Il prossimo 31 gennaio non vedremo The Weeknd (al secolo, Abel Makkonen Tesfaye) in nessuna categoria dei GRAMMY. E forse ci va bene così, non è la fine del mondo, se non fosse davvero una decisione incomprensibile, considerati i fatti. Questo è il momento d’oro del cantautore canadese! Non solo perché è stato scelto come performer dell’Half Time Show del Super Bowl (l’evento live forse più importante negli USA). Ma proprio perché il suo ultimo album ha conquistato critica e pubblico rimanendo in classifica per mesi, dal 20 marzo. Solo pochi giorni fa ha fatto incetta di premi agli AMAs (American Music Awards). Inoltre singoli come Blinding Lights o In Your Eyes ormai li conosciamo a memoria prima ancora di renderci conto di chi li canta.
Non si tratta qui di una questione di gusti, anche se arriveremo pure a quello. È proprio l’insensatezza di una mancata nomination all’album più rappresentativo di quest’anno. Può piacere o meno, però è il caso del 2020 e avrebbe meritato un segno di riconoscimento. E se non l’album intero, almeno uno dei singoli. Perché ai GRAMMY esistono ben due categorie, apparentemente simili, per definire il brano dell’anno. Recording of the Year e Song of the Year. La prima si riferisce al brano nel complesso, compresa qualità tecnica di registrazione, la seconda riguarda più l’impatto sociale. E crediamo che chiunque quest’anno abbia canticchiato, ascoltato, ballato e apprezzato almeno Blinding Lights. Anche solo dopo averla sentita in TV nello spot della Mercedes-Benz.
The Weeknd e After Hours
Ma, ancora, non è nemmeno solo questo il motivo per cui l’assenza di The Weeknd ai GRAMMY è davvero pesante. After Hours è un racconto narrativamente coeso, quello che si potrebbe definire un concept album. Ha un punto di partenza, nel caos di una vita adulta costellata di successi, donne, fama. Attraversa la perdita di un amore (probabilmente la storia autobiografica con la modella Bella Hadid). Si conclude infine con una nuova consapevolezza, di sé e delle proprie azioni.
Certo, non è l’idea più originale del mondo e, come fa spesso, The Weeknd non usa un linguaggio molto lusinghiero, soprattutto nei confronti delle donne. Una pecca, questa, che di solito macchia il rap ma che a lui ha conferito una parte consistente dell’identità di bello e dannato, chiamiamola così. Ciononostante si tratta di un lavoro ben fatto, coerente ma al tempo stesso in grado di evolversi durante l’ascolto.
Estetica e influenze cinematografiche
Componente essenziale, che forse la Recording Academy non è nemmeno in grado di considerare, è poi l’estetica, i riferimenti specifici al cinema, che ovviamente adoriamo. Il richiamo più evidente, anche nell’artwork e nei videoclip è Paura e delirio a Las Vegas. Accanto a questo c’è un po’ di Casinò, un po’ di Joker e infine Diamanti Grezzi. Non dimentichiamo che The Weeknd compare persino in un cameo di quest’ultimo. C’è un’attenzione particolare alla componente propriamente estetica che vive in modo profondamente complementare all’album, tanto che l’artista sta presenziando a qualsiasi cerimonia vestito sempre con lo stesso abito rosso dei videoclip. E i videoclip stessi sono in sequenza, insieme formano cioè, alla fine, un cortometraggio.
La psichedelia che caratterizza l’intera concezione di After Hours prende la sua forma ultima ed essenziale, ovviamente, nei suoni. Nelle tastiere anni Ottanta e nei prestiti da grandi canzoni di quel decennio (c’è un’interpolazione di Your Song di Elton John in Scared to Live). È una musica che però cattura e rapisce, come una trappola o la tana del Bianconiglio, piuttosto che lasciarsi solamente ballare. C’è un’oscurità di fondo, soprattutto nei brani che non sono usciti come singoli, che quasi allontana l’ascoltatore, lo fa ritrarre. Per questo motivo, probabilmente, l’album è controverso. È ancora il più ascoltato tra le nuove uscite dell’anno, ma non sempre è il preferito dal pubblico.
Scoperto un Vaso di Pandora?
Se contano i numeri e l’impatto sociale, tuttavia, le mancate candidature ai GRAMMY sono semplicemente inspiegabili. The Weeknd stesso, per questo motivo, si è lasciato andare a uno sfogo sui social, chiedendo maggiore trasparenza sulle operazioni di voto, per se stesso e per i suoi fan. Non è elegante chiedere il recount, come abbiamo potuto notare in altro ambito in queste settimane, però non è la prima volta che la Recording Academy viene accusata di corruzione e irregolarità quest’anno, perciò staremo a vedere.