Da oggi arriva finalmente in dvd Dogtooth/Kynodontas, del regista greco Yorgos Lanthimos, film del 2009 ma uscito nelle sale italiane lo scorso agosto. Dogtooth è indubbiamente un film disturbante, grazie a una regia e una sceneggiatura che rendono il tempo dilatato e sospeso. Ma il merito del forte impatto che ha avuto sul pubblico va anche a un lavoro mirato sulle scenografie e sui costumi.
PADRE
Al centro di Dogtooth c’è una famiglia medio borghese: Padre, Madre, tre figli grandi trattati come bambini. Ogni giorno il padre va al lavoro, la sera la madre cucina la cena e ci si siede al tavolo tutti insieme. Niente di più normale, ma è proprio questa normalità che inquieta.
Attorno al personaggio del genitore ruota ogni aspetto della vita famigliare: questi crea per i propri figli una sorta di paradiso terrestre, lontano dal mondo reale (che sembra non esistere) dove anche le parole hanno un altro significato, stabilito da lui stesso. In questo limbo ogni azione incitata dai genitori è nella norma, come pescare i pesci dalla piscina o raccogliere gli areoplani giocattolo caduti in giardino e ritenuti veri mezzi di trasporto.
Ma sotto questo velo di apparenza amena ribolle tutta la brutalità animale dell’uomo. I personaggi si picchiano, mordono, giocano con coltelli, e tutto, ancora una volta sembra assurdamente normale.
GLI AMBIENTI SPERSONALIZZATI di STAVROS HRYSOGIANNIS
Tale senso di normalità è reso evidente dalla scelta dello scenografo Stavros Hrysogiannis di riscostruire ambienti realistici e non semplicemente in stile. Infatti, nonostante il film sia ambientato negli anni ‘90, lo scenografo non arreda la casa solo con oggetti e mobili di quel periodo: ci sono elementi di arredo della decade precedente e altri più antichi. Ad una prima impressione sembra di guardare delle vecchie fotografie di famiglia. Qualcosa però (volutamente) stride: è assente qualsiasi elemento di personalizzazione, che ci parli di chi vi abita.
Questa idea è portata all’estremo nei set delle stanze da letto dei ragazzi. Se solitamente la camera di un adolescente rispecchia il suo mondo, le sue speranze e i sogni, qui sono totalmente asettiche, con anonime pareti bianche. Nulla ci dicono sui loro proprietari. In quel microcosmo che il capofamiglia ha creato, non è lasciato spazio alla maturazione di un’indole propria- questo perlomeno nei progetti del padre, che vorrebbe avere il controllo totale sulle vite dei figli. Emblematico a tal proposito che il padre predisponga la vita sessuale del figlio, portandogli egli stesso una donna scelta in precedenza.
I COSTUMI DI ELLI PAPAGEORGAKOPOULOU
Il lavoro fatto dalla costumista sui personaggi contribuisce a rimarcare il senso di straniamento che il regista vuole suscitare nello spettatore. La difficoltà di chi si occupa dei costumi in questo film è duplice: se da un lato è necessario mostrare la contraddizione interna voluta dal regista, dall’altro (per quanto riguarda i costumi dei fratelli) è chiamata a vestire i personaggi come il padre vorrebbe vestirli.
Il genitore infatti non solo è architetto di questo paradossale limbo, ma sembra voglia plasmare il carattere dei figli anche tramite la scelta dell’abbigliamento. La stretta disciplina che impone loro la si ritrova in costumi che ricordano le uniformi di collegio. I tagli sobri, senza eccessi nelle forme né nei materiali (per certi versi quasi più adatti a dei bambini che a degli adolescenti) non riescono tuttavia nell’intento di inquadrare il carattere dei figli.
L’EFFETTO STRANIANTE DEL BIANCO IN DOGTOOTH
Nemmeno le tinte sbiadite, i grigi, che caratterizzano l’abbigliamento dei figli riescono a mitigare la ferocia animale insita in questi personaggi: il contrasto si fa più evidente quando ai costumi (già chiari) si somma il bianco dei set.
Le azioni che compiono fanno venire meno la pretesa del candore come simbolo di purezza e integrità morale. Nei costumi (così come per la scenografia) il bianco diventa dissonante, amplificando l’effetto straniante. Un esempio lo si trova in una delle scene cardine del film, quando la figlia maggiore si spacca il canino destro con un’arma improvvisata: gli schizzi di sangue sullo specchio e sul vestito dai toni pastello macchiano “la pulizia” della scena. L’immagine è iconica e ha tantissimi rimandi con i riti di passaggio e la transizione all’età adulta.
Il lavoro di Stavros Hrysogiannis e Elli Papageorgakopoulou su Dogtooth è un esempio di una modalità professionale, e non scontata, di approcciarsi ai costumi e alle scene: modalità che non mira all’esaltazione unica del proprio operato, ma che concorre a veicolare quanto il film vuole comunicare.