Seguito del film con più incassi di sempre, Avatar – La via dell’Acqua (Avatar: The Way of Water) di James Cameron segue le avventure della famiglia Sully (Jake Sully e Neytiri, rispettivamente Sam Worthington e Zoe Saldana, e i loro tre figli) alle prese con un vecchio nemico.
Trama con qualche spoiler
La via dell’Acqua si apre con quello che sembra un epilogo del prequel e un prologo agli eventi che occuperanno la sezione centrale del film. Vediamo come Jake e Neytiri si sono costruiti una numerosa famiglia, ma ben presto il loro idillio crolla sotto la vecchia guerra tra umani e na’vi. La guerriglia si intensifica, mettendo a rischio le vite stesse dei figli di Jake. E poi appare lui: torna il colonnello Miles Quaritch, salvato dalla tecnologia avatar e in cerca di vendetta da Jake Sully.
All’eroe appare chiaro che la guerra non ha nulla a che fare con gli Omaticaya. È un affare personale. Dunque i Sully devono fuggire, andare lontano, tra i clan marittimi. Cameron dedica un ampio spazio all’interazione che vede i protagonisti alle prese con le usanze del clan dei Metkayina, un clan del mare che abita la cosiddetta zona del riff. Na’vi che sono in contatto con la Grande Madre tramite il mare e i suoi abitanti. Ma la guerra è pronta a scovarli fin nella baia dove sono fuggiti.
Tema centrale è la famiglia, l’appartenenza. Attraverso la percezione dei figli di Sully e del giovane umano Spider (Jack Champion), ci troviamo ad assistere ad una danza di emarginati in lotta per trovare un proprio posto nel mondo. Tutte le comuni dinamiche familiari di accettazione e riconoscimento, dell’obiettivo di rendere orgogliosi i propri genitori e rispettarne la volontà, si ritrovano nel quadro della famiglia Sully alle prese con la conquista della loro identità. Ognuno dei figli di Jake e Neytiri è depositario di un carattere diverso che ne fa un personaggio unico.
La tecnologia che unisce e divide
Per tutto il film ci vengono mostrate le differenze tra na’vi, inclusi i figli di Sully. Marchiati dal loro essere ibridi, fanno fatica inizialmente ad integrarsi con altri giovani della loro età, poiché visti come mostri, reietti. Anche a causa di ciò siamo portati a interrogarci sulla condizione delle creature nate dalla tecnologia e simili in tutto ai na’vi: sono veri na’vi? E quali altre possibilità potrebbe determinare la scienza che li ha creati?
Inoltre, tanto questo quanto il primo capitolo della saga vertono intorno alla presenza di un materiale dal valore inestimabile che gli umani devono estrarre da Pandora. Ancora una volta il messaggio che tutto quello che viene fatto alla terra è una cicatrice che resta anche su di noi è il sottotesto di ciò che Cameron vuole raccontare.
Da menzionare a questo proposito due momenti presenti in Avatar 2 che lasciano a bocca aperta: l’atterraggio incendiario delle astronavi umane e la sequenza della caccia per mare. Quest’ultima è un trionfo di quello spreco che sempre ha minacciato la vita di animali come bisonti e balene, cacciati dagli uomini occidentali.
L’ottusità della guerra
La realtà di Pandora non cambia: anche stavolta gli indigeni sono semi-impotenti di fronte alle vaste squadre dell’esercito degli umani. Sappiamo che i na’vi non sono dei guerrieri votati allo scontro, ma principalmente cacciatori orgogliosi.
Ancora, però, si trovano di fronte alla necessità di non lasciare che gli umani torturino i fratelli e distruggano le terre dei clan. È da questa insensata guerra, che ruota attorno al debito che Quaritch (Stephen Lang) ha con Jake Sully, che quest’ultimo fugge.
Ormai Jake non è combattuto tra gli esseri umani e gli indigeni: a più di dieci anni dalle vicende del primo film, la sua vita è cambiata, è un indigeno riconosciuto da tutti i clan come un grande guerriero. Ma cosa ancora più importante, è un padre con la responsabilità della sua famiglia, per la quale è disposto a qualsiasi cosa. Più di tutto vediamo come cerca di tenere i propri figli lontano dagli orrori della guerra, che ahimè conosce fin troppo bene.
Ancora una volta un film pionieristico, con pro e contro
Sappiamo benissimo che anche nel primo Avatar non era la trama ad attirarci, o almeno non solo, i suoi meriti erano ben altri. Anche stavolta non siamo di fronte ad una trama complessa, ma Cameron ha concepito di nuovo un film le cui tecnologie sono futuristiche.
A proposito della tecnica il regista ha confermato le sue affermazioni secondo cui un film pensato per il 3D è tutta un’altra cosa rispetto a un film il cui formato 3D viene rilasciato in un secondo momento. In Avatar: La Via dell’Acqua ci sono scene di nuoto e di interazioni tra na’vi e creature marine visivamente mozzafiato.
Arrivando però ai contro, il film dura tre ore e dieci minuti, mezz’ora in più rispetto al primo capitolo, la durata si inizia a sentire dopo un po’ poiché non riesce a gestire tale lunghezza con equilibrio. Specie perché la sezione conclusiva sembra impostare il finale almeno tre volte, illudendoti che sia finito. Inoltre, sebbene alcuni moventi della trama del film sono inattesi, ci sono vari colpi di scena che sembrano essere scontati dopo la prima ora.
Avatar: La Via dell’Acqua, le prospettive future
Avatar: La Via dell’Acqua è un’esperienza sensoriale, arricchita dalla meravigliosa musica di Simon Franglen, che folgora lo spettatore e lo lascia in balia di questi scenari così puri e sacri. È un film che ingloba chi guarda e lo fa assistere ad un viaggio emozionante.
Negli ultimi giorni è trapelata l’indiscrezione che dovrà incassare almeno due miliardi di dollari per rientrare nella spese. La sua corsa al botteghino deciderà le sorti future della saga. Noi possiamo solo caldeggiare la sua visione a tutti voi, consigliandovi di guardarlo al cinema e attendere qualche giorno per vedere quale sarà il destino del progetto Avatar.
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