Sebastian Stan in The Apprentice di Ali Abbasi
Sebastian Stan in The Apprentice di Ali Abbasi. Courtesy of BiM Distribuzione

Sebastian Stan nonostante abbia ricevuto l’invito, non parteciperà ad Actors on Actor, il consueto appuntamento pre-Oscar di Variety in cui si confrontano i protagonisti della stagione (sperando in una probabile nomination agli Academy). Il motivo? Nessun altro vuole parlare del neo eletto presidente Donald Trump, di cui Stan rappresenta una giovane e tutt’altro che lusinghiera versione in The Apprentice di Ali Abbasi. Ne abbiamo parlato in questo articolo.

A renderlo noto è l’interprete stesso durante un incontro con il pubblico e immediatamente riportato da IndieWire. Poche ore dopo arriva anche la conferma da uno dei redattori più noti di Variety, Ramin Setoodeh, che rilascia una dichiarazione a IndieWire. «Ciò che ha detto Sebastian è accurato», sostiene. «L’abbiamo invitato a partecipare ad Actors on Actors, il principale franchise della stagione dei premi, ma gli altri attori non hanno voluto fare coppia con lui per non parlare di Donald Trump».

Stan, inoltre, come riporta sempre IndieWire, ha sottolineato come questo episodio sia un brutto segno per il Paese, perché la paura o il disagio nel parlare di questo film si traduce in paura e disagio nel parlare del presente: «Capisco che sia una questione difficile da affrontare al momento e che le emozioni sono molto intense, ma non si può continuare a far finta che questa persona (Trump, ndr) non esista o che non abbia vinto il voto popolare», ha proseguito l’attore. «Non dovremmo, invece, cogliere l’occasione per guardare questa persona più da vicino, capire cosa c’è in lui che ha creato tutto questo?».

La posizione controversa di Hollywood su Trump

Per la prima volta da molti anni, gli endorsement di Hollywood non hanno avuto alcun effetto sulle elezioni statunitensi, probabilmente per la netta polarizzazione politica e sociale (e Civil War l’ha già ben raccontato mesi fa) in cui i progressisti democratici rappresentano una minoranza spesso percepita come privilegiata. La pancia del Paese, invece, non solo è rimasta repubblicana, ma si è radicalizzata nel Maga di Trump.

Ciò che cambia questa volta è anche l’umore generale. La sensazione che esprimere la propria opinione possa essere non solo inutile, ma anche controproducente. Con la grande, e importante, eccezione degli artisti afroamericani o appartenenti a minoranze, che dal primo minuto dopo l’elezione di Trump hanno spesso condiviso le parole del premio Nobel Toni Morrison, rendendole virali sui social: è nei momenti di crisi che c’è più bisogno degli artisti.

Proprio quest’ultima è l’idea che ha reso il primo mandato di Trump, più o meno consapevolmente, un quadriennio ricchissimo per il cinema politico statunitense: dall’Oscar a Moonlight alla rinascita del black horror con Jordan Peele, fino alla satira sfacciata di BlacKkKlansman e l’enorme successo di Black Panther.

Se le premesse, tuttavia, nel 2024 sono queste – una sedia vuota accanto a Sebastian Stan – forse il futuro ha bisogno di artisti ben più coraggiosi. Lo ricorderemo guardando i nomi degli Actors on Actors.

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