Ultra Pulpe (Apocalypse After), Bertrand Mandico, 2018
Ultra Pulpe (Apocalypse After), Bertrand Mandico, 2018

Ultra Pulpe, titolo in inglese Apocalypse After, è un mediometraggio del regista francese Bertrand Mandico. Fu presentato nel 2018 al festival di Cannes e lo potete trovare su Mubi, insieme ad altre opere del regista.

È la storia di un amore sul viale del tramonto che si tramuta in un’allegorica favola amorale intrisa di carne, desiderio e cinema.

Nelle profondità dei sensi

In una località balneare abbandonata si sono appena concluse le riprese del film Apocalypse After, della regista Joy d’Amato (Elina Löwensohn). Attraverso delle sequenze surreali vediamo il rapporto tra la regista e le sue attrici, la sua visione del cinema e di sé stessa in esso e la fine della sua relazione con l’attrice Apocalypse (Pauline Jacquard).

La regia calda e avvolgente di Mandico ci conduce ancora una volta nel suo allucinante e attraente universo e quest’opera si adagia meravigliosamente tra gli strati di perversione, nudità, onirismo e realismo magico che lo compongono.

La fotografia al neon di Silvano Verdet eleva l’opera ad uno stato di pura deprivazione sensoriale; più che Refn si vede il peso del lavoro di Xaver Schwarzenberger nei film di Fassbinder.

Il tocco di magia inaspettata è la vibrante colonna sonora elettronica di Pierre Desprats, che ricorda il lavoro di Vangelis su Blade Runner, capace di benedire le scene con delle “catturanti” esplosioni di veemenza sonora.

L’erotismo acceso sa oscillare con grazia tra il romantico e il pornografico: tanto sono caldi e sinceri i baci, tanto evocativi alcuni volti orgasmatici. E dietro questo muro vertiginoso di nudità estraniante, sorgono (attraverso dei dialoghi lisergici) i temi cari al regista: il desiderio, l’accettazione di sé stessi, il cinema e il posto che un autore come Mandico ha in esso. Lucide e sagge riflessioni alla luce dell’appagante estasi carnale.

Ma l’autore sa anche trascinarci sulle rive letterarie più belle e mistificatrici mai concepite, il dialogo su Ballard e Sternberg ricorda gli scritti di Borges, specialmente l’onirico Il fiore di Coleridge.

Sono la regista più odiata della mia generazione. La pornografa tribale. Lo sciacallo del genere. Chi si ricorderà di me? Chi scriverà di me? Ho sognato di essere Max Ophuls, ma sono Joy d’Amato. A-M-A-T-O, con la preposizione, mi raccomando.

La regista Joy d’Amato

Bertrand Mandico, figlio della ribellione magica

Nato a Tolosa nel 1971, regista di formazione sperimentale ma dal cuore popolare, è una delle voci più originali del cinema underground europeo. Si è cimentato durante la sua carriera, iniziata nel 1997, con opere cinematografiche di varia durata e genere, girando anche numerosi videoclip.

Le sue opere e i temi espressi in esse rifuggono il dogmatismo, abbracciando la fluidità perpetua di un cinema totalmente libero. La sua estetica barocca e provocatoriamente stravagante, fatta di desideri sfrenati e mutevoli, è diametralmente opposta a quella attentamente calibrata di tanti film d’arte contemporanei.

Le sue maggiori influenze sono il cinema onirico e surrealista di Raúl Ruiz e Luis Buñuel e quello underground e sperimentale di Kenneth Anger, ma anche il panorama mondiale di cinema pornografico ed erotico (anche se ha dimostrato, di opera in opera, il suo amore travolgente per tutto il cinema).

È devoto infatti ai film erotico-grotteschi di Teruo Ishii e a quelli di Francis Ford Coppola, attinge da essi e da molto altro ciò che gli serve di volta in volta per il suo lavoro.

Il suo stile concepisce la libertà più pura: demolisce senza enfasi i generi, i codici e gli stili, con amore, profondo rispetto e maestria. Il suo obiettivo principale, e meta artistica, è far germogliare nello spettatore delle nuove sensazioni giustapponendo vari temi contraddittori in una singola scena. Mandico è un autore che allontana e insieme affascina e di questo dualismo fa la sua forza e la sua poetica.

Il cinema è una scimmia che scopa le sue muse accecate della luci dei proiettori

Frieda Boher

Sessualità fluida: il pensiero dell’autore

L’erotismo dei suoi film non è mai vicino al porno, non cerca di stimolare l’onanismo o il desiderio sessuale nello spettatore; è un erotismo artistico. I suoi personaggi sono profondi, complessi e la loro sessualità è “moderna”, talvolta futurista.

La sua filmografia, specialmente nelle ultime opere, è stata per questo inserita all’interno del movimento LGBTQIA+, tuttavia la sua concezione della sessualità rimane molto più personale.

Egli rifiuta ogni schema e ogni dogma nella divisione dei sessi, trovando nella metamorfosi il catalizzatore del suo pensiero. Nulla deve essere stabile, fisso, ma tutto dev’essere in perpetua evoluzione, così da rendere sfumate le identità sessuali comuni.

Anche qui prevale la sua natura di sperimentatore e avanguardista: come la commistione di generi fa germogliare nuove e strane sensazioni, così l’abbattimento delle norme sessuali comporta un abbandono della persona ad una costante metamorfosi identitaria.

Lo spettatore deve essere attratto da ciò che teme, deve interrogarsi sull’improvviso desiderio che non ha mai sperimentato. Più che alla definizione dei sessi egli mira all’amplificazione dei sensi. In questa visione ricade anche il tema dell’accettazione sessuale del diverso, che nelle sue opere molto spesso è rappresentato da veri e propri mostri ammantati di una potente tensione erotica.

Questa perdita di orientamento è la meta finale, sia a livello artistico che sensuale. Il cineasta francese si dimostra così parte di quella schiera di artisti che con le loro opere hanno cercato, e cercano, di de-fossilizzare la sessualità umana liberandola dai recinti di precetti secolari e sorpassati. Tra questi ricordiamo gli scrittori Georges Bataille, Jean Genet e André Gide, e i registi Rainer Werner Fassbinder, Rosa von Praunheim e Derek Jarman.

In breve

Disorientamento. Desiderio. Perversione. Libertà. Tutte queste sensazioni, comuni all’uomo medio, che spesso cerca avidamente di nascondere a sé stesso, compongono lo Zeitgeist dell’universo cinematografico di Bertrand Mandico. E in questo “paradiso sporco” fatto di “carne, morte e depravazione” è doveroso naufragare.

La consigliata visione di Ultra Pulpe è solo l’entrée della sua filmografia che trovate su Mubi.

Nei giorni scorsi Mandico era a Cannes per presentare il suo nuovo film, Conann, rivisitazione queer del personaggio di Robert Ervin Howard.

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Francesco Gianfelici
Classe 1999, e perennemente alla ricerca di storie. Mi muovo dalla musica al cinema, dal fumetto alla pittura, dalla letteratura al teatro. Nessun pregiudizio, nessun genere; le cose o piacciono o non piacciono, ma l’importante è farle. Da che sognavo di fare il regista sono finito invischiato in Lettere Moderne. Appartengo alla stirpe di quelli che scrivono sui taccuini, di quelli che si riempiono di idee in ogni momento e non vedono l’ora di scriverle, di quelli che sono ricettivi ad ogni nome che non conoscono e studiano, cercano, e non smettono di sognare.