Diretto da Laura Citarella, Trenque Lauquen è la storia di un’indagine profonda e fagocitante, che folgora le vite di tre persone e le conduce ad una rinnovata scoperta di sé stesse.
Quest’opera mastodontica di ben 260 minuti, divisa in due parti, è uscita in sordina nelle sale italiane il 16 novembre. Ha debuttato al passato festival di Venezia ed è stata distribuita nel corso dell’anno in vari paesi del mondo. Il film è la prima opera del collettivo e casa di produzione El Pampero Cine; e speriamo ne seguano molte altre.
Dove i libri dettano la strada
Nella prima parte del film siamo sulle tracce di una donna, Laura (Laura Paredes), sulla cui scomparsa indagano il fidanzato Rafael (Rafael Spregelburd) e il collega Ezequiel “Chicho” (Ezequiel Pierri). Poco a poco ci troviamo tra le mani il possibile mistero che ha fatto germogliare in Laura il desiderio di fuggire da tutti: una corrispondenza amorosa segreta, occultata dentro dei libri poi donati alla biblioteca della città di Trenque Lauquen da un uomo misterioso, Paolo Bertino. In essa è tracciato il suo rapporto profondo ed enigmatico con una donna argentina, la sua amante Carmen Zuna. Entrambi sono dei misteri ambulanti, privi di ogni referenza burocratica, di ogni traccia legale: due fantasmi che si aggirano tra i sogni degli erranti.
In un’atmosfera molto borgesiana, siamo catapultati in un sottomondo letterario occultato dai libri stessi. Il peso della letteratura latinoamericana, in particolare quella argentina di Borges e Cortázar, è immenso. È una lunga, contorta ed emotiva indagine degna delle migliori opere letterarie latinoamericane del secolo scorso, dal Pedro Paramo di Juan Rulfo a I Detective Selvaggi di Roberto Bolaño, una storia degna del miglior realismo magico, solitario y final.
Dove il mistero detta l’intreccio [Allerta Spoiler]
La seconda parte del film è molto più distensiva a livello ritmico. Una lunga confessione di Laura porta alla luce un secondo mistero, più intricato, nebbioso e irrisolvibile; qualcosa che affascina Laura fino a farla scomparire. Nonostante questo calo di tensione, e la percezione di una netta separazione narrativa tra le due parti, ancora una volta la regia ci consegna al buio dell’intrigo e del thriller.
Il montaggio soffuso e marcato, capace di fondere le sequenze e di tagliare in maniera brusca la musica extradiegetica, dettano il battito aritmico e incalzante della storia. È un viaggio senza chiavi di risoluzione, una fantasia che ingoia la mente di Laura, la realtà, e in ultimo noi spettatori.
C’è un marcato richiamo ad un cinema più pop, da Il mostro della laguna nera (1954), e alla tensione invisibile e oppressiva de Lo Squalo (1975). Eppure su tutto, a fine visione, aleggia il meraviglioso fantasma dell’incertezza del reale, il dubbio ontologico del mistero stesso, e già questo fa diventare il film puramente cortazariano.
Meraviglia di Buenos Aires
Laura Paredes è la regina indiscussa dello schermo, sensuale, vitale e curiosa, vero motore organico e pulsante della storia, su di lei inizia il film, e con lei finisce (o sparisce, chi può dirlo).
Trenque Lauquen non ostenta quel finto intellettualismo di opere come Under The Silver Lake (2018), che è complicata per il solo gusto di esserlo, o una vena eroico-gotica come quella presente nei libri di Zafon. È tutto persistentemente quotidiano, placido, ma anche raffinato e curato, meravigliosamente latinoamericano.
Gli ultimi anni hanno visto l’industria cinematografica dell’America Latina affacciarsi sul mercato internazionale, con registi come Sebastian Lelio e Pablo Larraín, che sono andati anche a lavorare all’estero con ottimi risultati. E come non menzionare i tre maestri messicani, Alejandro Iñárritu, Guillermo del Toro e Alfonso Cuarón, che hanno sbancato pubblico e critica mondiali negli ultimi 15 anni? Ma anche il cinema argentino ha rilasciato delle opere notevoli. El secreto de sus ojos di Juan José Campanella, Un Crimen Común (2020) di Francisco Márquez, e soprattutto il meraviglioso film Zama (2017) di Lucrecia Martel, che potete recuperare su Mubi.
Trenque Lauquen però fa parte di quel catalogo di opere de El Pampero Cine che non sono mai state distribuite in Italia, si tratta di meravigliosi tesori cinematografici ancora da esplorare degnamente. Basta menzionare il fluviale La Flor (2018) di Mariano Llinás, prodotto da Laura Citarella stessa, per capire la fantasia creativa di questa casa di produzione/collettivo. Sono solo due delle ultime opere di questa esplosione cinematografica che sta rivoluzionando il cinema argentino e mondiale. Forse è ora di confrontarci degnamente, e direttamente sul grande schermo, con i film di questo Paese e del collettivo.
In breve
È dolce annegare tra film di questa profondità, abbandonarsi mente e corpo al mistero, eppure uscirne deliziati: è concedere 4 ore all’arte per un rapimento mentale ed emotivo. Questo è un film che va cercato, cacciato, di sala in sala, di cinema in cinema, perché è degno di lode e di una visione.
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