Falcon Lake, Movies Inspired
Falcon Lake, Movies Inspired

In estate tutto diventa più lento e il mondo della musica non fa eccezione. Quindi, tra un concerto e l’altro, il team di Conza, ufficio stampa musicale con sede a Milano, ha deciso di rispolverare la sua passione per il cinema attraverso una nuova rubrica creata apposta per FRAMED, AL CINEMA CON, in cui commenterà i film presenti nelle sale milanesi insieme ad alcuni dei suoi cantautori.

Il primo a partecipare è stato Colombo, artista originario di Brescia.

Falcon Lake di Charlotte Le Bon

Siamo a Milano: pieno luglio, con l’asfalto che brucia e tutto che sembra per esplodere in un temporale. È una di quelle sere estive dove in centro la gente si riversa su via Torino, a riempire i negozi, i tavolini e i timidi ritorni a casa infrasettimanali. Il cinema rimane sempre la cosa migliore.

Appuntamento all’Eliseo con Colombo, al secolo Alberto Trevaini, che ha scelto di andare a vedere Falcon Lake. Un cinema che ci piace: con il barettino all’ingresso, le sale con i nomi dei registi, da Kubrick a Olmi, e una calma piatta che non fa che farci sentire a casa. Siamo da soli in sala, una sala intera per noi, non ci capitava da quando andavamo al cinema invece che andare a scuola.

Esordio alla regia di Charlotte Le Bon, Falcon Lake è un piccolo e angosciante romanzo di formazione à deux in cui due ragazzi scoprono, e si scoprono, nei propri acerbi limiti alcolici, sessuali ed emotivi, facendo lo slalom tra l’occhio semi-vigile dei genitori in vacanza, dei ragazzi più grandi e del lago, Falcon Lake (nella campagna del Quebec, se come me non avete idea di dove sia), con tutte le sue leggende metropolitane che coinvolgono suicidi e morti misteriose, mai confermate da nessuno.

Chi è Colombo (Alberto Trevaini) e come dialoga la sua musica con Falcon Lake

Colombo/Alberto mette le mani avanti: non ha scelto il film per un motivo specifico legato al suo disco, anche se forse qualche in questa sua scelta sconsiderata e istintiva, più di un punto di contatto potremmo trovarlo.

Facendo un passo indietro: Colombo è un cantautore di Brescia, ma di stanza a Milano, reduce dalla pubblicazione di un EP dal titolo Where children strove, titolo che potremmo tradurre con dove i ragazzini hanno lottato. Qui convivono influenze che vanno da James Blake ai Coldplay, vibes britanniche simil Kodaline e l’innegabile devozione a Jeff Buckley che si intreccia alle melodie ispirate da Dvořák (Sinfonia Dal nuovo mondo), Chopin (Notturno op.9 n.2), Tchaikovsky (Concerto per pianoforte e orchestra) e Ravel (Concerto in sol). Il tutto confluisce e si fonde con i versi eterni di Emily Dickinson, poetessa a cui Colombo ha scelto di dedicare questo disco e questo suo periodo artistico.

E nonostante Alberto non abbia inizialmente pensato a nessun punto di contatto tra il suo disco e il film, sembra incredibile come già a partire dal titolo Where children strove possiamo ritrovare quell’emotività di subbugli adolescenziali su cui ruota tutta la trama del film: lei ha sedici anni, lui un paio meno, lei ha già i ragazzi che la inseguono, lui che si vergogna persino a guardarla, ma si lascerebbe affogare pur di farlo, con tutte le sofferenze collaterali del caso, che la Dickinson, con i suoi amori totalizzanti e malinconie oscure, sapeva raccontare così bene.

Alberto ha vissuto un’amicizia simile una volta, lei più grande, a dormire insieme senza farsi troppe domande, senza sfiorarsi nemmeno, ma forse c’era qualche tensione che all’epoca non si riusciva a decifrare. Niente di che, comunque, non ha mai rischiato di affogare per lei, però le cose non dette gli piacciono parecchio.

Del film ha amato la fotografia, le tinte pastello scure, non il formato 4:3 (forse dopo Wes Anderson e Xavier Dolan non è più necessario), gli attori pazzeschi e giovanissimi, e il fatto che fosse tutto così verosimile. Tantissime volte ci siamo ritrovati, come nel film, a feste di sconosciuti, vestiti in modo sbagliato, a desiderare di attaccare bottone con il nostro amore perduto, che puntualmente si sta limonando qualcun altro. Concludiamo che tra lui e lei, siamo degli sfigati, siamo lui.

In sintesi

Vedere Falcon Lake e ascoltare Colombo (e di conseguenza i versi di Emily Dickinson) potrebbe salvarvi i nervi se state vivendo un’estate tormentata, una seconda adolescenza, e se pensate che nessuno possa capire la vostra solitudine esistenziale. La stessa di quando, a quindici anni, ascoltavate chili di musica per ore, isolati dal mondo, alternando chili di serie televisive.

Colombo e la regista Charlotte Le Bon condividono questo pathos ma anche un punto di vista femminile non convenzionale, in cui le ragazze non sono delicate anime in pena, ma emotivamente violente ed estreme, e sono seduttrici inconsapevoli.

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