the-mandalorian-Lucasfilm, Fairview Entertainment, Golem Creations
the-mandalorian-Lucasfilm, Fairview Entertainment, Golem Creations

Due stagioni su Disney+, un cast ricco di sorprese, effetti speciali innovativi e una terza parte in lavorazione.

The Mandalorian è il capitolo mancante tra la caduta dell’Impero e l’avvento di Kylo Ren. Si pone 5 anni dopo, in linea temporale, a Il ritorno dello Jedi (1983) e 25 anni prima de Il risveglio della forza (2015). È una serie per i fan irriducibili che si emozionano solo con i titoli di testa in cui compare il logo Lucasfilm, ma anche per chi non ha mai visto Star Wars. Nonostante i molteplici riferimenti, The Mandalorian è un western fantascientifico sull’onore e la forza, sulla bontà intrinseca di un uomo che vuole ricambiare la possibilità di salvezza donatagli anni prima.

Il Mandaloriano

Nell’Orlo Esterno della Galassia il cacciatore di taglie mandaloriano Din Dajarin svolge il suo lavoro, sotto il controllo della gilda, andando alla ricerca di ricercati da recuperare. L’armatura che indossa si completa di un casco che gli copre il volto, e ha le stesse fattezze di quella di Boba Fett, personaggio iconico nella trilogia originale. Durante una delle sue spedizioni, il Mandaloriano scopre che la taglia più consistente pesa sulla testa di un “bambino”: più propriamente l’esserino verde soprannominato Baby Yoda (vista la somiglianza con il maestro Jedi) di cui tutti si sono innamorati.

L’incontro lo fa ricredere e in lui nascono dei dubbi circa il futuro del piccolo, anche perché a volerlo sono oscuri signori (tra cui Werner Herzog con un accento inconfondibile), residui ancora incandescenti di un impero che vuole riemergere. Ripensando alla sua infanzia da “trovatello” rimasto orfano, Din vuole occuparsi del piccolo come i mandaloriani fecero con lui molto tempo prima. Sceglie di non consegnarlo, decretando una vita in fuga, finché il piccolo non ritroverà i suoi simili.

“This is the way” è ciò che ripete. Seguendo il Credo di Mandalore, rispettato dai membri della sua tribù (costretta a vivere nascosta proprio per colpa dell’Impero) secondo il quale non deve mai togliere il casco e mostrare il volto ad altri esseri viventi. Sotto al prezioso acciaio di Beskar, Din nasconde il viso e il corpo, ma ciò non limita l’effetto di aderenza al suo destino.

The Mandalorian (seconda stagione), Lucasfilm, Fairview Entertainment, Golem Creations, Disney+

La verità sotto al Beskar

Sotto al casco lucente c’è l’attore Pedro Pascal. Tra i suoi ruoli più importanti sicuramente Oberyn Martell in Game of Thrones e l’agente Javier Peña nella serie Netflix Narcos. Entrambi interpretati “sfacciatamente” a volto scoperto. La sfida accettata per il ruolo del Mandaloriano nella serie di Jon Favreau lo porta a concentrarsi su un livello comunicativo più difficile da raggiungere per trasmettere al pubblico l’anima del personaggio.

Ci riesce? Spaventosamente.

L’incapacità di scrutare il suo sguardo viene colmata dai movimenti del corpo dell’attore che non si attuano semplicemente nelle riprese, ma “vivono” la scena e il dialogo. Arricchiscono così la mancanza di espressioni visive con il senso dell’essenza del fisico nello spazio in cui si muove. Anche senza vedere il suo viso, l’increspatura delle labbra o gli accenni delle sopracciglia, ne emergono gli effetti e l’immedesimazione fisica torna ad una primordiale connessione che è difficile non seguire.

È ancora più interessante sapere che molti dei dialoghi sono stati aggiunti in doppiaggio e che Pedro Pascal ha due stunt che lo sostituiscono nelle scene di duello con le spade e in quelle di scontro fisico. La coesione di tutti gli elementi fa del ruolo del Mandaloriano una stratificazione di azioni e momenti, che lo rendono ciò che si dà infine allo sguardo spettatoriale (avido di saperne sempre di più).

La scelta narrativa e registica però non è stata vista allo stesso modo dalle nomination dei Golden Globes, che sono stati messi fortemente in crisi, al punto da specificare elementi imprescindibili per le premiazioni.

Pedro Pascal e i mancati Golden Globes (e un paio di eventuali spoiler da evitare se non avete ancora visto la seconda stagione)

Su 16 puntate ci sono solo tre momenti in cui Din/Pedro toglie il casco mostrando il volto. Sono scene dettate da necessità narrative forti, che aiutano a comprendere e a far crescere la caratterizzazione del Mandaloriano per come viene raccontato. Nella prima stagione vi è una sola puntata in cui succede. Pochi istanti che hanno però portato ad una ridefinizione dei termini di regolamento per i Golden Globes. Durante la scorsa edizione dei premi l’attore è stato escluso proprio a causa dell’elmo per tutta la durata della prima stagione. Secondo il nuovo, e successivo, regolamento, le performance degli attori di sola voce non potranno essere prese in considerazione per nessuna categoria attoriale. Con la seconda stagione potrebbe esserci una possibilità: le scene sono due e per quanto brevi portano con sé la stessa carica emotiva di combattimenti epici e salvataggi eroici visti nelle altre puntate.

Ma quanto conta una statuetta paragonata ad un posto d’onore nell’universo Star Wars, per di più grazie ad un personaggio che riesce ad emozionare anche nascosto sotto ad un’armatura?

Silvia Pezzopane
Ho una passione smodata per i film in grado di cambiare la mia prospettiva, oltre ad una laurea al DAMS e un’intermittente frequentazione dei set in veste di costumista. Mi piace stare nel mezzo perché la teoria non esclude la pratica, e il cinema nella sua interezza merita un’occasione per emozionarci. Per questo credo fermamente che non abbia senso dividersi tra Il Settimo Sigillo e Dirty Dancing: tutto è danza, tutto è movimento. Amo le commedie romantiche anni ’90, il filone Queer, la poetica della cinematografia tedesca negli anni del muro. Sono attratta dalle dinamiche di genere nella narrazione, dal conflitto interiore che diventa scontro per immagini, dalle nuove frontiere scientifiche applicate all'intrattenimento. È fondamentale mostrare, e scriverne, ogni giorno come fosse una battaglia.