Coco Rebecca Edogamhe, Summertime - CREDITS: Netflix

A volte i cambiamenti radicali avvengono in sordina, senza scuse e senza fronzoli. Lo dimostrano Cattleya e Netflix Italia, trasformando il volto di Coco Edogamhe in uno strumento silenzioso di rivoluzione. Mai prima di lei, infatti, una nostra produzione nazionale aveva avuto una protagonista italo-africana. Nonostante il pubblico conosca già attori come Esther Elisha o Alberto Malanchino (nel ruolo del padre in Summertime), nessuno aveva mai avuto tale visibilità. Classe 2001, bolognese di nascita, l’attrice esordiente ha dichiarato di non essere stata scelta appositamente per il suo aspetto, confermando quindi il cosiddetto blind casting.

Il blind casting, pro e contro

Il blind casting, ossia la creazione di personaggi privi di un background culturale specifico, è una pratica nata e diffusa negli Stati Uniti, la cui industria audiovisiva è attraversata maggiormente dalla questione della rappresentazione delle minoranze. In ambito statunitense oggi l’atteggiamento colorblind è interpretato quasi sempre in modo negativo. È un tentativo di appiattire le diverse identità culturali, riducendole a un modello neutrale opposto al pluralismo color conscious. In altre parole significa costruire dei personaggi psicologicamente incompleti. Personaggi esistenti sono nel “presente” filmico, in funzione della trama. Mentre del loro trascorso si sa poco o nulla.

Coco Edogamhe e Ludovico Tersigni, Summertime - CREDTIS: Netflix
Coco Edogamhe e Ludovico Tersigni, Summertime – CREDTIS: Netflix

In Italia, tuttavia, gli equilibri sociali e le rivendicazioni sono differenti dagli USA. Un nostro problema essenziale, per esempio, è ancora il rifiuto dello ius soli, quindi le migliaia di italiani senza cittadinanza.  A cui si aggiunge, chiaramente, il cavalcante sovranismo. Nell’immaginario italiano oggi è più urgente iniziare a riconoscere e “normalizzare” a piccoli passi un nuovo concetto di appartenenza nazionale. In questo caso, allora, il blind casting  può essere un primo strumento di trasformazione del pensiero e delle relazioni sociali. 

Il piccolo ma importante ruolo di Summertime

Apparentemente senza volerlo, Summertime si fa strumento educativo, perché nella scelta consapevole di lasciare da parte ogni riferimento alle origini e alla doppia cultura della sua protagonista, aiuta il pubblico a familiarizzare con volti, corpi e ruoli trascinati fuori dai numerosi stereotipi del nostro immaginario televisivo. E al momento può andar bene anche così. Prima o poi, però, si spera che le produzioni italiane si convincano a dare più spazio ai numerosi talenti che raccontano un’altra Italia, una commistione di tradizioni ed eredità spirituali che raccontano una società diversa, realmente multiculturale, a cui il pubblico – ne sono certa – non avrà difficoltà ad abituarsi, basta avere il coraggio di provare. 

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