Timothée Chalamet
Timothée Chalamet as Lee in BONES AND ALL, directed by Luca Guadagnino, a Metro Goldwyn Mayer Pictures film. Credit: Yannis Drakoulidis / Metro Goldwyn Mayer Pictures © 2022 Metro-Goldwyn-Mayer Pictures Inc. All Rights Reserved.

Se vi chiedessimo di nominare il personaggio che più di tutti sta segnando questi anni, almeno dal punto di vista dell’entertainment, vi verrebbe davvero in mente qualcun altro oltre Timothée Chalamet?

Anche il Time, nell’ottobre 2021, gli ha dedicato la copertina dei Next Generation Leaders, a conferma dell’impatto culturale che l’attore ha avuto e sta avendo. È un simbolo che va ben al di là del divismo e del desiderio spesso associato alle grandi star. Un’icona della Generazione Zeta e di quello spirito plurale, inafferrabile e indefinibile che essa rappresenta.

Nessuna differenza tra blockbuster e cinema d’autore

L’abbiamo visto chiaramente in sala nei mesi scorsi: Chalamet può fare di tutto. Dall’inquietante ma dolce cannibale in Bones & All, diretto di nuovo da Luca Guadagnino, al weird per eccellenza, Willy Wonka, nel musical-prequel di Paul King, in arrivo nel 2023. Negli Stati Uniti è stato ben più forte l’impatto dei due grandi titoli che l’hanno visto ancora prima protagonista al cinema, poiché usciti lo stesso giorno (22 ottobre 2021). Da un lato Dune, dall’altro The French Dispatch, due opere apparentemente agli estremi del continuum cinematografico, se mai si accetta di definire il cinema di Villeneuve d’intrattenimento e non d’autore.

Un blockbuster fantascientifico e un esperimento metalinguistico sulla stessa settima arte: due ruoli che hanno peso diverso anche nella sua carriera ma che insieme mostrano gran parte del range dell’attore.

Drammatico, solenne ed elegante il suo Paul Atreides. Stralunato, comico e giocoso il suo Zeffirelli per Wes Anderson.

Il MET, la moda e l’arte

Mentre il 2022 volge al termine dopo una fortissima campagna Oscar per Bones and All che ha toccato anche l’Italia, mandando in tilt Milano, ricordiamo anche ai più indifferenti al suo potere di attrazione che Chalamet catalizza l’attenzione ben oltre lo schermo. Il suo status di icona è ormai segnato anche dallo stretto rapporto con la moda: dal completo nero glitterato che nel 2021 a Venezia ha segnato l’inizio ufficiale della collaborazione con Haider Ackermann, fino alla tuta rossa a schiena scoperta e con girocollo di diamanti indossata al Lido nel 2022.

Ackermann ha anche firmato l’altrettanto celebre outfit di Timothée al MET Gala, di cui Chalamet è stato chairman nel 2021. Ulteriore segno dello status raggiunto dall’attore negli ultimi mesi. In occasione del grande evento newyorchese, Chalamet ha inoltre voluto lasciare ulteriormente il segno collaborando a un’istallazione di JR, noto artista francese che lavora con la tecnica del collage fotografico. Forse, se siete di Roma, avrete visto la sua facciata di Palazzo Farnese o, se amate Agnès Varda, l’avete scoperto con Visages, villages.

La diretta Instagram che hanno avviato insieme ha preceduto il red carpet contando oltre due milioni di visualizzazioni. E JR è riuscito laddove il cinema sta ancora provando: rendere Chalamet stesso parte integrante di un’opera d’arte.

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valeria-verbaro-framed-magazine
Classe 1993, sono praticamente cresciuta tra Il Principe di Bel Air e le Gilmore Girls e, mentre sognavo di essere fresh come Will Smith, sono sempre stata più una timida Rory con il naso sempre fra i libri. La letteratura è il mio primo amore e il cinema quello eterno, ma la serialità televisiva è la mia ossessione. Con due lauree umanistiche, bistrattate da tutti ma a me molto care, ho imparato a reinterpretare i prodotti della nostra cultura e a spezzarne la centralità dominante attraverso gli strumenti forniti dai Cultural Studies.

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