispettivamente un provocatorio stand-up comedian e un soprano. I loro mondi inconciliabili, eppure così attratti l’uno dall’altro, finiscono per collidere ed esplodere, ma non senza prima aver mescolato il sacro e il profano. Lo si nota esplicitamente nella loro sequenza di presentazione, ripetuta anche due volte per dar spazio alle due diverse esibizioni, in abisso, nel film.

La spirale rock di Leos Carax

Se volessimo descrivere Annette in un’immagine mentale, sarebbe una spirale, un effetto domino che rende impotenti, immobilizzando il pubblico e tagliandogli il respiro. Le note degli Sparks accompagnano e completano la trama, diventando mezzo di espressione dei pensieri dei personaggi. Al tempo stesso vivono per se stesse, come nella splendida sequenza dedicata al Direttore d’orchestra (Simon Helberg, in un ruolo minore ma essenziale), in cui è egli stesso a interrompere il suo monologo per lasciare che la musica si impossessi del primo piano.

A trascinare gli eventi, come detto, è una storia d’amore di cui non vediamo né l’inizio né propriamente lo sviluppo: Henry ed Ann si amano e basta, senza bisogno di spiegare come o perché. Ce lo cantano, chiaramente, in quel we love each other so much, (chiacchieratissimo) numero musicale che porta subito dopo alla nascita della figlia, Annette.

Annette è l’elemento che smuove ogni equilibrio precostituito, sia nella coppia sia nel film. Esplicita innanzitutto l’aspetto metafisico e onirico del racconto, stravolgendo l’esperienza dello spettatore. In secondo luogo porta a galla i conflitti personali e psicologici tra Henry ed Ann. Inoltre introduce un tema estemporaneo, in uno dei deragliamenti voluti dell’opera.

La bambina infatti è un oggetto inanimato nelle mani dei genitori. Amata nel profondo sì, ma anche sfruttata per tornaconti economici o di immagine. E sembra che qui, nell’ultimo atto, Leos Carax si lanci improvvisamente in una critica, estremamente europea, del sistema dell’entertainment statunitense, rappresentandolo come volgare, parossistico e spregevole. Qualcosa di apparentemente slegato dalla trama iniziale, che però servirà per tentare, forse, di redimere Henry alla fine del film, o renderlo ancora più terrificante.

Henry e Ann: tormento, amore e morte

Senza ombra di dubbio, infatti, Henry è il vero protagonista e Adam Driver oscura incredibilmente una già meravigliosa Marion Cotillard. È banale dirlo, ma innanzitutto Driver domina la scena fisicamente: è possente e potente. Il contrasto della sua voce e del suo corpo con la voce e il corpo di Cotillard rappresenta già buona parte dell’oscuro magnetismo di Henry. In secondo luogo – e questo è merito della scrittura – è il film stesso che lo spinge progressivamente al centro delle vicende. Sono sue, per esempio, le prime parole che ascoltiamo nell’autodescrizione di questa storia d’amore. E ciò fa sì che l’allineamento del pubblico con il personaggio sia pressoché immediato, mentre Ann diventa sempre più defilata e trasparente. Un vero e proprio fantasma [ricordate queste parole!], totalmente in balia di Henry, come nella scena-chiave immortalata nella locandina ufficiale.

Annette  Poster ufficiale - I Wonder Pictures
Annette Poster ufficiale – Credit: I Wonder Pictures

Importante, tuttavia, è comprendere che questa visione maschile e maschilista, possessiva e tossica dell’amore non è indulgente nei confronti di Henry. Forse è eccessivo dire che abbia una funzione di denuncia, ma sicuramente pungola la sensibilità del pubblico, lo induce a provare disprezzo o persino paura per il suo stesso protagonista. In altri termini, il male gaze è onnipresente ma è anche ribaltato, rimodellato e reso spaventoso, ai limiti dell’incubo.

C’è un orrore alienante e una bellezza sublime in questo film. Il fascino di Annette sta proprio in questo. E la sua straordinarietà sta nel risucchiarci dentro una storia che razionalmente dovrebbe respingerci, ma che in realtà non può lasciare indifferenti. Come Henry uccide il suo pubblico ferendolo con l’umorismo brutale in cui nasconde la verità, così Annette usa il suo stesso status di opera filmica, di finzione, per farci sbirciare dentro l’Abisso e uscirne indenni quando le luci si riaccendono in sala.

Lo amerete, lo odierete, a volte persino anche nello stesso momento e già questo vi fa capire quanto è incredibile il lavoro di Leos Carax.

Se siete arrivati fin qui senza aver ancora chiara la trama, è perché qualsiasi altro dettaglio rovinerebbe l’esperienza di questo film in sala. Non perdetelo, uscirà prossimamente con I Wonder Pictures.

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