Si è tenuta a Cosenza la settima edizione del Laterale Film Festival (1-3 settembre 2023). Promosso dall’Associazione Culturale Laterale, l’evento ha portato negli spazi del Cinema San Nicola di Cosenza tre giorni di visioni e condivisione. La rassegna comprendeva venti opere: venti cortometraggi molto diversi tra loro eppure legati dalle domande relative alla rappresentazione della realtà.
Nel formato breve le autrici e gli autori trovano la loro forma ideale di narrazione, il ritmo scelto per ogni cortometraggio apre a sua volta molteplici livelli di interpretazione e definizione. In particolare, ne ho scelti quattro, diversissimi eppure basati tutti sul concetto di dialogo tra tempi, arti, mondi apparentemente distinti, e tale dialogo costruisce un ponte significativo, per comprendere il presente.
L’estate è finita – Appunti su Furio, di Laura Samani
Cosa mi ha fatto innamorare di questa persona che adesso detesto? L’estate è finita – Appunti su Furio, di Laura Samani, dura quindici minuti ma raccoglie una storia che si propaga oltre. Le immagini provengono da pellicole amatoriali, la voce fuori campo è quella di una donna che dopo anni lascia l’uomo che amava praticamente da sempre, da quando erano entrambi bambini, e si incontravano al mare ogni estate, prima a gareggiare per chi fosse più abbronzato, poi a baciarsi, per la prima volta, senza sapere bene come fare. Il corto inizia con il loro addio e torna poi indietro.
L’autrice crea un legame tra realtà ed immaginazione: interpreta un flusso visivo montato come un film delle vacanze che riassume il percorso della protagonista portandola a raccontare quella storia d’amore con malinconia, immagina una vita, una famiglia, dei legami, giochi e momenti di intimità. Come uno stralcio di diario le parole della narratrice (Elena Ferrantini) trovano un nuovo senso per filmati in cui i personaggi non sono attori e non hanno nomi. I ricordi diventano film, il film inventa ricordi, e gli appunti su Furio suscitano una potente nostalgia.
La casa del bosco, di Giovanni Benini e Luca Mantovani
Verità e sogno si sovrappongono evocando letteratura e miti ne La casa del bosco, di Giovanni Benini e Luca Mantovani. I personaggi dell’opera sono ospiti della Comunità Terapeutica “La Genovesa”, non attori, bensì protagonisti di storie che vanno ad intrecciarsi in un luogo che da decenni accoglie persone con dipendenze, e nel quale si incontrano i ricordi di ognuno e le proiezioni oniriche, evocative e poetiche.
Il bosco è lo spazio circostante, che avvolge una casa in cui affrontare le proprie debolezze, gli errori e i demoni, la memoria vacillante di chi crede di ricordare angeli e labirinti. Il bosco è quello delle parole di Anna Maria Ortese, i cui testi vengono sovrapposti alle immagini da una voce narrante che guida lo sguardo in un’avventura tra sonno e veglia. In sonno e in veglia (1987) è proprio il libro di racconti della scrittrice che contiene La casa del bosco, che fa da titolo al lavoro di Benini e Mantovani. Nel limbo della casa d’accoglienza santi e fantasmi dialogano e ricordano, unendosi in una danza che porta luce, curando il passato.
Flumina, di Antonello Matarazzo
La musica “trasporta” le figurine di carta di Antonello Matarazzo su panorami fotografati e statici che improvvisamente acquistano dinamismo, diventano scenari di una caotica narrazione che coinvolge due piani diversi, grazie all’animazione elegante scelta per le piccole creazioni artistiche.
La gioia del movimento è un turbine che rapisce anche se per pochissimi minuti, il tempo di riuscire a sentire le voci dei “personaggi”, nonostante le loro parole siano scritte su fumetti che tengono in mano. L’opera materiale si inserisce nell’immagine statica, coinvolgendo gli spettatori come in una favola tutta da immaginare.
Ritratto temporale II – Emanuele, di Ilaria Pezone
È il quadro che ti chiama. L’artista Emanuele Sartori viene ritratto al lavoro da Ilaria Pezone. Il suo procedimento artistico si avvale di sovrapposizioni e stratificazioni: Sartori “mette insieme” stralci di foto tagliate da libri e pittura, trova un’armonia tra elementi che ad un primo sguardo appaiono disarmonici, come accade nel mondo di tutti i giorni. Spezzettare e ricomporre le immagini è un lavoro volto a nobilitare, nel risultato finale, anche lo spazio vuoto, come parte significante alla pari delle figure.
La regista mostra l’intimità degli spazi dove l’artista vive e crea, lascia che si racconti a parole ma soprattutto attraverso i quadri appesi, gli oggetti che gli appartengono, i dubbi di fronte all’effetto finale del quadro appena realizzato. Nell’arte Sartori cerca il senso delle cose, e il ritratto a lui dedicato ne riporta l’essenza complessa e affascinante.
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