Il migliore dei mondi locandina

Nella sua prima apparizione al Letterman Show, Larry David estromette da una fantomatica comunità calva Paul Shaffer, conduttore musicale della trasmissione, perché dissimula la sua calvizie reale con una rasatura a pelle. Sembra un classico pretesto polemico da comico newyorchese, eppure non è difficile trovare il senso dietro alla battuta: c’è chi sente il bisogno di nascondere le proprie vulnerabilità e chi, mostrandole, si libera dal loro potere inibitorio.

Ne Il migliore dei mondi succede qualcosa di simile con i due fratelli Storto. Alfredo (Pietro Sermonti) indossa con sincerità la sua lanugine craniale residua, alcune idee incendiarie e un ventre pingue nutrito a supplì. Ennio (Maccio Capatonda) maschera dietro la superficie lucidona della pelata una tendenza a vivere al 40% del coinvolgimento emotivo, ottimizzando input e output con l’aiuto della tecnologia. Assieme, dovranno risolvere l’enigma di due presenti alternativi: uno dominato da algoritmi e videorecensioni, l’altro fatto di modem a 56K e cabine telefoniche.

Il salto di banda

La differenza tra i due mondi è abissale: il tecno-Ennio viene sopraffatto da una quotidianità caotica e laboriosa, dove non c’è spazio per la coolness studiata a tavolino del suo presente iphonico. Una quotidianità dove non ci sono recensioni e che se poi te ne penti lo puoi scoprire solo dopo, non prima. Una quotidianità dove l’impaccio fisico di strumenti comuni (la stampante, la cartina geografica) ti fa perdere tempo e sanità mentale. Ma soprattutto, una quotidianità dove per sopravvivere è ancora necessario entrare in relazione diretta con le persone, quegli esasperanti ammassi di tratti distintivi impossibili da riassumere nella bio di Instagram.

Le potenzialità comiche del soggetto tecnologico non sono sconosciute a Capatonda (che si dice fan di Black Mirror). È di un anno fa il corto promozionale La novità hi-tech di cui non potrete più fare a meno, dove l’albero viene presentato come potente dispositivo che spunta tutte le caselle del marketing fuffarolo (eco-friendly, waterproof, senza necessità di ricarica e così via). La tecnologia è forse ineliminabile dalle nostre vite, ma nulla ci vieta di criticarne gli assurdi corollari ideologici.

In breve

Lasciate da parte le caratterizzazioni caricaturali delle produzioni precedenti, Il migliore dei mondi è un film “serio” che inserisce la comicità capatondiana nella descrizione di scenari familiari in un’ottica straniante. Ci sono i nomi buffi, i personaggi inadeguati, i commenti meta che interrompono il flusso narrativo; ma sono messi discretamente a servizio di una trama che regge il film in maniera coerente, con giusto qualche sfilacciatura nell’ultima mezz’ora. Maccio lo definisce disto-dramedy, e della sua capacità di navigare fra i generi possiamo fidarci. È un film leggero ma non inconsistente, dove i cali narrativi occasionali sono più che bilanciati da una manciata di situazioni memorabili, tratteggiate con acume beffardo.

Disponibile dal 17 novembre su Prime Video.

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