Boris Godunov
ph Brescia e Amisano ©Teatro alla Scala

In occasione della Prima di Boris Godunov, il Teatro alla Scala ha ricevuto inaspettatamente la donazione dei costumi di Boris della storica produzione 1956. La donazione è stata fatto dal figlio di Nicola Rossi-Lemeni – grande basso che aveva interpretato lo zar-regicida in quella stagione. 

Un vero e proprio corredo arrivato , o meglio, tornato da oltreoceano. E così, fino all’ultima rappresentazione dell’opera (il 29 dicembre), due Boris si divideranno gli spazi del Piermarini.

Il costume del 1956 – Un Boris terribile e divino

Nel 1956 Nicola Benois, storico e direttore degli Allestimenti Scenici del Teatro alla Scala, aveva firmato le scene e i costumi di una nuova produzione del Boris Godunov. Il gioiello della corona di quell’allestimento maestoso, fu il costume regale, realizzato dalla sartoria della Scala su disegno dello stesso Benois.

Quel costume, insieme ad altri, ha fatto ritorno in questi giorni al Teatro alla Scala. In uno stato di conservazione  sorprendente (se si considerano gli anni), è tagliato in una pesante e sontuosa stoffa con fili metallici nell’armatura, tutto trapuntato con perle, gemme di vetro e applicazioni in filigrana. Un peso incredibile ma che, se indossato, è in grado di far emergere la natura terribile e divina della figura dello zar.

Il costume di Boris dell’edizione 2022 non manca certo di opulenza: tuttavia racconta un diverso tipo di personaggio. Ildar Abdrazakov  è un Boris che sprofonda e soffoca in quella cappa. Uno zar che nonostante la corona non domina ma, come un nuovo Re Mida, è schiacciato dallo stesso oro di cui si ammanta e che ha ardentemente bramato.

Anche da un punto di vista estetico i due costumi sono diametralmente agli antipodi. Se è vero che in entrambe le versioni non manca la ricchezza degna di una storia di zar,  il costume di Boris del 2022  risulta a suo modo fresco e (in senso lato) essenziale. Questa stessa linea stilistica la si ritrova in tutti gli altri pezzi della produzione, puliti e leggeri, pur nella loro complessità di forme.

I costumi di Ida Marie Ellekilde per il 2022 – Sintesi della tradizione

Operazione non facile lavorare su un titolo come Boris Godunov. Se si imbocca la strada della tradizione si corre il rischio di cadere nel didascalico o nel kitsch. Se si punta sulla tanto sdoganata “modernità”, si rischia di perdere la ricchezza del mondo ortodosso e del significato dei simboli – elementi fondamentali per la drammaturgia. La costumista Ida Marie Ellekilde è riuscita a unire queste due strade: l’operazione, efficace, è molto vicina a quello che si ritrova nelle opere dell’artista russo Andrey Remnev. Ne emerge una sintesi snella e pulita della tradizione russa, grazie a una serie di scelte stilistiche azzeccate. Anzitutto la scelta delle tinte: i colori sono puri, schietti: ori, rossi, gialli, blu. La quasi totale assenza di patine (generalmente punto chiave di un buon costume teatrale) in questo caso è un punto di merito. In questa essenzialità e pulizia cromatica risaltano le fogge dei costumi, strutturati e complessi, si guardi al magnifico coro rosso.

ph Brescia e Amisano ©Teatro alla Scala Coro dei pellegrini

Costumi figli del loro tempo 

La scelta stilistica della costumista Ida Marie Ellekilde  è coerente al tipo di impianto scenico pensato per questo 7 dicembre, lineare ed essenziale nella sua complessità. Ma c’è di più. I due Boris  a confronto, il vecchio e il nuovo costume, sono specchio di due epoche storiche diverse. Da un lato gli anni ’50, dell’espansione economica, della nuova Milano ricostruita. Epoca di ricami veri, rifiniture da sartoria di alta moda (con fodere in raso!) e perle cucite a una a una. 

Dall’altro, il presente: oggi questo approccio è cambiato o sta cambiando. È lo stesso costume a chiedere di respirare un’aria nuova, per meglio dialogare con il pubblico, appropriandosi anche delle logiche della moda attuale. Il rigore dell’abbigliamento degli anni ’50 (quando ancora esisteva un’etichetta) ha lasciato spazio oggi a contaminazioni e maggiore fluidità maggiore che si manifestano come rivisitazione e reinterpretazione.

Per non perdere la Prima e i suoi splendidi costumi, vi ricordiamo di collegarvi su RaiPlay o Rai1 dalle 17:45. Per aggiornamenti, continuate a seguire FRAMED. Siamo anche su FacebookInstagram e Twitter.

Roberto Boldini
Sono un ragazzo di campagna con la testa tra le nuvole immerso tra mille progetti, se fossi una canzone sarei Confessioni di un malandrino di Branduardi. Dopo la laurea in Scenografia a Brera ho intrapreso un corso di specializzazione presso i laboratori della Scala. Quello che più mi piace è raccontare punti di vista: lo faccio disegnando, scrivendo, progettando. Più che le storie mi attraggono le persone, la loro psicologia, come vengono resi sullo schermo o su un palco il loro dramma interiore e la loro personalità (fantasticando su come le renderei io).