A passo d'uomo
Photo Thomas Goisque ©2021 Radar Films La Production Dujardin

Sur le chemins noir è il titolo originale del film A passo d’uomo, distribuito in Italia da Wanted Cinema a partire dal 19 ottobre 2023. In Francia è già nelle sale da diverse settimane, distribuito da Apollo films.

Il film del regista Denis Imbert (al suo terzo lungometraggio) è co-sceneggiato da Diastème e si basa sul libro autobiografico best seller di Sylvain Tesson, scrittore amante dei viaggi solitari e delle esperienze estreme. Il libro di Tesson Sentieri neri è edito in Italia da Sellerio Editore, per chi volesse approfondire la sua storia.

La storia di Pierre: tra la morte e la vita

Il protagonista è Pierre, interpretato da un brillante Jean Dujardin. Pierre è uno scrittore amante delle avventure e delle lunghe camminate. A Parigi vive una vita sregolata che lo porta a un tragico incidente che lo riduce in fin di vita. Risvegliatosi dal coma, Pierre decide di attraversare la Francia a piedi, un percorso di ben 1300 km. 

“Se fossi un lupo penserei: il progresso? Che farsa!”

Come già in un suo film precedente (Vicky e il suo cucciolo), il regista Imbert affronta un tema fondante: ritornare alla natura per lenire le ferite, per ritrovare se stessi, per essere di nuovo liberi da un’eccessiva massificazione, dall’eccessivo progresso. E lo fa senza mirabolanti esperimenti, ma con semplicità e in modo molto diretto.

Nel film è rappresentata una Francia rurale fatta di sentieri rocciosi, boschi, ampie campagne e colline.
Pierre si concentra su di sé, scrive sul suo taccuino davanti al fuoco, mentre sul suo presente si alternano scene di vita precedenti all’incidente.

Si scopre che Pierre non era un uomo particolarmente gradevole. Una sensazione che si amplifica anche nella scelta di fotografia, cin scene più scure e fredde a Parigi.

Il protagonista era un uomo alcolizzato, uno scrittore di certo brillante, ma sempre alla ricerca di un tassello mancante, come se non fosse mai davvero se stesso.

“In soli otto metri sono invecchiato di cinquant’anni”

Dopo l’incidente causato da una caduta di ben otto metri, il suo volto rimane sfregiato da una vistosa cicatrice. Se prima era guardato con ammirazione, Pierre diventa così molto più umano, suscitando compassione.

Durante il film scopriamo di più non solo su chi fosse prima dell’incidente, ma anche sul rapporto con la madre deceduta e con la sorella (Izïa Higelin). Un momento particolarmente toccante sarà vedere Pierre mentre legge la lettera che sua madre gli scrisse il giorno del diploma.

L’individualismo ecologico e l’anti-progresso: ritornare alla natura

“Napoleone ha detto che ci sono due tipi di uomini, quelli che comandano e quelli che obbediscono. Aveva dimenticato gli uomini che fuggono. Fuggire è comandare! Comandare al destino di non avere più presa su di te”

La prosa di Tesson, così come anche le riflessioni e i messaggi del film, sono piuttosto chiari e diretti: l’importanza della libertà e della fuga dal “progresso” come metodo per guarire se stessi e per ritrovarsi. 

Il pensiero ecologico e anti-progressista è ben esposto anche negli incontri fugaci di Pierre nel suo viaggio, come l’invettiva contro il bisogno costante di internet e banda larga o delle amicizie digitali sul web.

“Una fidanzata che non delude mai: la libertà”

Pierre si rende presto conto che il suo destino è di stare all’aria aperta, nonostante i medici gli abbiano sconsigliato di fare un viaggio del genere a piedi. Percorrendo quei “sentieri oscuri” Pierre è se stesso, ritrova la sua forza.

Durante il viaggio viene utilizzata spesso la camera a mano che rende in modo molto vividi alcuni dei momenti più complicati del viaggio, soprattutto sulle salite rocciose, dove l’inquadratura si sposta spesso sui piedi di Pierre che scivolano o sul suo volto sofferente. 

A volte si ha la sensazione di essere davvero lì con Pierre, percependo la sua fatica e le sue difficoltà. Le riprese aeree e le inquadrature della Francia rurale e incontaminata lasciano a bocca aperta in diversi momenti. 

Tante emozioni si affollano dopo la visione, fra queste la nostalgia di qualcosa che forse ci manca. Difficile definire questa mancanza, forse non ci sentiamo davvero liberi? Forse c’è davvero bisogno di un ritorno alla natura? È qualcosa che sperimentiamo continuamente anche con lo spostamento di intere famiglie fuori dalle città. 

A passo d’uomo emoziona e fa riflettere, il film diventa quasi un documentario, affronta non solo l’importanza della natura, ma anche del lavoro contadino e della conservazione dei piccoli centri montani, oggi spesso spopolati. 

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Giulia Arcoraci
Nata a Milano il 05/05/1997, laureata in Scienze dei beni culturali e ora studentessa della magistrale in scienze storiche all’Università di Pavia. Il museo è la mia seconda casa, mastico cultura da quando sono bambina. In particolare sono appassionata di arte (principalmente arti extraeuropee), storia, videogiochi e anche un po’ di cinema. Cerco di vivere al meglio la vita culturale di Milano, senza perdermi mostre d’arte o altri eventi. Credo nell’importanza della storia come memoria, un continuo monito a non ripetere gli errori del passato, oggi spesso sottovalutata, mi occuperò di mantenerla viva attraverso la scrittura. Dai miei lavori potrete aspettarvi professionalità, qualche strambo aneddoto storico e, perché no, tante mostre d’arte!