Dev Patel in MONKEY MAN. Universal Pictures
Dev Patel in MONKEY MAN. Universal Pictures

Alcuni sono dichiarati, altri li abbiamo trovati per gioco e per libere associazioni: ecco i riferimenti, i significati e le citazioni cinematografiche di Monkey Man di Dev Patel. Qui la nostra recensione.

Un grande film d’azione che, come ogni opera prima, vive e si anima delle immagini che hanno ispirato il suo autore prima di tutto come spettatore. Patel, regista-sceneggiatore-protagonista, si mette alla prova in lunghi e super coreografati combattimenti corpo a corpo che lo rendono l’eroe indiscusso di un’opera che comprime, e fa esplodere uno nell’altro, il cinema d’azione americano, il revenge movie orientale e la straripante complessità della produzione indiana.

Da John Wick a Old Boy, con un pizzico di Jackie Chan

Il primo e più esplicito riferimento è quello a John Wick, a partire dalla locandina: la figura intera di un elegante protagonista, minacciosa nel suo passo verso lo spettatore. La posizione del corpo è identica, l’abbigliamento pure. Cambia la caratterizzazione: in controluce su un inquietante sfondo rosso, che dà un tocco di horror in linea con la Monkeypaw Production di Jordan Peele. Anche se poi Monkey Man un horror a tutti gli effetti non lo è.

Patel stesso ha affermato di essersi ispirato a cult come L’ultimo drago (1985) e al grande cinema coreano. Fra tanti titoli, in particolare, a Oldboy di Park Chan-wook sia per il tema della vendetta sia per la violenza drammatica di alcuni momenti. Monkey Man inoltre omaggia ampiamente il cinema la tradizione del cinema delle arti marziali e del kung fu.

Monkey Man, regia di Dev Patel. Courtesy of Universal Pictures
Monkey Man, regia di Dev Patel. Courtesy of Universal Pictures

Gli scontri del protagonista, da solo contro decine di persone allo stesso tempo, è solo l’esempio più noto di una scena “classica” del genere, resa pop anche dallo scontro della Sposa e gli 88 folli in Kill Bill Vol.1 di Tarantino. A differenza degli action movie classici hollywoodiani, quindi, le pistole compaiono all’inizio per non tornare più. Monkey Man è un trionfo di combattimenti a mani nude o al massimo con armi bianche e fai-da-te.

Non manca nemmeno il riferimento allo storico filone comico di Jackie Chan, attraverso scene di slapstick e sopra le righe, inaspettate e brevi, che smorzano la tensione nei momenti più adrenalinici. Riportano il pubblico alla realtà, convincendolo a non prendere troppo sul serio ciò che sta guardando.

Un po’ Jake LaMotta e un po’ Rocky

Un piccolo assioma senza pretese: se nel film c’è un ring (ed è uscito dopo il 1980) ci sarà una citazione a Toro Scatenato. Se non c’è, ha perso una grande occasione, perché è impossibile portare il pugilato sullo schermo senza aver prima assorbito la lezione del capolavoro di Scorsese. Monkey Man per fortuna lo fa e, come Scorsese, trova una sua chiave introspettiva per la violenza fra le corde. Il maestro italoamericano, tuttavia, viene citato anche (e almeno) in un’altra scena, la prima nel cuore del mondo corrotto dove Monkey Man cerca la sua vendetta. La presentazione, nome per nome, di vari loschi figuri non può che ricordare le meravigliose scene al Copacabana in Quei bravi ragazzi.

Come vuole la tradizione hollywoodiana, comunque, in un viaggio dell’eroe che si rispetti non può mancare un “training montage” che sintetizza le prove e gli errori, gli esercizi, i fallimenti e i primi risultati del protagonista. Da quando l’ha fatto Sylvester Stallone in Rocky è a mani basse il momento epico, quello che si aspetta di più, con trepidazione. Persino la Disney non si è mai tirata indietro, regalandoci momenti come L’ultima speranza in Hercules e Farò di te un uomo in Mulan. E Patel non è da meno, con una sequenza – a petto nudo e madido di virile sudore, contro un sacco da boxe improvvisato – che corre sul filo tra l’autocelebrazione e l’autoironia.

Monkey Man, Disney e Bollywood

Restando in casa Disney, tuttavia, si può anche ipotizzare che qualcosa dei grandi Studios di animazione sia rimasto agganciato all’immaginario di questo regista millennial (classe 1990) dalla sua infanzia. C’è un monito, “Remember who you are”, che risuona familiare nella voce di Mufasa a Simba, ma che il protagonista senza nome di Monkey Man si ripete nel momento della sua rinascita. Come c’è anche un sottile parallelismo con la sfida di Mulan al binarismo di genere, soprattutto quando si parla dei guerrieri e di guerriere.

Guerrieri e guerriere attraverso cui Patel introduce anche un aspetto culturale fondamentale nel suo film, quello della comunità perseguitata degli Hijra, riconosciuta dalla legge indiana come subcultura ma in realtà espressione di un terzo genere o un genere non binario (o un’identità trans).

Dev Patel in MONKEY MAN. Universal Pictures
Dev Patel in MONKEY MAN. Universal Pictures

L’India è la seconda protagonista accanto al Monkey Man stesso, che non a caso veste la maschera della scimmia nei combattimenti ricordando Haruman, il saggio protettore del popolo dalle fattezze dell’animale. Non serve conoscere in profondità il cinema indiano per capire che Patel vi si nutre in ogni movimento di macchina, in ogni scelta estetica, nel gusto e nello stile. La densità dei generi, dei temi e dei toni che si accavallano uno sull’altro, negandosi e rafforzandosi a vicenda, è qualcosa che si ritrova facilmente negli epici film indiani. Dove per epico si intende proprio la durata, la complessità e la varietà: si pensi a RRR (tre ore deliranti e imperdibili su Netflix).

Un amore alla Drive

Fra tutti i generi e tutte le stratificazioni di Monkey Man non può mancare, infine, un accenno alla linea romantica. Nessuna damsel in distress, però, nessuna principessa da salvare. C’è una donna, bellissima e prigioniera di una vita che non ha chiesto, proprio come Monkey Man, con cui si crea un immediato legame. Un colpo di fulmine, si direbbe se fosse una rom-com, un’affinità elettiva che però ha il sapore di un bacio non dato. Un bellissimo amore alla Drive di Refn. Esistente solo nel desiderio reciproco e in cui due mani che si sfiorano soltanto raccontano già tutto ciò che serve sapere.

Per ora ci fermiamo qui, voi riuscite a trovare altri riferimenti? Provateci, Monkey Man è in sala dal 4 aprile.

V.V .

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