Dante Ferretti e le scenografie di Hugo Cabret, proiettato al Pesaro Film Festival
Dante Ferretti e le scenografie di Hugo Cabret, proiettato al Pesaro Film Festival

In occasione della presentazione del libro Dante Ferretti – Immaginare prima. Le mie due nascite, il cinema, gli Oscar, edito da Jimenez Edizioni e firmato dallo stesso Ferretti e da David Miliozzi, lo scenografo vincitore di tre premi Oscar è ospite della 59ma Mostra Internazionale del Nuovo Cinema – Pesaro Film Festival, e si racconta prima della proiezione omaggio di Hugo Cabret.

Una vita da subito immersa nel cinema

Questa autobiografia (la prima per lui) è un traguardo importante per un artista che comincia prestissimo ad interessarsi al cinema: da quando di notte rubava i soldi ai genitori per andare a guardare i film in sala (tutti i giorni della settimana oltre alla domenica in cui ce lo portava il padre), a Macerata, sua città d’origine, fingendo di studiare ma essendo rimandato sempre in autunno. Una proiezione dietro l’altra, per tornare a casa tardissimo amando sempre di più il mondo sul grande schermo. Il primo film che vide fu I ragazzi della via Paal.

Fino alla realizzazione del suo sogno: lavorare nel cinema. Proprio uno scultore di Macerata, Umberto Peschi, gli consigliò di studiare per diventare scenografo dopo il diploma. Il giovanissimo Dante promise al padre che sarebbe stato promosso con voti alti alla maturità dell’Istituto d’Arte, in cambio però della possibilità di andare a Roma a studiare all’Accademia di Belle Arti. Andò proprio così, la promozione (con tutti voti alti tranne che in ginnastica), gli concesse di lasciare la terra marchigiana per la grande città.

Eppure dopo essersi allontanato da casa, dalle Marche, il destino lo riportò indietro: il primo film a cui partecipò è di Domenico Paolella e venne girato ad Ancona.Iin seguito fece esperienza sui set come assistente dello scenografo Luigi Scaccianoce. Con lui lavorò a La parmigiana (1963), diretto da Antonio Pietrangeli, e alla realizzazione de Il Vangelo secondo Matteo (1964), scritto e diretto da Pier Paolo Pasolini.

I grandi registi di Dante Ferretti

Dante Ferretti e i registi: lo scenografo ha collaborato con alcuni dei nomi più illustri del cinema italiano, tra questi Elio Petri, Luigi ComenciniLiliana Cavani, Pier Paolo Pasolini e molti altri.

Proprio per Pasolini, dopo Il Vangelo secondo Matteo, ha realizzato le scenografie anche di Medea. Lo racconta come una botta di fortuna o un segno del destino, mentre stava per partire e godersi una giornata al mare a Fregene si rese conto di aver dimenticato il costume, risalì a casa e ricevette una telefonata direttamente da Rossellini che, dalla Cappadocia, gli comunicava che Pasolini lo voleva per quel film. Con lui lavorò, tra gli altri, a Il Decameron e Salò o le 120 giornate di Sodoma.

Anche l’esperienza con Federico Fellini iniziò prestissimo, Ferretti lo incontra sul set di Satyricon (1969), quando era ancora aiutante di Scaccianoce, ma è solo dopo quasi dieci anni che inizia una vera a propria collaborazione con Prova d’orchestra (1978). Una distanza cronologica voluta dallo scenografo per maturare la giusta esperienza.

Non solo in Italia ma anche nel resto del mondo, Ferretti si occupa delle scenografie di film importantissimi per registi internazionali come Terry Gilliam, Brian De Palma, Tim BurtonKenneth Branagh e Martin Scorsese. Per Scorsese realizza scenari incredibili, attingendo spesso alla sua esperienza. Come per Hugo Cabret, la torre costruita nel film prende ispirazione dalla Torre Civica di Macerata. Anche con lui il primo incontro è tutt’altro che comune: si parlano per la prima volta sul set de La città delle donne di Federico Fellini (1980), a Cinecittà, mentre stanno girando la scena di un bordello e Scorsese è a Roma con Isabella Rossellini.

Da L’età dell’innocenza (The Age of Innocence, 1993), Dante Ferretti lavorerà a nove film con il regista, e Cinecittà, il luogo del loro primo incontro, diventerà il set di Gangs of New York (2002). Ed è come se in ogni storia su grande schermo Ferretti avesse portato una parte di sé, con uno sguardo che ha caratterizzato più di cinquanta film.

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Silvia Pezzopane
Ho una passione smodata per i film in grado di cambiare la mia prospettiva, oltre ad una laurea al DAMS e un’intermittente frequentazione dei set in veste di costumista. Mi piace stare nel mezzo perché la teoria non esclude la pratica, e il cinema nella sua interezza merita un’occasione per emozionarci. Per questo credo fermamente che non abbia senso dividersi tra Il Settimo Sigillo e Dirty Dancing: tutto è danza, tutto è movimento. Amo le commedie romantiche anni ’90, il filone Queer, la poetica della cinematografia tedesca negli anni del muro. Sono attratta dalle dinamiche di genere nella narrazione, dal conflitto interiore che diventa scontro per immagini, dalle nuove frontiere scientifiche applicate all'intrattenimento. È fondamentale mostrare, e scriverne, ogni giorno come fosse una battaglia.

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