Vampires vs. the Bronx è una commedia horror pensata per un pubblico adolescente, senza troppe pretese. È però incentrata su un tema caldo ed essenziale nelle periferie delle metropoli statunitensi: la gentrificazione. Tutto il film ruota infatti intorno a un gruppo di ragazzi che tentano di difendere il quartiere da una strana invasione di uomini bianchi e spettrali.
I vampiri sono la metafora perfetta per descrivere la progressiva appropriazione dell’identità di un territorio attraverso l’acquisto di attività, botteghe e luoghi simbolo della cultura del Bronx. Con il termine gentrificazione si intende in effetti lo spostamento degli abitanti bianchi in zone della città considerate povere (e malfamate). L’aumento della popolazione bianca innalza il valore delle proprietà comportando l’aumento degli affitti per la popolazione locale, costretta così a spostarsi. Il caso più noto è quello avvenuto a Brooklyn, adesso baluardo hipster, negli anni Duemila. Vampires vs. the Bronx ne riproduce le stesse dinamiche, traslandole in un distretto ancora più complesso e multiculturale di New York e immaginando che gli invasori siano letteralmente dei succhiasangue.
Un luogo dimenticato è il luogo ideale in cui sparire
Un argomento ricorrente nel film di Osmany Rodriguez è che il Bronx sia il luogo ideale per attuare il piano malvagio dei vampiri, perché è un luogo dimenticato. A nessuno interessa di te se provieni dal Bronx, a nessuno importa se sparisci. Che tu sia un ragazzino, una donna sola, un membro di una gang o un uomo benvoluto in tutto il quartiere, fuori non ti nota nessuno. Ciò che attrae interesse dall’esterno è solo la possibilità di un guadagno economico, nel film rappresentato dall’inquietante agenzia immobiliare di vampiri, la Murnau.
Non ci sono autorità a cui rivolgersi, o se esistono sono in combutta con i cattivi. Sia le forze armate sia la gang di quartiere non possono che piegarsi alla forza esterna e soprannaturale dei vampiri. Il fatto che sia tutta una metafora del privilegio bianco è sottile ma geniale. Gli unici eroi su cui può contare il Bronx sono significativamente i millennials, i ragazzini che rappresentano un futuro più consapevole. Miguel, detto Lil Mayor, Bobby e Luis sono i primi a capire cosa accade nel quartiere e gli unici abbastanza folli e coraggiosi da affrontarlo.
L’ironica componente horror da B-movie
Vampires vs. the Bronx non fa propriamente paura. Per niente in realtà. È un horror nella forma e nei temi, ma il suo scopo non è quello di far tremare il pubblico. Vuole piuttosto far riflettere sul tema sociale da cui nasce. In questo senso si inserisce nella scia del black horror, quello di Scappa – Get Out (Jordan Peele, 2017), per intenderci. Anche se in questo caso il riferimento culturale è più agli afro-latini che agli afroamericani. Attraverso il cinema di genere, cioè, si cerca di esplorare le paure sociali che determinano il razzismo sistemico e le disuguaglianze negli USA.
Poiché i nostri giovani protagonisti vivono in un ambiente a maggioranza latina, per esempio, la componente della religione cattolica diventa essenziale nella lotta ai vampiri. Superstizioni e credenze contro il maligno prendono vita tra stiletti di legno, crocifissi, aglio e acqua santa. I vampiri si combattono seguendo la vecchia scuola e le avventure di Blade. Significativamente, l’unico modo per tenere lontani i nemici è riscoprire la forza delle proprie radici culturali.
You don’t mess with the Bronx
Alla fine, ciò che si evince è che con il Bronx non si scherza: you don’t mess with the Bronx. Sarà pure un luogo apparentemente dimenticato dalle istituzioni, ma è una comunità viva e vivida, in grado di salvarsi da sola. La coralità, la cooperazione e riconoscimento del contributo dell’Altro sono gli elementi essenziali di questo piccolo film che ci regala più di un sorriso. Ideale da guardare in famiglia, anche per gli spettatori più piccoli. Racconta comunque molto più di quel che mostra semplicemente, e per questo è promosso a pieni voti.
Il film è disponibile su Netflix. Per contenuti simili continua a seguire FRAMED anche su Facebook e Instagram