Sei pezzi facili, produzione Fremantle in collaborazione con The Apartment. Raiplay
Sei pezzi facili, produzione Fremantle in collaborazione con The Apartment. Raiplay

Un omaggio al teatro di Mattia Torre, un dialogo tra palco e televisione: inaugura con Migliore, interpretato da Valerio Mastandrea, Sei pezzi facili, il progetto dedicato allo sceneggiatore scomparso prematuramente il 19 luglio 2019.

Saranno appunto sei le pièce teatrali messe in scena per la tv, con la regia e la direzione artistica di Paolo Sorrentino. Ogni sabato su Rai3 per cinque settimane, partendo da Migliore (disponibile su Raiplay) fino al doppio appuntamento, In mezzo al mare e Gola, con Valerio Aprea il prossimo 17 dicembre.

Un gruppo di interpreti, nonché amici, di Torre, riportano in scena un’antologia delle sue opere teatrali più famose, un regalo per un pubblico volutamente allargato che si estende dalla platea del teatro al divano di casa. La presenza artistica e umana di Mattia Torre torna a vivere così attraverso l’interpretazione degli attori e delle attrici (Valerio Aprea, Paolo Calabresi, Geppi Cucciari, Valerio Mastandrea, Carlo De Ruggieri, Cristina Pellegrino, Giordano Agrusta, Massimo De Lorenzo), restituendo al pubblico a cui manca molto quella visione ironica e disillusa della vita che portava nei suoi lavori e regalando a chi non l’ha conosciuto abbastanza una visione ricca e completa del suo genio.

Migliore: la storia di Alfredo, un uomo normale

Pièce del 2005, Migliore è il monologo portato in scena da Valerio Mastandrea. Primo dei Sei pezzi facili, illumina quella lettura divertente e tragica della vita umana che contraddistingue la penna di Mattia Torre, a teatro come al cinema o nella serialità.

Alfredo Beaumont è un uomo normale, che però sente come un buco dentro alla sua personalità, all’altezza dello stomaco, tale mancanza si riempie di paranoia, tristezza, insonnia. Ha paura della vita, lo sa bene, e ha paura della morte. Bloccato in uno scenario di azioni ripetute in cui accontentare il prossimo è la modalità con cui ogni giorno riesce a sopravvivere, incappa in una tragica rottura.

Un incidente lo porta a riconsiderare le sue abitudini umane, e quel buco dentro di lui piano piano si riassorbe, di pari passo al coraggio che l’uomo acquista nel mostrarsi non più buono e accondiscendente, ma schietto, violentemente volitivo. Disprezzando le mancanze degli altri, inizia ad apprezzare la ricchezza della sua voglia di essere davvero migliore, a patto di essere peggiore di prima.

La geometria degli spazi e dell’animo

Sul palco Mastandrea percorre una geometria che gli consente così di rendere concentrico il racconto. Muovendosi su un quadrato immaginario, dove le luci cambiano in base al colore delle parole che pronuncia, dona al monologo dei rintocchi emotivi, lasciando che l’accostamento delle frasi diventi fortemente espressivo per lo spettatore. La regia di Sorrentino ritma la narrazione, si accompagna alla recitazione rendendo possibile una trasformazione vera e propria del suo volto. L’Alfredo della fine è una persona completamente differente da quello delle prime battute.

La scrittura di Torre scandaglia la predisposizione al grottesco dell’essere umano, raccontandola con ironia e onestà. Con Migliore il paradosso dello stare al mondo si comunica con leggerezza, come fosse una cosa semplice, come una cosa che c’è e basta.

Su FRAMED vi abbiamo parlato anche dell’ultimo film di Mattia Torre, Figli: qui la recensione. Siamo anche su FacebookInstagram e Twitter.

Silvia Pezzopane
Ho una passione smodata per i film in grado di cambiare la mia prospettiva, oltre ad una laurea al DAMS e un’intermittente frequentazione dei set in veste di costumista. Mi piace stare nel mezzo perché la teoria non esclude la pratica, e il cinema nella sua interezza merita un’occasione per emozionarci. Per questo credo fermamente che non abbia senso dividersi tra Il Settimo Sigillo e Dirty Dancing: tutto è danza, tutto è movimento. Amo le commedie romantiche anni ’90, il filone Queer, la poetica della cinematografia tedesca negli anni del muro. Sono attratta dalle dinamiche di genere nella narrazione, dal conflitto interiore che diventa scontro per immagini, dalle nuove frontiere scientifiche applicate all'intrattenimento. È fondamentale mostrare, e scriverne, ogni giorno come fosse una battaglia.