Nel suo libro-ode alla città simbolo dell’Occidente (Here Is New York, 1949, ndr), E. B. White scrive che dei tre tipi di New York che esistono – quella di chi ci è nato e la prende per scontata, quella delle “locuste” che la divorano di giorno per poi tornare a casa la sera – è “la New York di chi è nato altrove ed è venuto a New York in cerca di qualcosa” a spiegare “il suo portamento poetico, la sua dedizione alle arti e le sue incomparabili conquiste”.
È a questa terza categoria di persone che appartiene Nan Goldin, fotografa e attivista politica contro le lobby farmaceutiche. Ma sono gli aggettivi più che i nomi di professione a qualificare al meglio il suo operato: provocatrice, antisistemica, arrabbiata, diversa.
Laura Poitras, fuoriclasse del documentario politico, sorvegliata speciale del governo statunitense, già vincitrice di Oscar con la sua opera su Edward Snowden Citizenfour, vince con All the Beauty and the Bloodshed – Tutta la bellezza e il dolore, nel titolo italiano – il Leone d’oro della 79ª edizione della Mostra del cinema di Venezia. Riassume in quest’opera-ritratto l’incredibile vita di Goldin in quadri godardiani che permettono allo spettatore di entrare senza filtri nelle stanze, negli anni, nella vita privata e pubblica di una donna che ha dedicato la sua esistenza all’arte e alla lotta.
In primis quella contro la potentissima famiglia Sackler, proprietaria di Purdue Pharma, l’azienda farmaceutica ritenuta responsabile della diffusione dell’ossicodone, potente oppiaceo che ha causato la dipendenza, tra cui quella della stessa Goldin, e la morte di centinaia di migliaia di persone negli Stati Uniti.
La lotta contro la famiglia Sackler come filo conduttore
I Sackler sponsorizzano alcuni dei più importanti musei al mondo. Ed è in questi musei, in cui spesso lei stessa espone, che Nan Goldin svolge le sue azioni di protesta insieme a un folto gruppo di sostenitori – storica la vittoria dell’ala del Louvre, che dal 2019 non porta più il loro nome.
Nell’intimità della sua casa, in una mostra di diapositive poi diventata la sua più famosa raccolta, The Ballad of Sexual Dependency, Nan Goldin racconta alla regista e al pubblico la sua vita nella dura New York degli anni Settanta e Ottanta e dei momenti più significativi: quella foto poi diventata simbolo del suo lavoro, “Un mese dopo essere stata picchiata”, era la conseguenza di una relazione tossica con un uomo violento.
Nan Goldin aveva scelto di pubblicarla senza intenti politici, dice lei. Ma non è tutta qui la sofferenza di una donna che ha avuto una vita difficilissima: autoesiliatasi da una casa d’abusi, con una sorella rinchiusa dai genitori in un manicomio, poi suicidatasi per la troppa sofferenza; povertà, prostituzione, pestaggi, tossicodipendenza, solitudine.
Una delle poche sopravvissute di una generazione scintillante ma scellerata, i cui eccessi documenta con cura nelle sue fotografie, non c’è ormai più nulla che possa scalfire la voglia di Nan Goldin di operare per un mondo migliore. È questa forse la sua più profonda interpretazione dell’arte, la sua più grande lezione: amare la vita e ritrarla (anche quando fa male).
All the Beauty and the Bloodshed è al cinema come evento speciale i IWonderPictures dal 12 al 14 febbraio.
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