The Good Lobby, Alberto Alemanno, Edizioni Tlon

The Good Lobby di Alberto Alemanno è una guida pratica di cittadinanza attiva. È un modo per dare forma, nome e strategia a una serie di comportamenti sociali a cui, ultimamente, siamo non solo più esposti ma anche più ricettivi rispetto al passato. Non è un segreto, infatti, che le generazioni più giovani abbiano perso il contatto diretto con la politica. E che la cittadinanza attiva, in genere, pensi di poter agire sul proprio ambiente solo attraverso le elezioni: votando o facendosi eleggere.

Eppure, come si spiega, per esempio, la partecipazione in massa ai Fridays for Future? O la crescente sfera di influenza di molti utenti social, che contribuiscono a cambiare la nostra visione quotidiana degli eventi? La verità, come spiega Alberto Alemanno, è che esiste una terza via di partecipazione, che non ha a che fare con le elezioni e le campagne elettorali. Si basa unicamente sul coinvolgimento, diretto e continuo, dei cittadini e delle cittadine. Si basa sul concetto di comunità.

Imparare a ridefinire il lobbismo e applicarlo in 10 mosse

La parola chiave, quando si parla di Good Lobby è partecipazione. Il lobbismo buono, cioè, è il lobbismo civico. Non ha nulla a vedere con l’immaginario comune dei poteri forti e corrotti. Al contrario, è un’espressione della volontà popolare, libera e collettiva. Il lobbismo civico, cioè, e in particolare The Good Lobby:

Persegue l’obiettivo di permettere a una molteplicità di interessi, soprattutto a quelli sottorappresentati, di contribuire direttamente alla formazione delle politiche pubbliche. E di fare ciò evitando i canali tradizionali della rappresentanza e dell’intermediazione politica.

Alemanno, in particolare, espone un metodo di applicazione, flessibile e adattabile, del principio del lobbismo civico. Riassumendo le 10 mosse da lui suggerite, è necessario prima di tutto scegliere una causa, studiarla e creare un ecosistema decisionale per impostare la strategia. Contemporaneamente, è necessario fare rete e trovare i giusti compagni di strada in grado di sostenere la causa. Infine, è necessario trovare le risorse economiche e, per farlo, è fondamentale creare un buon piano di comunicazione ed essere presenti, fisicamente, a sostegno della causa, anche una volta ottenuto il risultato sperato. 

Perché parlare di The Good Lobby su FRAMED Magazine 

Il primo motivo per cui parlare di The Good Lobby su FRAMED è anche il più banale e riduttivo: per le due pagine finali in cui Alberto Alemanno consiglia film e serie tv da guardare per capire cos’è il lobbismo buono. Alcuni titoli sono anche molto celebri, da Il dottor Stranamore di Kubrick a V per Vendetta. Quello che mi colpisce di più però è Selma. Il film di Ava DuVernay (2014), infatti, racconta come le marce organizzate in Alabama da Martin Luther King avessero lo scopo preciso di aiutare i cittadini afroamericani a iscriversi a registri elettorali.

E a colpirmi è proprio la precisione con cui la trama (e la Storia) ricalca la definizione di Good Lobby data da Alemanno. Un’azione collettiva volta a influenzare dal basso il processo politico e democratico.

Il secondo motivo richiede invece una premessa. Fin qui è chiaro infatti che The Good Lobby può essere considerato un manuale, tra l’altro scritto da un professore universitario, nonostante il tono informale. Per di più un manuale che non ha molto a che vedere con gli aspetti trattati da FRAMED. Ma ne siete proprio sicuri? Abitualmente parliamo di arti e spettacolo, ma al di sotto di esse c’è la convinzione che ogni film, serie tv o spettacolo che guardiamo, ogni libro che leggiamo e ogni canzone che ascoltiamo contribuisca a creare la nostra identità. E nell’identità c’è anche il ruolo che scegliamo di avere nella società.

Non siamo mai spettatrici e spettatori passivi. Non lo siete nemmeno voi.

Siamo però solo una piccola parte, un ingranaggio di qualcosa che è molto più vasto e che avrete sicuramente notato già sui social network (Instagram soprattutto). Esiste cioè una rete sempre più forte e più ampia di attivisti e attiviste – di cui molti in contatto diretto con Tlon – che crea contenuti al fine di sollecitare il dibattito e concretizzarlo in azione. Non si tratta di lobbismo da manuale, ma è comunque una forma di advocacy, a cui ci esponiamo e diventiamo sempre più sensibili.

Un esempio è la call to action per la calendarizzazione del ddl Zan. Decine di influencer, che solitamente si occupano di mass media e rappresentazione, in quell’occasione hanno ritenuto opportuno usare il loro spazio per spiegare ai followers come contattare i canali ufficiali del Senato e richiedere la calendarizzazione del ddl. E cos’è questa se non una forma di partecipazione al processo democratico? Il punto cioè, è che indipendentemente dall’origine dell’impulso democratico, l’essenza di The Good Lobby può essere applicata molto più spesso di quanto si pensi.

L’autore

Alberto Alemanno - Credit: Edizioni Tlon
Alberto Alemanno – Credit: Edizioni Tlon

Alberto Alemanno è un giurista, saggista, avvocato e attivista. Laureato alla Harvard Law School, è titolare della cattedra Jean Monnet all’École des hautes études commerciales di Parigi, e una delle voci più influenti sulla democratizzazione dell’Unione Europea. Collabora con «The Guardian», «Le Monde», «Politico», «Bloomberg», e i suoi studi e attivismo sono apparsi su «The Economist», «The New York Times» e «Financial Times». È il fondatore della civic start up The Good Lobby, che si impegna nella democratizzazione del lobbying quale forma legittima di partecipazione al processo democratico. Gli è stato conferito il titolo di Ashoka fellow e Young Global Leader dal World Economic Forum di Davos.

Un ringraziamento particolare a Edizioni Tlon, per averci dato la possibilità di leggere The Good Lobby.

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